Italiano
Lorenzo Maria Pacini
June 10, 2025
© Photo: Public domain

La guerra continuerà e le cose stanno andando male per Kiev sul terreno: la Russia sta avanzando costantemente attraverso il fronte, catturando due villaggi al giorno.

Segue nostro Telegram.

Prima i fatti, per quanto si conoscano, poi le opinioni personali

È il primo giugno 2025. Cinque aeroporti russi – Olenya, Belaya, Diaghilev, Ivanovo e Ukrainsk – sono stati presi di mira da attacchi rivendicati dall’Ucraina. Gli obiettivi erano i bombardieri strategici impiegati nel conflitto ucraino per il lancio di missili convenzionali, ma che fanno parte anche della cosiddetta “triade nucleare” della Russia.

Secondo quanto riportato dalla parte ucraina, l’operazione è frutto di oltre un anno e mezzo di preparazione: centinaia di componenti per droni sono stati introdotti in territorio russo, stoccati in un magazzino a Čeljabinsk (poco lontano dal confine con il Kazakistan, da dove presumibilmente sono entrati), assemblati, caricati su strutture di legno, poi su camion diretti verso le vicinanze delle basi. Da lì, i droni sono stati lanciati contro gli aerei. È improbabile che i camionisti sapessero cosa stavano trasportando (uno di loro, infatti, è stato ritrovato morto, soffocato con una fascetta da elettricista). Una dinamica già vista, come nel caso del camion esploso sul ponte di Crimea, vicenda su cui è calato un certo silenzio, dato l’imbarazzo che ne è seguito, nonostante la cosa sia stata clamorosamente dimostrata nella sua verità.

Le fonti ucraine rilanciate dai media occidentali pochi minuti dopo l’attacco parlano di 40 aerei distrutti tra bombardieri, aerei cargo e da ricognizione. Zelensky ha poi parlato di una perdita del 34% della flotta, cioè 23 aerei, su una settantina complessiva (se i numeri noti sono attendibili, dato che la cifra esatta è classificata). I video disponibili – provenienti da fonti ucraine – mostrano 5 Tu-95 colpiti (4 a Olenya, 1 a Belaya), 2 Tu-22M3 (entrambi a Belaya) e un An-12 da trasporto (a Olenya). Un altro filmato mostra due incendi a Belaya, ma non è chiaro cosa stia bruciando. Altri danni sono possibili, ma la mancanza di filmati rende difficile la verifica. Solitamente, la Russia non ha problemi a diffondere video simili. Per numeri più precisi occorrerà attendere le immagini satellitari. Il numero “quaranta” potrebbe essere più che altro l’obiettivo iniziale. Pare comunque che in tre dei cinque aeroporti, tra cui l’importantissimo Ryazan, l’attacco sia stato intercettato: in un caso i droni avrebbero incendiato il camion che li trasportava, in un altro alcuni civili presso un’area di servizio si sarebbero arrampicati sul cassone del veicolo per impedire la partenza dei droni dopo aver capito cosa stava succedendo.

Un exploit isolato o il punto di non ritorno?

Quanto alla portata dell’azione, è probabile che si tratti di un exploit isolato, che faccia parlare di sé probabilmente anche nei libri di storia. È difficile replicare un’operazione simile su questa scala: la rete logistica è ormai compromessa, e sebbene i danni siano seri, non sono stati devastanti come previsto, poiché se l’attacco fosse andato a segno in tutti e cinque gli aeroporti, lo sarebbero stati.

Va anche detto che, nonostante le perdite, la Russia mantiene un numero sufficiente di bombardieri e, a oggi, non ne ha mai impiegati più di 18 contemporaneamente (e solo una volta, nel dicembre 2023). L’idea che l’aviazione strategica russa sia ormai fuori gioco appare quindi piuttosto fragile, proprio come lo fu quella dell’affondamento della Moskva, che non impedì alla flotta del Mar Nero di continuare a lanciare Kalibr.

Il successo è però indubbio dal punto di vista mediatico (oscurando altri eventi, come gli attentati alle ferrovie della notte scorsa, con vittime civili che presto verranno dimenticate) e anche da quello militare, trattandosi di velivoli costosi, tecnologicamente complessi e difficilmente rimpiazzabili, sebbene in parte obsoleti.

Sul piano strategico, l’Ucraina è legittimata a colpire ogni asset militare russo, specialmente quelli impiegati per bombardarla. Il fatto che facciano parte della triade nucleare è irrilevante, poiché l’Ucraina non dispone di armamento nucleare, e le armi atomiche non sono coinvolte nel conflitto attuale. Si può discutere, semmai, sull’impiego di mezzi civili inconsapevoli per scopi militari, ma è un dettaglio secondario in questo momento.

Il vero punto è un altro: la NATO fra quanto entrerà attivamente in gioco?

Le dichiarazioni dei paesi NATO non aiutano a tranquillizzare il quadro. Giusto ieri, con sorprendente tempismo, il Regno Unito ha annunciato l’intenzione di dotarsi di aerei capaci di sganciare bombe nucleari a caduta libera, pensati specificamente per la deterrenza anti-russa. Domani, lunedì – proprio mentre dovrebbero tenersi nuovi negoziati tra Kiev e Mosca a Istanbul – Keir Starmer presenterà il nuovo piano strategico del Regno Unito in chiave anti-russa.

Nel frattempo, Stars & Stripes ha pubblicato i risultati di simulazioni RAND commissionate dall’aeronautica USA, secondo cui una possibile invasione russa del territorio NATO verrebbe fermata… ma solo a patto che aerei e difese occidentali vengano finanziati con cifre colossali. In alternativa, si possono usare i droni ucraini. Un’opzione economicamente più conveniente, che però Mosca potrebbe interpretare come una provocazione diretta.

Il silenzio delle ultime ore – né il Cremlino (salvo un comunicato generico del Ministero della Difesa), né Washington, né gli “alleati volenterosi” hanno parlato – fa pensare a consultazioni frenetiche in corso. È possibile che Mosca stia cercando di capire se ci si trovi alla soglia di una guerra vera, e non più di una “operazione speciale”. L’assenza di dichiarazioni persino da parte di Medvedev lascia intendere che la Russia non sia affatto soddisfatta delle risposte ottenute.

Difficilmente ci sarà una rappresaglia immediata – speriamo – a meno di colpire infrastrutture civili (come dighe o centrali). La guerra continuerà, e sul terreno le cose, per Kiev, vanno male: la Russia avanza costantemente lungo tutto il fronte, conquistando villaggi al ritmo di due al giorno.

Oggi, nel pieno dell’euforia mediatica per l’attacco agli aeroporti, si è anche dimesso il comandante delle forze di terra ucraine, generale Mykhailo Drapatiy, in seguito a un attacco russo su un campo di addestramento a Gvardeyskoye, nella regione di Dnipropetrovsk, dove si trovavano le brigate 158 e 33. Non si conosce il numero esatto delle vittime. Le stesse fonti che parlano di 40 aerei distrutti parlano di 12 morti, ma è difficile pensare che bastino 12 caduti per giustificare un cambio di vertice.

Circa le conseguenze politiche interne alla Russia, invece, bisognerà attendere le prossime 48 ore almeno. Alcune voci parlano della nomina del già presidente Medvedev a capo della Operazione Militare Speciale, altre voci parlano di un imminente contrattacco esemplare, di carattere nucleare-tattico. La nuova dottrina russa approvata il 19 novembre 2024 prevede, sì, l’uso dell’atomica nel caso in cui un attacco disabiliti strutture chiave delle forze nucleari, ma non ci sono obiettivi in Ucraina che giustificherebbero un’escalation del genere e, se mai dovesse esserci una risposta, non sarebbe diretta a Kiev (per ovvi motivi).

Quello che è certo è che adesso il Presidente Putin si troverà a dover affrontare un attacco interno, che sicuramente non mancherà, come non mancheranno certamente ulteriori provocazioni su altri fronti, in modo da far disperdere le energie alla Russia.

Ora più che mai, la Russia, popolo e governo, dovranno essere uniti.

La Pearl Harbor della Russia è vicina?

La guerra continuerà e le cose stanno andando male per Kiev sul terreno: la Russia sta avanzando costantemente attraverso il fronte, catturando due villaggi al giorno.

Segue nostro Telegram.

Prima i fatti, per quanto si conoscano, poi le opinioni personali

È il primo giugno 2025. Cinque aeroporti russi – Olenya, Belaya, Diaghilev, Ivanovo e Ukrainsk – sono stati presi di mira da attacchi rivendicati dall’Ucraina. Gli obiettivi erano i bombardieri strategici impiegati nel conflitto ucraino per il lancio di missili convenzionali, ma che fanno parte anche della cosiddetta “triade nucleare” della Russia.

Secondo quanto riportato dalla parte ucraina, l’operazione è frutto di oltre un anno e mezzo di preparazione: centinaia di componenti per droni sono stati introdotti in territorio russo, stoccati in un magazzino a Čeljabinsk (poco lontano dal confine con il Kazakistan, da dove presumibilmente sono entrati), assemblati, caricati su strutture di legno, poi su camion diretti verso le vicinanze delle basi. Da lì, i droni sono stati lanciati contro gli aerei. È improbabile che i camionisti sapessero cosa stavano trasportando (uno di loro, infatti, è stato ritrovato morto, soffocato con una fascetta da elettricista). Una dinamica già vista, come nel caso del camion esploso sul ponte di Crimea, vicenda su cui è calato un certo silenzio, dato l’imbarazzo che ne è seguito, nonostante la cosa sia stata clamorosamente dimostrata nella sua verità.

Le fonti ucraine rilanciate dai media occidentali pochi minuti dopo l’attacco parlano di 40 aerei distrutti tra bombardieri, aerei cargo e da ricognizione. Zelensky ha poi parlato di una perdita del 34% della flotta, cioè 23 aerei, su una settantina complessiva (se i numeri noti sono attendibili, dato che la cifra esatta è classificata). I video disponibili – provenienti da fonti ucraine – mostrano 5 Tu-95 colpiti (4 a Olenya, 1 a Belaya), 2 Tu-22M3 (entrambi a Belaya) e un An-12 da trasporto (a Olenya). Un altro filmato mostra due incendi a Belaya, ma non è chiaro cosa stia bruciando. Altri danni sono possibili, ma la mancanza di filmati rende difficile la verifica. Solitamente, la Russia non ha problemi a diffondere video simili. Per numeri più precisi occorrerà attendere le immagini satellitari. Il numero “quaranta” potrebbe essere più che altro l’obiettivo iniziale. Pare comunque che in tre dei cinque aeroporti, tra cui l’importantissimo Ryazan, l’attacco sia stato intercettato: in un caso i droni avrebbero incendiato il camion che li trasportava, in un altro alcuni civili presso un’area di servizio si sarebbero arrampicati sul cassone del veicolo per impedire la partenza dei droni dopo aver capito cosa stava succedendo.

Un exploit isolato o il punto di non ritorno?

Quanto alla portata dell’azione, è probabile che si tratti di un exploit isolato, che faccia parlare di sé probabilmente anche nei libri di storia. È difficile replicare un’operazione simile su questa scala: la rete logistica è ormai compromessa, e sebbene i danni siano seri, non sono stati devastanti come previsto, poiché se l’attacco fosse andato a segno in tutti e cinque gli aeroporti, lo sarebbero stati.

Va anche detto che, nonostante le perdite, la Russia mantiene un numero sufficiente di bombardieri e, a oggi, non ne ha mai impiegati più di 18 contemporaneamente (e solo una volta, nel dicembre 2023). L’idea che l’aviazione strategica russa sia ormai fuori gioco appare quindi piuttosto fragile, proprio come lo fu quella dell’affondamento della Moskva, che non impedì alla flotta del Mar Nero di continuare a lanciare Kalibr.

Il successo è però indubbio dal punto di vista mediatico (oscurando altri eventi, come gli attentati alle ferrovie della notte scorsa, con vittime civili che presto verranno dimenticate) e anche da quello militare, trattandosi di velivoli costosi, tecnologicamente complessi e difficilmente rimpiazzabili, sebbene in parte obsoleti.

Sul piano strategico, l’Ucraina è legittimata a colpire ogni asset militare russo, specialmente quelli impiegati per bombardarla. Il fatto che facciano parte della triade nucleare è irrilevante, poiché l’Ucraina non dispone di armamento nucleare, e le armi atomiche non sono coinvolte nel conflitto attuale. Si può discutere, semmai, sull’impiego di mezzi civili inconsapevoli per scopi militari, ma è un dettaglio secondario in questo momento.

Il vero punto è un altro: la NATO fra quanto entrerà attivamente in gioco?

Le dichiarazioni dei paesi NATO non aiutano a tranquillizzare il quadro. Giusto ieri, con sorprendente tempismo, il Regno Unito ha annunciato l’intenzione di dotarsi di aerei capaci di sganciare bombe nucleari a caduta libera, pensati specificamente per la deterrenza anti-russa. Domani, lunedì – proprio mentre dovrebbero tenersi nuovi negoziati tra Kiev e Mosca a Istanbul – Keir Starmer presenterà il nuovo piano strategico del Regno Unito in chiave anti-russa.

Nel frattempo, Stars & Stripes ha pubblicato i risultati di simulazioni RAND commissionate dall’aeronautica USA, secondo cui una possibile invasione russa del territorio NATO verrebbe fermata… ma solo a patto che aerei e difese occidentali vengano finanziati con cifre colossali. In alternativa, si possono usare i droni ucraini. Un’opzione economicamente più conveniente, che però Mosca potrebbe interpretare come una provocazione diretta.

Il silenzio delle ultime ore – né il Cremlino (salvo un comunicato generico del Ministero della Difesa), né Washington, né gli “alleati volenterosi” hanno parlato – fa pensare a consultazioni frenetiche in corso. È possibile che Mosca stia cercando di capire se ci si trovi alla soglia di una guerra vera, e non più di una “operazione speciale”. L’assenza di dichiarazioni persino da parte di Medvedev lascia intendere che la Russia non sia affatto soddisfatta delle risposte ottenute.

Difficilmente ci sarà una rappresaglia immediata – speriamo – a meno di colpire infrastrutture civili (come dighe o centrali). La guerra continuerà, e sul terreno le cose, per Kiev, vanno male: la Russia avanza costantemente lungo tutto il fronte, conquistando villaggi al ritmo di due al giorno.

Oggi, nel pieno dell’euforia mediatica per l’attacco agli aeroporti, si è anche dimesso il comandante delle forze di terra ucraine, generale Mykhailo Drapatiy, in seguito a un attacco russo su un campo di addestramento a Gvardeyskoye, nella regione di Dnipropetrovsk, dove si trovavano le brigate 158 e 33. Non si conosce il numero esatto delle vittime. Le stesse fonti che parlano di 40 aerei distrutti parlano di 12 morti, ma è difficile pensare che bastino 12 caduti per giustificare un cambio di vertice.

Circa le conseguenze politiche interne alla Russia, invece, bisognerà attendere le prossime 48 ore almeno. Alcune voci parlano della nomina del già presidente Medvedev a capo della Operazione Militare Speciale, altre voci parlano di un imminente contrattacco esemplare, di carattere nucleare-tattico. La nuova dottrina russa approvata il 19 novembre 2024 prevede, sì, l’uso dell’atomica nel caso in cui un attacco disabiliti strutture chiave delle forze nucleari, ma non ci sono obiettivi in Ucraina che giustificherebbero un’escalation del genere e, se mai dovesse esserci una risposta, non sarebbe diretta a Kiev (per ovvi motivi).

Quello che è certo è che adesso il Presidente Putin si troverà a dover affrontare un attacco interno, che sicuramente non mancherà, come non mancheranno certamente ulteriori provocazioni su altri fronti, in modo da far disperdere le energie alla Russia.

Ora più che mai, la Russia, popolo e governo, dovranno essere uniti.

La guerra continuerà e le cose stanno andando male per Kiev sul terreno: la Russia sta avanzando costantemente attraverso il fronte, catturando due villaggi al giorno.

Segue nostro Telegram.

Prima i fatti, per quanto si conoscano, poi le opinioni personali

È il primo giugno 2025. Cinque aeroporti russi – Olenya, Belaya, Diaghilev, Ivanovo e Ukrainsk – sono stati presi di mira da attacchi rivendicati dall’Ucraina. Gli obiettivi erano i bombardieri strategici impiegati nel conflitto ucraino per il lancio di missili convenzionali, ma che fanno parte anche della cosiddetta “triade nucleare” della Russia.

Secondo quanto riportato dalla parte ucraina, l’operazione è frutto di oltre un anno e mezzo di preparazione: centinaia di componenti per droni sono stati introdotti in territorio russo, stoccati in un magazzino a Čeljabinsk (poco lontano dal confine con il Kazakistan, da dove presumibilmente sono entrati), assemblati, caricati su strutture di legno, poi su camion diretti verso le vicinanze delle basi. Da lì, i droni sono stati lanciati contro gli aerei. È improbabile che i camionisti sapessero cosa stavano trasportando (uno di loro, infatti, è stato ritrovato morto, soffocato con una fascetta da elettricista). Una dinamica già vista, come nel caso del camion esploso sul ponte di Crimea, vicenda su cui è calato un certo silenzio, dato l’imbarazzo che ne è seguito, nonostante la cosa sia stata clamorosamente dimostrata nella sua verità.

Le fonti ucraine rilanciate dai media occidentali pochi minuti dopo l’attacco parlano di 40 aerei distrutti tra bombardieri, aerei cargo e da ricognizione. Zelensky ha poi parlato di una perdita del 34% della flotta, cioè 23 aerei, su una settantina complessiva (se i numeri noti sono attendibili, dato che la cifra esatta è classificata). I video disponibili – provenienti da fonti ucraine – mostrano 5 Tu-95 colpiti (4 a Olenya, 1 a Belaya), 2 Tu-22M3 (entrambi a Belaya) e un An-12 da trasporto (a Olenya). Un altro filmato mostra due incendi a Belaya, ma non è chiaro cosa stia bruciando. Altri danni sono possibili, ma la mancanza di filmati rende difficile la verifica. Solitamente, la Russia non ha problemi a diffondere video simili. Per numeri più precisi occorrerà attendere le immagini satellitari. Il numero “quaranta” potrebbe essere più che altro l’obiettivo iniziale. Pare comunque che in tre dei cinque aeroporti, tra cui l’importantissimo Ryazan, l’attacco sia stato intercettato: in un caso i droni avrebbero incendiato il camion che li trasportava, in un altro alcuni civili presso un’area di servizio si sarebbero arrampicati sul cassone del veicolo per impedire la partenza dei droni dopo aver capito cosa stava succedendo.

Un exploit isolato o il punto di non ritorno?

Quanto alla portata dell’azione, è probabile che si tratti di un exploit isolato, che faccia parlare di sé probabilmente anche nei libri di storia. È difficile replicare un’operazione simile su questa scala: la rete logistica è ormai compromessa, e sebbene i danni siano seri, non sono stati devastanti come previsto, poiché se l’attacco fosse andato a segno in tutti e cinque gli aeroporti, lo sarebbero stati.

Va anche detto che, nonostante le perdite, la Russia mantiene un numero sufficiente di bombardieri e, a oggi, non ne ha mai impiegati più di 18 contemporaneamente (e solo una volta, nel dicembre 2023). L’idea che l’aviazione strategica russa sia ormai fuori gioco appare quindi piuttosto fragile, proprio come lo fu quella dell’affondamento della Moskva, che non impedì alla flotta del Mar Nero di continuare a lanciare Kalibr.

Il successo è però indubbio dal punto di vista mediatico (oscurando altri eventi, come gli attentati alle ferrovie della notte scorsa, con vittime civili che presto verranno dimenticate) e anche da quello militare, trattandosi di velivoli costosi, tecnologicamente complessi e difficilmente rimpiazzabili, sebbene in parte obsoleti.

Sul piano strategico, l’Ucraina è legittimata a colpire ogni asset militare russo, specialmente quelli impiegati per bombardarla. Il fatto che facciano parte della triade nucleare è irrilevante, poiché l’Ucraina non dispone di armamento nucleare, e le armi atomiche non sono coinvolte nel conflitto attuale. Si può discutere, semmai, sull’impiego di mezzi civili inconsapevoli per scopi militari, ma è un dettaglio secondario in questo momento.

Il vero punto è un altro: la NATO fra quanto entrerà attivamente in gioco?

Le dichiarazioni dei paesi NATO non aiutano a tranquillizzare il quadro. Giusto ieri, con sorprendente tempismo, il Regno Unito ha annunciato l’intenzione di dotarsi di aerei capaci di sganciare bombe nucleari a caduta libera, pensati specificamente per la deterrenza anti-russa. Domani, lunedì – proprio mentre dovrebbero tenersi nuovi negoziati tra Kiev e Mosca a Istanbul – Keir Starmer presenterà il nuovo piano strategico del Regno Unito in chiave anti-russa.

Nel frattempo, Stars & Stripes ha pubblicato i risultati di simulazioni RAND commissionate dall’aeronautica USA, secondo cui una possibile invasione russa del territorio NATO verrebbe fermata… ma solo a patto che aerei e difese occidentali vengano finanziati con cifre colossali. In alternativa, si possono usare i droni ucraini. Un’opzione economicamente più conveniente, che però Mosca potrebbe interpretare come una provocazione diretta.

Il silenzio delle ultime ore – né il Cremlino (salvo un comunicato generico del Ministero della Difesa), né Washington, né gli “alleati volenterosi” hanno parlato – fa pensare a consultazioni frenetiche in corso. È possibile che Mosca stia cercando di capire se ci si trovi alla soglia di una guerra vera, e non più di una “operazione speciale”. L’assenza di dichiarazioni persino da parte di Medvedev lascia intendere che la Russia non sia affatto soddisfatta delle risposte ottenute.

Difficilmente ci sarà una rappresaglia immediata – speriamo – a meno di colpire infrastrutture civili (come dighe o centrali). La guerra continuerà, e sul terreno le cose, per Kiev, vanno male: la Russia avanza costantemente lungo tutto il fronte, conquistando villaggi al ritmo di due al giorno.

Oggi, nel pieno dell’euforia mediatica per l’attacco agli aeroporti, si è anche dimesso il comandante delle forze di terra ucraine, generale Mykhailo Drapatiy, in seguito a un attacco russo su un campo di addestramento a Gvardeyskoye, nella regione di Dnipropetrovsk, dove si trovavano le brigate 158 e 33. Non si conosce il numero esatto delle vittime. Le stesse fonti che parlano di 40 aerei distrutti parlano di 12 morti, ma è difficile pensare che bastino 12 caduti per giustificare un cambio di vertice.

Circa le conseguenze politiche interne alla Russia, invece, bisognerà attendere le prossime 48 ore almeno. Alcune voci parlano della nomina del già presidente Medvedev a capo della Operazione Militare Speciale, altre voci parlano di un imminente contrattacco esemplare, di carattere nucleare-tattico. La nuova dottrina russa approvata il 19 novembre 2024 prevede, sì, l’uso dell’atomica nel caso in cui un attacco disabiliti strutture chiave delle forze nucleari, ma non ci sono obiettivi in Ucraina che giustificherebbero un’escalation del genere e, se mai dovesse esserci una risposta, non sarebbe diretta a Kiev (per ovvi motivi).

Quello che è certo è che adesso il Presidente Putin si troverà a dover affrontare un attacco interno, che sicuramente non mancherà, come non mancheranno certamente ulteriori provocazioni su altri fronti, in modo da far disperdere le energie alla Russia.

Ora più che mai, la Russia, popolo e governo, dovranno essere uniti.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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