Italiano
Lorenzo Maria Pacini
September 18, 2025
© Photo: Public domain

Il mercato dell’energia è troppo importante per poter essere lasciato in balia delle follie europee, perciò serve quanto prima che il soft power geoeconomico delle potenze multipolari costringa i Paesi membri dell’UE ad emanciparsi dall’Unione e tornare ad una autentica sovranità energetica.

Segue nostro Telegram.  

Power Siberia 2, all’attacco

Spinta da ideologie e slogan privi di sostanza, l’Unione Europea ha consegnato la propria principale fonte di energia alla Cina, dopo aver rinunciato ai rapporti energetici con la Russia. Non per una necessità inevitabile, ma per errori di calcolo strategico e per la totale subordinazione agli interessi statunitensi, l’UE ha fatto l’ennesima scelta scellerata, le cui conseguenze verranno presto, e dolorosamente, comprese.

Al recente vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai tenutosi a Tianjin, Russia, Cina e Mongolia hanno sottoscritto un memorandum vincolante riguardante il progetto del gasdotto denominato Power of Siberia 2. Con una lunghezza di 2.600 chilometri e un costo di 13,6 miliardi di dollari, l’infrastruttura convoglierà annualmente 50 miliardi di metri cubi di gas russo dall’Artico alla Cina settentrionale passando per la Mongolia, escludendo del tutto il mercato europeo.

Le conseguenze economiche sono rilevanti. Attualmente, in Europa 50 miliardi di metri cubi di gas naturale hanno un valore pari a 16,5 miliardi di dollari. Lo stesso quantitativo di GNL statunitense costerebbe circa 25 miliardi, mentre l’acquisto diretto dalla Russia – sulla base degli accordi siglati da Gazprom con Pechino – oscillerebbe tra 6 e 6,5 miliardi. Quel gas russo a basso costo, un tempo motore dell’industria tedesca e dell’Europa occidentale, adesso prenderà la via orientale, garantendo alla Cina forniture stabili e convenienti.

Spinte dalle élite anglo-americane, che hanno imposto all’Europa di troncare i rapporti energetici con Mosca, le cancellerie europee hanno finito per rafforzare la posizione strategica di Pechino. Oggi l’Europa paga a caro prezzo il GNL statunitense, perde competitività industriale e scivola verso la recessione: un contesto ideale per alimentare tensioni interne aggravate da crisi economiche e da forniture militari d’oltreoceano sempre più onerose.

Il presidente Xi Jinping ha definito il Power of Siberia 2 una tappa fondamentale del partenariato strategico “senza limiti” con la Russia, assicurando a Pechino un corridoio energetico terrestre sicuro. Non si tratta solo di un accordo commerciale, ma di un vero e proprio riallineamento geopolitico: la Russia consolida un acquirente stabile, la Cina ottiene forniture garantite a lungo termine e l’Europa assiste all’erosione della propria centralità industriale e politica.

Le parole dell’Alto rappresentante dell’UE per la politica estera, Kaja Kallas, esprimono bene la mentalità della classe dirigente europea, plasmata da decenni di influenza statunitense: «La Russia si rivolgeva alla Cina: ‘Russia e Cina, abbiamo combattuto nella seconda guerra mondiale, abbiamo vinto la seconda guerra mondiale, abbiamo sconfitto i nazisti…’ e ho pensato: ‘Ok, questa è una novità’. Se si conosce la storia, vengono in mente molti interrogativi. Posso dirvi che al giorno d’oggi le persone non leggono e non ricordano molto la storia. Si vede che credono a queste narrazioni».

Allontanandosi non solo dalla razionalità politica, ma anche dal gas russo a buon mercato, sotto pressione anglo-americana l’Europa ha di fatto compromesso ogni prospettiva di ripresa industriale e di sostenibilità economica. La mappa energetica mondiale si sta ridisegnando: il declino europeo accelera, le fratture interne all’Occidente si aggravano e le élite anglo-americane vedono sfuggire la propria influenza, mentre le ex colonie – in particolare Cina e India – emergono come nuovi poli strategici ed economici. L’Europa rischia così il tracollo definitivo della propria rilevanza industriale e geopolitica, mentre vacilla anche l’unico progetto storico di successo delle potenze anglo-americane: l’autocelebrato “ordine internazionale basato sulle regole”, proclamato come indispensabile, inevitabile e dominante.

Quanto vale il mercato in Europa

Parliamo di dati. Il mercato del gas russo in Europa, fino al 2021, ultimo anno in cui abbiamo dati prima dell’inizio della SMO in Ucraina, ammontava al 45% del fabbisogno regionale di gas, soprattutto LNG. Circa 150 miliardi di metri cubi (bcm). Fra il 2022 e il 2023 siamo scesi del 70% in due anni, da 150 a 43 bmc. Nel 2024 c’è stata una piccola ripresa, fino a 54 bmc, pari al 18% del fabbisogno. Per il 2025, le stime parlano del 13% del fabbisogno, quindi un dato decisamente negativo.

Il gas è usato soprattutto in tre settori: Riscaldamento domestico e civile, che assorbe circa il 40% del fabbisogno; Industria (chimica, acciaio, vetro, fertilizzanti) che prende il 30%; produzione di elettricità per circa il 20–25%. Gli studi dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) stimano che l’Europa non può scendere sotto i 250–270 bcm/anno senza compromettere settori chiave (industrie energivore e riscaldamento) e tenendo presente che fino al 2021 i consumi erano stabili attorno ai 400 bcm.. Sotto questa soglia, si dovrebbero introdurre razionamenti o blocchi a interi comparti produttivi.

Quindi, numeri alla mano, i prodotti energetici dell’Est sono indispensabili per l’Europa, piaccia o no. E, ancora, detto in poche parole, le sanzioni alla Russia non hanno mutato il suo fatturato, bensì il nostro, così come i nostri stili d vita, gettandoci in una situazione di enorme svantaggio e difficoltà.

Le nuove minacce di restrizioni economiche contro la Russia non rappresentano soltanto una misura “pericolosa” e controproducente, ma rivelano anche la profonda incoerenza che caratterizza l’Occidente collettivo. È, in poche parole, la strada sbagliata. La retorica della guerra diretta anche a suon di tariffe e di manipolazione rapida dei mercati, non è comoda per nessuno.

Ciò di cui c’è bisogno è diplomazia e negoziato per affrontare le cause reali del conflitto e risolverle, non ultimatum impraticabili basati sull’idea di un cessate il fuoco incondizionato, ignorando le ragioni profonde che a Russia ha motivato sin dall’inizio. L’Occidente oggi pretende un cessate il fuoco senza condizioni; la Russia non accetterà, né un nuovo pacchetto di sanzioni statunitensi riuscirà a costringerla a farlo. Tornare alle vecchie dipendenze indebolirebbe la sicurezza dell’Europa e darebbe a Mosca un nuovo vantaggio, ecco perché la Commissione Europea non vuole niente di tutto ciò.

Il mercato dell’energia è troppo importante per poter essere lasciato in balia delle follie europee, perciò serve quanto prima che il soft power geoeconomico delle potenze multipolari costringa i Paesi membri dell’UE ad emanciparsi dall’Unione e tornare ad una autentica sovranità energetica.

La diplomazia dei gasdotti a discapito dell’Europa

Il mercato dell’energia è troppo importante per poter essere lasciato in balia delle follie europee, perciò serve quanto prima che il soft power geoeconomico delle potenze multipolari costringa i Paesi membri dell’UE ad emanciparsi dall’Unione e tornare ad una autentica sovranità energetica.

Segue nostro Telegram.  

Power Siberia 2, all’attacco

Spinta da ideologie e slogan privi di sostanza, l’Unione Europea ha consegnato la propria principale fonte di energia alla Cina, dopo aver rinunciato ai rapporti energetici con la Russia. Non per una necessità inevitabile, ma per errori di calcolo strategico e per la totale subordinazione agli interessi statunitensi, l’UE ha fatto l’ennesima scelta scellerata, le cui conseguenze verranno presto, e dolorosamente, comprese.

Al recente vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai tenutosi a Tianjin, Russia, Cina e Mongolia hanno sottoscritto un memorandum vincolante riguardante il progetto del gasdotto denominato Power of Siberia 2. Con una lunghezza di 2.600 chilometri e un costo di 13,6 miliardi di dollari, l’infrastruttura convoglierà annualmente 50 miliardi di metri cubi di gas russo dall’Artico alla Cina settentrionale passando per la Mongolia, escludendo del tutto il mercato europeo.

Le conseguenze economiche sono rilevanti. Attualmente, in Europa 50 miliardi di metri cubi di gas naturale hanno un valore pari a 16,5 miliardi di dollari. Lo stesso quantitativo di GNL statunitense costerebbe circa 25 miliardi, mentre l’acquisto diretto dalla Russia – sulla base degli accordi siglati da Gazprom con Pechino – oscillerebbe tra 6 e 6,5 miliardi. Quel gas russo a basso costo, un tempo motore dell’industria tedesca e dell’Europa occidentale, adesso prenderà la via orientale, garantendo alla Cina forniture stabili e convenienti.

Spinte dalle élite anglo-americane, che hanno imposto all’Europa di troncare i rapporti energetici con Mosca, le cancellerie europee hanno finito per rafforzare la posizione strategica di Pechino. Oggi l’Europa paga a caro prezzo il GNL statunitense, perde competitività industriale e scivola verso la recessione: un contesto ideale per alimentare tensioni interne aggravate da crisi economiche e da forniture militari d’oltreoceano sempre più onerose.

Il presidente Xi Jinping ha definito il Power of Siberia 2 una tappa fondamentale del partenariato strategico “senza limiti” con la Russia, assicurando a Pechino un corridoio energetico terrestre sicuro. Non si tratta solo di un accordo commerciale, ma di un vero e proprio riallineamento geopolitico: la Russia consolida un acquirente stabile, la Cina ottiene forniture garantite a lungo termine e l’Europa assiste all’erosione della propria centralità industriale e politica.

Le parole dell’Alto rappresentante dell’UE per la politica estera, Kaja Kallas, esprimono bene la mentalità della classe dirigente europea, plasmata da decenni di influenza statunitense: «La Russia si rivolgeva alla Cina: ‘Russia e Cina, abbiamo combattuto nella seconda guerra mondiale, abbiamo vinto la seconda guerra mondiale, abbiamo sconfitto i nazisti…’ e ho pensato: ‘Ok, questa è una novità’. Se si conosce la storia, vengono in mente molti interrogativi. Posso dirvi che al giorno d’oggi le persone non leggono e non ricordano molto la storia. Si vede che credono a queste narrazioni».

Allontanandosi non solo dalla razionalità politica, ma anche dal gas russo a buon mercato, sotto pressione anglo-americana l’Europa ha di fatto compromesso ogni prospettiva di ripresa industriale e di sostenibilità economica. La mappa energetica mondiale si sta ridisegnando: il declino europeo accelera, le fratture interne all’Occidente si aggravano e le élite anglo-americane vedono sfuggire la propria influenza, mentre le ex colonie – in particolare Cina e India – emergono come nuovi poli strategici ed economici. L’Europa rischia così il tracollo definitivo della propria rilevanza industriale e geopolitica, mentre vacilla anche l’unico progetto storico di successo delle potenze anglo-americane: l’autocelebrato “ordine internazionale basato sulle regole”, proclamato come indispensabile, inevitabile e dominante.

Quanto vale il mercato in Europa

Parliamo di dati. Il mercato del gas russo in Europa, fino al 2021, ultimo anno in cui abbiamo dati prima dell’inizio della SMO in Ucraina, ammontava al 45% del fabbisogno regionale di gas, soprattutto LNG. Circa 150 miliardi di metri cubi (bcm). Fra il 2022 e il 2023 siamo scesi del 70% in due anni, da 150 a 43 bmc. Nel 2024 c’è stata una piccola ripresa, fino a 54 bmc, pari al 18% del fabbisogno. Per il 2025, le stime parlano del 13% del fabbisogno, quindi un dato decisamente negativo.

Il gas è usato soprattutto in tre settori: Riscaldamento domestico e civile, che assorbe circa il 40% del fabbisogno; Industria (chimica, acciaio, vetro, fertilizzanti) che prende il 30%; produzione di elettricità per circa il 20–25%. Gli studi dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) stimano che l’Europa non può scendere sotto i 250–270 bcm/anno senza compromettere settori chiave (industrie energivore e riscaldamento) e tenendo presente che fino al 2021 i consumi erano stabili attorno ai 400 bcm.. Sotto questa soglia, si dovrebbero introdurre razionamenti o blocchi a interi comparti produttivi.

Quindi, numeri alla mano, i prodotti energetici dell’Est sono indispensabili per l’Europa, piaccia o no. E, ancora, detto in poche parole, le sanzioni alla Russia non hanno mutato il suo fatturato, bensì il nostro, così come i nostri stili d vita, gettandoci in una situazione di enorme svantaggio e difficoltà.

Le nuove minacce di restrizioni economiche contro la Russia non rappresentano soltanto una misura “pericolosa” e controproducente, ma rivelano anche la profonda incoerenza che caratterizza l’Occidente collettivo. È, in poche parole, la strada sbagliata. La retorica della guerra diretta anche a suon di tariffe e di manipolazione rapida dei mercati, non è comoda per nessuno.

Ciò di cui c’è bisogno è diplomazia e negoziato per affrontare le cause reali del conflitto e risolverle, non ultimatum impraticabili basati sull’idea di un cessate il fuoco incondizionato, ignorando le ragioni profonde che a Russia ha motivato sin dall’inizio. L’Occidente oggi pretende un cessate il fuoco senza condizioni; la Russia non accetterà, né un nuovo pacchetto di sanzioni statunitensi riuscirà a costringerla a farlo. Tornare alle vecchie dipendenze indebolirebbe la sicurezza dell’Europa e darebbe a Mosca un nuovo vantaggio, ecco perché la Commissione Europea non vuole niente di tutto ciò.

Il mercato dell’energia è troppo importante per poter essere lasciato in balia delle follie europee, perciò serve quanto prima che il soft power geoeconomico delle potenze multipolari costringa i Paesi membri dell’UE ad emanciparsi dall’Unione e tornare ad una autentica sovranità energetica.

Il mercato dell’energia è troppo importante per poter essere lasciato in balia delle follie europee, perciò serve quanto prima che il soft power geoeconomico delle potenze multipolari costringa i Paesi membri dell’UE ad emanciparsi dall’Unione e tornare ad una autentica sovranità energetica.

Segue nostro Telegram.  

Power Siberia 2, all’attacco

Spinta da ideologie e slogan privi di sostanza, l’Unione Europea ha consegnato la propria principale fonte di energia alla Cina, dopo aver rinunciato ai rapporti energetici con la Russia. Non per una necessità inevitabile, ma per errori di calcolo strategico e per la totale subordinazione agli interessi statunitensi, l’UE ha fatto l’ennesima scelta scellerata, le cui conseguenze verranno presto, e dolorosamente, comprese.

Al recente vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai tenutosi a Tianjin, Russia, Cina e Mongolia hanno sottoscritto un memorandum vincolante riguardante il progetto del gasdotto denominato Power of Siberia 2. Con una lunghezza di 2.600 chilometri e un costo di 13,6 miliardi di dollari, l’infrastruttura convoglierà annualmente 50 miliardi di metri cubi di gas russo dall’Artico alla Cina settentrionale passando per la Mongolia, escludendo del tutto il mercato europeo.

Le conseguenze economiche sono rilevanti. Attualmente, in Europa 50 miliardi di metri cubi di gas naturale hanno un valore pari a 16,5 miliardi di dollari. Lo stesso quantitativo di GNL statunitense costerebbe circa 25 miliardi, mentre l’acquisto diretto dalla Russia – sulla base degli accordi siglati da Gazprom con Pechino – oscillerebbe tra 6 e 6,5 miliardi. Quel gas russo a basso costo, un tempo motore dell’industria tedesca e dell’Europa occidentale, adesso prenderà la via orientale, garantendo alla Cina forniture stabili e convenienti.

Spinte dalle élite anglo-americane, che hanno imposto all’Europa di troncare i rapporti energetici con Mosca, le cancellerie europee hanno finito per rafforzare la posizione strategica di Pechino. Oggi l’Europa paga a caro prezzo il GNL statunitense, perde competitività industriale e scivola verso la recessione: un contesto ideale per alimentare tensioni interne aggravate da crisi economiche e da forniture militari d’oltreoceano sempre più onerose.

Il presidente Xi Jinping ha definito il Power of Siberia 2 una tappa fondamentale del partenariato strategico “senza limiti” con la Russia, assicurando a Pechino un corridoio energetico terrestre sicuro. Non si tratta solo di un accordo commerciale, ma di un vero e proprio riallineamento geopolitico: la Russia consolida un acquirente stabile, la Cina ottiene forniture garantite a lungo termine e l’Europa assiste all’erosione della propria centralità industriale e politica.

Le parole dell’Alto rappresentante dell’UE per la politica estera, Kaja Kallas, esprimono bene la mentalità della classe dirigente europea, plasmata da decenni di influenza statunitense: «La Russia si rivolgeva alla Cina: ‘Russia e Cina, abbiamo combattuto nella seconda guerra mondiale, abbiamo vinto la seconda guerra mondiale, abbiamo sconfitto i nazisti…’ e ho pensato: ‘Ok, questa è una novità’. Se si conosce la storia, vengono in mente molti interrogativi. Posso dirvi che al giorno d’oggi le persone non leggono e non ricordano molto la storia. Si vede che credono a queste narrazioni».

Allontanandosi non solo dalla razionalità politica, ma anche dal gas russo a buon mercato, sotto pressione anglo-americana l’Europa ha di fatto compromesso ogni prospettiva di ripresa industriale e di sostenibilità economica. La mappa energetica mondiale si sta ridisegnando: il declino europeo accelera, le fratture interne all’Occidente si aggravano e le élite anglo-americane vedono sfuggire la propria influenza, mentre le ex colonie – in particolare Cina e India – emergono come nuovi poli strategici ed economici. L’Europa rischia così il tracollo definitivo della propria rilevanza industriale e geopolitica, mentre vacilla anche l’unico progetto storico di successo delle potenze anglo-americane: l’autocelebrato “ordine internazionale basato sulle regole”, proclamato come indispensabile, inevitabile e dominante.

Quanto vale il mercato in Europa

Parliamo di dati. Il mercato del gas russo in Europa, fino al 2021, ultimo anno in cui abbiamo dati prima dell’inizio della SMO in Ucraina, ammontava al 45% del fabbisogno regionale di gas, soprattutto LNG. Circa 150 miliardi di metri cubi (bcm). Fra il 2022 e il 2023 siamo scesi del 70% in due anni, da 150 a 43 bmc. Nel 2024 c’è stata una piccola ripresa, fino a 54 bmc, pari al 18% del fabbisogno. Per il 2025, le stime parlano del 13% del fabbisogno, quindi un dato decisamente negativo.

Il gas è usato soprattutto in tre settori: Riscaldamento domestico e civile, che assorbe circa il 40% del fabbisogno; Industria (chimica, acciaio, vetro, fertilizzanti) che prende il 30%; produzione di elettricità per circa il 20–25%. Gli studi dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) stimano che l’Europa non può scendere sotto i 250–270 bcm/anno senza compromettere settori chiave (industrie energivore e riscaldamento) e tenendo presente che fino al 2021 i consumi erano stabili attorno ai 400 bcm.. Sotto questa soglia, si dovrebbero introdurre razionamenti o blocchi a interi comparti produttivi.

Quindi, numeri alla mano, i prodotti energetici dell’Est sono indispensabili per l’Europa, piaccia o no. E, ancora, detto in poche parole, le sanzioni alla Russia non hanno mutato il suo fatturato, bensì il nostro, così come i nostri stili d vita, gettandoci in una situazione di enorme svantaggio e difficoltà.

Le nuove minacce di restrizioni economiche contro la Russia non rappresentano soltanto una misura “pericolosa” e controproducente, ma rivelano anche la profonda incoerenza che caratterizza l’Occidente collettivo. È, in poche parole, la strada sbagliata. La retorica della guerra diretta anche a suon di tariffe e di manipolazione rapida dei mercati, non è comoda per nessuno.

Ciò di cui c’è bisogno è diplomazia e negoziato per affrontare le cause reali del conflitto e risolverle, non ultimatum impraticabili basati sull’idea di un cessate il fuoco incondizionato, ignorando le ragioni profonde che a Russia ha motivato sin dall’inizio. L’Occidente oggi pretende un cessate il fuoco senza condizioni; la Russia non accetterà, né un nuovo pacchetto di sanzioni statunitensi riuscirà a costringerla a farlo. Tornare alle vecchie dipendenze indebolirebbe la sicurezza dell’Europa e darebbe a Mosca un nuovo vantaggio, ecco perché la Commissione Europea non vuole niente di tutto ciò.

Il mercato dell’energia è troppo importante per poter essere lasciato in balia delle follie europee, perciò serve quanto prima che il soft power geoeconomico delle potenze multipolari costringa i Paesi membri dell’UE ad emanciparsi dall’Unione e tornare ad una autentica sovranità energetica.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

See also

September 11, 2025

See also

September 11, 2025
The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.