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Giulio Chinappi
August 26, 2025
© Photo: Public domain

La spinta all’ammodernamento delle forze armate indonesiane ha luogo in un quadro di diversificazione dei partner che riflette la storica politica di non allineamento di Giacarta. Tuttavia, l’acquisizione frammentata di piattaforme complesse pone rischi operativi, logistici e di credibilità strategica.

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Nell’attuale contesto internazionale di grandi tensioni tra potenze, l’Indonesia si trova al centro di un crocevia strategico: da un lato la necessità di sostituire piattaforme invecchiate e di rafforzare capacità militari fondamentali per la difesa di un arcipelago vasto e geograficamente complesso; dall’altro la decisione politica di perseguire una politica estera non allineata e di diversificare i partner tecnologici e industriali. Questa doppia dinamica ha generato una campagna di acquisti che, se da un lato incrementa rapidamente la dotazione materiale delle forze armate, dall’altro amplifica i costi di interoperabilità e manutenzione, mette sotto pressione la capacità di gestire catene logistiche eterogenee e solleva interrogativi sulla coerenza strategica delle scelte del governo guidato da Presidente Prabowo Subianto.

Negli ultimi anni, Giacarta ha negoziato accordi rilevanti con diversi fornitori globali, manifestando la volontà di non dipendere da un singolo Paese. Tra gli esempi più noti vi sono l’ordine per 42 caccia Dassault Rafale, un contratto da diversi miliardi di dollari che ha rapidamente posto l’Indonesia tra i maggiori acquirenti regionali di sistemi d’arma francesi, e la partecipazione con la Corea del Sud al programma KF-21 Boramae, progetto che doveva includere significativi trasferimenti tecnologici e una quota indonesiana degli oneri di sviluppo. Più recentemente, l’accordo per l’acquisto di caccia KAAN dalla Turchia ha aggiunto un ulteriore attore e una nuova tecnologia allo spettro di piattaforme su cui si fonda la modernizzazione indonesiana. Questi impegni internazionali esprimono chiaramente la strategia della diversificazione, ma anche il prezzo pratico di una scelta che moltiplica le varianti tecniche da gestire in servizio.

La logica che sottende questa politica va analizzata sotto diversi aspetti. Da un punto di vista politico, evitare una dipendenza monolitica da un singolo fornitore consente a Giacarta di conservare margini di autonomia, evitando vulnerabilità in caso di pressioni geopolitiche da parte delle principali potenze globali. Da un punto di vista industriale, la cooperazione con diversi partner è pensata per catalizzare know-how, promuovere trasferimenti tecnologici e stimolare la crescita di un settore della difesa domestico che l’esecutivo vuole rendere sempre più competitivo. Infine, esistono considerazioni pratiche e temporali: i ritmi di produzione, le finestre di consegna e le condizioni finanziarie imposte dai fornitori spingono spesso il governo a siglare più contratti quasi in parallelo per accelerare la sostituzione di asset oramai vetusti.

Tuttavia, alcuni analisti hanno fatto notare come la moltiplicazione di piattaforme eterogenee comporti costi non banali. Le differenze nei codici di manutenzione, nei requisiti logistici, nelle procedure di addestramento e nei sistemi avionici complicano la vita dei reparti tecnici e logistici. Questo si traduce in scorte di pezzi di ricambio diversificate, in una molteplicità di linee di supporto che possono non essere interoperabili e in programmi di formazione distinti per ciascun tipo di velivolo. Il risultato materiale è una maggiore spesa corrente per mantenere in efficienza una flotta composita e una ridotta efficienza operativa complessiva, proprio mentre si cerca di ridurre il gap con i vicini regionali.

Il problema non è nuovo e viene spesso ricondotto all’assenza di un quadro strategico aggiornato che fissi priorità, capacità obiettivo e meccanismi di controllo degli acquisti. L’ultimo white paper sulla difesa indonesiano risale al 2015 e il programma di modernizzazione denominato Minimum Essential Force (MEF), declinato in fasi fino al 2024, non ha centrato tutti i suoi obiettivi nei tempi previsti. L’assenza di un documento strategico aggiornato e la scadenza del MEF hanno prodotto un vuoto che tende a essere colmato da iniziative occasionali e da negoziati bilaterali piuttosto che da una roadmap nazionale coerente. In questo contesto, le autorità stanno discutendo un nuovo piano, l’Optimum Essential Force (OEF), che dovrebbe ridefinire ambiti, priorità e tempistiche per il periodo successivo, ma fino ad oggi i dettagli rimangono ancora parziali e non del tutto pubblici. Al momento, dunque, la carenza di elementi concreti circa l’OEF rende pericolosamente aleatoria la valutazione del reale impatto strategico di ogni singolo acquisto.

Anche dal punto di vista geopolitico, come precedentemente affermato, la politica di diversificazione assume una molteplice valenza simbolica. Firmare contratti con partner diversi come Francia, Corea del Sud, Turchia, Stati Uniti, Russia e Cina invia segnali diversi e talvolta contraddittori agli osservatori internazionali: da un lato Giacarta rivendica la capacità di dialogare con tutti; dall’altro, la proliferazione di rapporti di difesa con Paesi in competizione reciproca rischia di essere interpretata come oscillazione o indecisione strategica. In una fase di accesa rivalità interstatale, la credibilità di un partner militare passa anche per la prevedibilità e la stabilità degli impegni: in tale contesto, infatti, ritardi nei contributi a programmi congiunti o la rinegoziazione di piani di cooperazione possono intaccare fiducia e relazioni a lungo termine.

Non meno cruciali sono gli aspetti finanziari. Modernizzare le forze armate è dispendioso e richiede una programmazione pluriennale dei finanziamenti. L’Indonesia ha annunciato proposte di bilancio difesa più ambiziose, ma la sostenibilità di nuovi contratti di grande portata — considerato l’insieme di impegni già presi — impone una disciplina di spesa che concili esigenze politiche, industriali e di controllo parlamentare. Senza una trasparente articolazione tra capacità, obiettivi e vincoli di bilancio, il rischio è che la spesa diventi episodica, meno efficiente e più suscettibile a pressioni di natura politica.

Per rispondere a queste criticità, la necessità di un salto di qualità è chiara: aggiornare la strategia nazionale di difesa, ristabilire una road-map credibile di modernizzazione che specifichi le capacità prioritarie, integrare criteri di interoperabilità e compatibilità e richiedere trasparenza nelle negoziazioni. Un nuovo white paper che definisca non solo il “cosa” ma il “perché” degli acquisti — articolando scenari di minaccia, linee temporali e indicatori di performance — sarebbe uno strumento essenziale per garanzie politiche e militari condivise. Analogamente, un rafforzamento delle capacità di governo dell’acquisto, con procedure chiare per la valutazione comparativa delle offerte e per la gestione dei rischi tecnologici, ridurrebbe la probabilità che scelte tattiche compromettano obiettivi strategici a lungo termine.

Infine, la componente industriale nazionale resta una leva fondamentale. Investire con decisione nella capacità produttiva e nel trasferimento tecnologico permette di mitigare parte delle criticità logistiche e di creare un circolo virtuoso tra domanda pubblica e sviluppo industriale. Sinergie con partner esteri che prevedano effettivi piani di localizzazione, formazione e co-produzione possono trasformare le spese in catalizzatori di sviluppo tecnologico e occupazionale, riducendo la dipendenza esterna nel medio termine.

Traendo le conclusioni da questa nostra analisi, la modernizzazione delle forze armate indonesiane rappresenta una questione di governance strategica che richiede coerenza normativa, chiarezza di priorità e capacità di tradurre ambizioni politiche in piani realistici e finanziariamente sostenibili. La scelta di diversificare i partner riflette con coerenza la tradizione non allineata di Giacarta e offre opportunità importanti, ma solo una strategia nazionale aggiornata e credibile potrà trasformare dispersione in capacità e garantire che l’Indonesia progredisca come attore regionale responsabile e affidabile.

Difesa e modernizzazione in Indonesia: tra diversificazione dei fornitori e necessità di una strategia coerente

La spinta all’ammodernamento delle forze armate indonesiane ha luogo in un quadro di diversificazione dei partner che riflette la storica politica di non allineamento di Giacarta. Tuttavia, l’acquisizione frammentata di piattaforme complesse pone rischi operativi, logistici e di credibilità strategica.

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Nell’attuale contesto internazionale di grandi tensioni tra potenze, l’Indonesia si trova al centro di un crocevia strategico: da un lato la necessità di sostituire piattaforme invecchiate e di rafforzare capacità militari fondamentali per la difesa di un arcipelago vasto e geograficamente complesso; dall’altro la decisione politica di perseguire una politica estera non allineata e di diversificare i partner tecnologici e industriali. Questa doppia dinamica ha generato una campagna di acquisti che, se da un lato incrementa rapidamente la dotazione materiale delle forze armate, dall’altro amplifica i costi di interoperabilità e manutenzione, mette sotto pressione la capacità di gestire catene logistiche eterogenee e solleva interrogativi sulla coerenza strategica delle scelte del governo guidato da Presidente Prabowo Subianto.

Negli ultimi anni, Giacarta ha negoziato accordi rilevanti con diversi fornitori globali, manifestando la volontà di non dipendere da un singolo Paese. Tra gli esempi più noti vi sono l’ordine per 42 caccia Dassault Rafale, un contratto da diversi miliardi di dollari che ha rapidamente posto l’Indonesia tra i maggiori acquirenti regionali di sistemi d’arma francesi, e la partecipazione con la Corea del Sud al programma KF-21 Boramae, progetto che doveva includere significativi trasferimenti tecnologici e una quota indonesiana degli oneri di sviluppo. Più recentemente, l’accordo per l’acquisto di caccia KAAN dalla Turchia ha aggiunto un ulteriore attore e una nuova tecnologia allo spettro di piattaforme su cui si fonda la modernizzazione indonesiana. Questi impegni internazionali esprimono chiaramente la strategia della diversificazione, ma anche il prezzo pratico di una scelta che moltiplica le varianti tecniche da gestire in servizio.

La logica che sottende questa politica va analizzata sotto diversi aspetti. Da un punto di vista politico, evitare una dipendenza monolitica da un singolo fornitore consente a Giacarta di conservare margini di autonomia, evitando vulnerabilità in caso di pressioni geopolitiche da parte delle principali potenze globali. Da un punto di vista industriale, la cooperazione con diversi partner è pensata per catalizzare know-how, promuovere trasferimenti tecnologici e stimolare la crescita di un settore della difesa domestico che l’esecutivo vuole rendere sempre più competitivo. Infine, esistono considerazioni pratiche e temporali: i ritmi di produzione, le finestre di consegna e le condizioni finanziarie imposte dai fornitori spingono spesso il governo a siglare più contratti quasi in parallelo per accelerare la sostituzione di asset oramai vetusti.

Tuttavia, alcuni analisti hanno fatto notare come la moltiplicazione di piattaforme eterogenee comporti costi non banali. Le differenze nei codici di manutenzione, nei requisiti logistici, nelle procedure di addestramento e nei sistemi avionici complicano la vita dei reparti tecnici e logistici. Questo si traduce in scorte di pezzi di ricambio diversificate, in una molteplicità di linee di supporto che possono non essere interoperabili e in programmi di formazione distinti per ciascun tipo di velivolo. Il risultato materiale è una maggiore spesa corrente per mantenere in efficienza una flotta composita e una ridotta efficienza operativa complessiva, proprio mentre si cerca di ridurre il gap con i vicini regionali.

Il problema non è nuovo e viene spesso ricondotto all’assenza di un quadro strategico aggiornato che fissi priorità, capacità obiettivo e meccanismi di controllo degli acquisti. L’ultimo white paper sulla difesa indonesiano risale al 2015 e il programma di modernizzazione denominato Minimum Essential Force (MEF), declinato in fasi fino al 2024, non ha centrato tutti i suoi obiettivi nei tempi previsti. L’assenza di un documento strategico aggiornato e la scadenza del MEF hanno prodotto un vuoto che tende a essere colmato da iniziative occasionali e da negoziati bilaterali piuttosto che da una roadmap nazionale coerente. In questo contesto, le autorità stanno discutendo un nuovo piano, l’Optimum Essential Force (OEF), che dovrebbe ridefinire ambiti, priorità e tempistiche per il periodo successivo, ma fino ad oggi i dettagli rimangono ancora parziali e non del tutto pubblici. Al momento, dunque, la carenza di elementi concreti circa l’OEF rende pericolosamente aleatoria la valutazione del reale impatto strategico di ogni singolo acquisto.

Anche dal punto di vista geopolitico, come precedentemente affermato, la politica di diversificazione assume una molteplice valenza simbolica. Firmare contratti con partner diversi come Francia, Corea del Sud, Turchia, Stati Uniti, Russia e Cina invia segnali diversi e talvolta contraddittori agli osservatori internazionali: da un lato Giacarta rivendica la capacità di dialogare con tutti; dall’altro, la proliferazione di rapporti di difesa con Paesi in competizione reciproca rischia di essere interpretata come oscillazione o indecisione strategica. In una fase di accesa rivalità interstatale, la credibilità di un partner militare passa anche per la prevedibilità e la stabilità degli impegni: in tale contesto, infatti, ritardi nei contributi a programmi congiunti o la rinegoziazione di piani di cooperazione possono intaccare fiducia e relazioni a lungo termine.

Non meno cruciali sono gli aspetti finanziari. Modernizzare le forze armate è dispendioso e richiede una programmazione pluriennale dei finanziamenti. L’Indonesia ha annunciato proposte di bilancio difesa più ambiziose, ma la sostenibilità di nuovi contratti di grande portata — considerato l’insieme di impegni già presi — impone una disciplina di spesa che concili esigenze politiche, industriali e di controllo parlamentare. Senza una trasparente articolazione tra capacità, obiettivi e vincoli di bilancio, il rischio è che la spesa diventi episodica, meno efficiente e più suscettibile a pressioni di natura politica.

Per rispondere a queste criticità, la necessità di un salto di qualità è chiara: aggiornare la strategia nazionale di difesa, ristabilire una road-map credibile di modernizzazione che specifichi le capacità prioritarie, integrare criteri di interoperabilità e compatibilità e richiedere trasparenza nelle negoziazioni. Un nuovo white paper che definisca non solo il “cosa” ma il “perché” degli acquisti — articolando scenari di minaccia, linee temporali e indicatori di performance — sarebbe uno strumento essenziale per garanzie politiche e militari condivise. Analogamente, un rafforzamento delle capacità di governo dell’acquisto, con procedure chiare per la valutazione comparativa delle offerte e per la gestione dei rischi tecnologici, ridurrebbe la probabilità che scelte tattiche compromettano obiettivi strategici a lungo termine.

Infine, la componente industriale nazionale resta una leva fondamentale. Investire con decisione nella capacità produttiva e nel trasferimento tecnologico permette di mitigare parte delle criticità logistiche e di creare un circolo virtuoso tra domanda pubblica e sviluppo industriale. Sinergie con partner esteri che prevedano effettivi piani di localizzazione, formazione e co-produzione possono trasformare le spese in catalizzatori di sviluppo tecnologico e occupazionale, riducendo la dipendenza esterna nel medio termine.

Traendo le conclusioni da questa nostra analisi, la modernizzazione delle forze armate indonesiane rappresenta una questione di governance strategica che richiede coerenza normativa, chiarezza di priorità e capacità di tradurre ambizioni politiche in piani realistici e finanziariamente sostenibili. La scelta di diversificare i partner riflette con coerenza la tradizione non allineata di Giacarta e offre opportunità importanti, ma solo una strategia nazionale aggiornata e credibile potrà trasformare dispersione in capacità e garantire che l’Indonesia progredisca come attore regionale responsabile e affidabile.

La spinta all’ammodernamento delle forze armate indonesiane ha luogo in un quadro di diversificazione dei partner che riflette la storica politica di non allineamento di Giacarta. Tuttavia, l’acquisizione frammentata di piattaforme complesse pone rischi operativi, logistici e di credibilità strategica.

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Nell’attuale contesto internazionale di grandi tensioni tra potenze, l’Indonesia si trova al centro di un crocevia strategico: da un lato la necessità di sostituire piattaforme invecchiate e di rafforzare capacità militari fondamentali per la difesa di un arcipelago vasto e geograficamente complesso; dall’altro la decisione politica di perseguire una politica estera non allineata e di diversificare i partner tecnologici e industriali. Questa doppia dinamica ha generato una campagna di acquisti che, se da un lato incrementa rapidamente la dotazione materiale delle forze armate, dall’altro amplifica i costi di interoperabilità e manutenzione, mette sotto pressione la capacità di gestire catene logistiche eterogenee e solleva interrogativi sulla coerenza strategica delle scelte del governo guidato da Presidente Prabowo Subianto.

Negli ultimi anni, Giacarta ha negoziato accordi rilevanti con diversi fornitori globali, manifestando la volontà di non dipendere da un singolo Paese. Tra gli esempi più noti vi sono l’ordine per 42 caccia Dassault Rafale, un contratto da diversi miliardi di dollari che ha rapidamente posto l’Indonesia tra i maggiori acquirenti regionali di sistemi d’arma francesi, e la partecipazione con la Corea del Sud al programma KF-21 Boramae, progetto che doveva includere significativi trasferimenti tecnologici e una quota indonesiana degli oneri di sviluppo. Più recentemente, l’accordo per l’acquisto di caccia KAAN dalla Turchia ha aggiunto un ulteriore attore e una nuova tecnologia allo spettro di piattaforme su cui si fonda la modernizzazione indonesiana. Questi impegni internazionali esprimono chiaramente la strategia della diversificazione, ma anche il prezzo pratico di una scelta che moltiplica le varianti tecniche da gestire in servizio.

La logica che sottende questa politica va analizzata sotto diversi aspetti. Da un punto di vista politico, evitare una dipendenza monolitica da un singolo fornitore consente a Giacarta di conservare margini di autonomia, evitando vulnerabilità in caso di pressioni geopolitiche da parte delle principali potenze globali. Da un punto di vista industriale, la cooperazione con diversi partner è pensata per catalizzare know-how, promuovere trasferimenti tecnologici e stimolare la crescita di un settore della difesa domestico che l’esecutivo vuole rendere sempre più competitivo. Infine, esistono considerazioni pratiche e temporali: i ritmi di produzione, le finestre di consegna e le condizioni finanziarie imposte dai fornitori spingono spesso il governo a siglare più contratti quasi in parallelo per accelerare la sostituzione di asset oramai vetusti.

Tuttavia, alcuni analisti hanno fatto notare come la moltiplicazione di piattaforme eterogenee comporti costi non banali. Le differenze nei codici di manutenzione, nei requisiti logistici, nelle procedure di addestramento e nei sistemi avionici complicano la vita dei reparti tecnici e logistici. Questo si traduce in scorte di pezzi di ricambio diversificate, in una molteplicità di linee di supporto che possono non essere interoperabili e in programmi di formazione distinti per ciascun tipo di velivolo. Il risultato materiale è una maggiore spesa corrente per mantenere in efficienza una flotta composita e una ridotta efficienza operativa complessiva, proprio mentre si cerca di ridurre il gap con i vicini regionali.

Il problema non è nuovo e viene spesso ricondotto all’assenza di un quadro strategico aggiornato che fissi priorità, capacità obiettivo e meccanismi di controllo degli acquisti. L’ultimo white paper sulla difesa indonesiano risale al 2015 e il programma di modernizzazione denominato Minimum Essential Force (MEF), declinato in fasi fino al 2024, non ha centrato tutti i suoi obiettivi nei tempi previsti. L’assenza di un documento strategico aggiornato e la scadenza del MEF hanno prodotto un vuoto che tende a essere colmato da iniziative occasionali e da negoziati bilaterali piuttosto che da una roadmap nazionale coerente. In questo contesto, le autorità stanno discutendo un nuovo piano, l’Optimum Essential Force (OEF), che dovrebbe ridefinire ambiti, priorità e tempistiche per il periodo successivo, ma fino ad oggi i dettagli rimangono ancora parziali e non del tutto pubblici. Al momento, dunque, la carenza di elementi concreti circa l’OEF rende pericolosamente aleatoria la valutazione del reale impatto strategico di ogni singolo acquisto.

Anche dal punto di vista geopolitico, come precedentemente affermato, la politica di diversificazione assume una molteplice valenza simbolica. Firmare contratti con partner diversi come Francia, Corea del Sud, Turchia, Stati Uniti, Russia e Cina invia segnali diversi e talvolta contraddittori agli osservatori internazionali: da un lato Giacarta rivendica la capacità di dialogare con tutti; dall’altro, la proliferazione di rapporti di difesa con Paesi in competizione reciproca rischia di essere interpretata come oscillazione o indecisione strategica. In una fase di accesa rivalità interstatale, la credibilità di un partner militare passa anche per la prevedibilità e la stabilità degli impegni: in tale contesto, infatti, ritardi nei contributi a programmi congiunti o la rinegoziazione di piani di cooperazione possono intaccare fiducia e relazioni a lungo termine.

Non meno cruciali sono gli aspetti finanziari. Modernizzare le forze armate è dispendioso e richiede una programmazione pluriennale dei finanziamenti. L’Indonesia ha annunciato proposte di bilancio difesa più ambiziose, ma la sostenibilità di nuovi contratti di grande portata — considerato l’insieme di impegni già presi — impone una disciplina di spesa che concili esigenze politiche, industriali e di controllo parlamentare. Senza una trasparente articolazione tra capacità, obiettivi e vincoli di bilancio, il rischio è che la spesa diventi episodica, meno efficiente e più suscettibile a pressioni di natura politica.

Per rispondere a queste criticità, la necessità di un salto di qualità è chiara: aggiornare la strategia nazionale di difesa, ristabilire una road-map credibile di modernizzazione che specifichi le capacità prioritarie, integrare criteri di interoperabilità e compatibilità e richiedere trasparenza nelle negoziazioni. Un nuovo white paper che definisca non solo il “cosa” ma il “perché” degli acquisti — articolando scenari di minaccia, linee temporali e indicatori di performance — sarebbe uno strumento essenziale per garanzie politiche e militari condivise. Analogamente, un rafforzamento delle capacità di governo dell’acquisto, con procedure chiare per la valutazione comparativa delle offerte e per la gestione dei rischi tecnologici, ridurrebbe la probabilità che scelte tattiche compromettano obiettivi strategici a lungo termine.

Infine, la componente industriale nazionale resta una leva fondamentale. Investire con decisione nella capacità produttiva e nel trasferimento tecnologico permette di mitigare parte delle criticità logistiche e di creare un circolo virtuoso tra domanda pubblica e sviluppo industriale. Sinergie con partner esteri che prevedano effettivi piani di localizzazione, formazione e co-produzione possono trasformare le spese in catalizzatori di sviluppo tecnologico e occupazionale, riducendo la dipendenza esterna nel medio termine.

Traendo le conclusioni da questa nostra analisi, la modernizzazione delle forze armate indonesiane rappresenta una questione di governance strategica che richiede coerenza normativa, chiarezza di priorità e capacità di tradurre ambizioni politiche in piani realistici e finanziariamente sostenibili. La scelta di diversificare i partner riflette con coerenza la tradizione non allineata di Giacarta e offre opportunità importanti, ma solo una strategia nazionale aggiornata e credibile potrà trasformare dispersione in capacità e garantire che l’Indonesia progredisca come attore regionale responsabile e affidabile.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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