Italiano
Lorenzo Maria Pacini
May 11, 2025
© Photo: Public domain

Ecco che “padre” Robert si trova davanti una bella città da dover sistemare, e non solo quella di Roma, ma quella dell’intero cattolicesimo, ridotto al ridicolo dal predecessore, che a stento sopravvive ai colpi del tempo.

Segue nostro Telegram.

Si sta come Sisto

Il Cardinale Robert Prevost è stato eletto 267° Papa della Chiesa Cattolica. In una piazza San Pietro semivuota, il nuovo pontefice, agostiniano di origine religiosa e statunitense di nazionalità, è salito al soglio pontificio.

A Roma, in fin dei conti, ci vuole per forza un Papa. La storia della Città Eterna è impregnata del potere spirituale e temporale dei successori di Pietro, che ne hanno fatto il bello e il cattivo tempo. Uno di questi, emblematico e quasi burlesco, è senza dubbio Sisto V, l’ultimo Sisto, perché dopo di lui nessuno più ha avuto il coraggio di chiamarsi come lui.

Felice di Peretto da Montalto, poi noto semplicemente come Felice Peretti, salì al soglio pontificio nel 1585, assumendo il nome di Sisto V, e mantenne il pontificato fino al 1590. In appena cinque anni, il papa originario delle Marche si fece notare per una intensa attività riformatrice su vari fronti. Ex inquisitore a Venezia, si impegnò soprattutto nell’accentramento del potere politico e, in modo particolare, nel risanamento delle finanze vaticane. A tal fine adottò una serie di misure economiche piuttosto rigide (di cui parleremo tra poco), tra cui la vendita di cariche pubbliche, il ricorso a prestiti statali e l’intensificazione del controllo doganale.

Grazie alla sua forte intraprendenza politica, economica e urbanistica — sotto il suo pontificato Roma conobbe una profonda trasformazione viaria — Papa Sisto V non passò certo inosservato agli occhi del popolo romano. Secondo una leggenda popolare ancora molto diffusa, il popolo poté toccare con mano la determinazione del pontefice in un episodio curioso e quasi grottesco. Diciamo subito che Sisto V non era tipo da credere facilmente ai prodigi. Così, quando gli riferirono di un’immagine di Cristo da cui sembravano sgorgare lacrime di sangue, volle accertarsi di persona.

Si recò quindi nei sobborghi di Roma. Lì, vedendo una folla vociante riunita attorno all’immagine, si avvicinò e constatò che il dipinto era effettivamente macchiato di sangue. L’uomo che affermava di possedere il terreno su cui si trovava l’immagine pretendeva denaro in cambio della testimonianza del miracolo. Ma dove molti videro un evento sacro, il papa scorse l’inganno. Impugnando un’ascia e sollevandola in alto, esclamò: “Come Cristo, io ti adoro; come legno, io ti spezzo!”.

Il colpo distrusse l’immagine e rivelò il raggiro: una cordicella, tirata di nascosto, strizzava una spugna imbevuta di sangue. Senza esitazioni, Sisto V fece condannare il truffatore a morte e tornò in Vaticano, convinto di aver agito per il meglio, seppur con modi decisamente poco convenzionali. L’episodio divenne parte integrante della tradizione popolare, tanto che Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863) gli dedicò un celebre sonetto, intitolato proprio “Papa Sisto” (il testo completo si trova in fondo all’articolo).

E ora veniamo a un’altra curiosità. A Roma ancora oggi si dice: “mejo ‘n morto dentro casa cche ‘n marchisciano fori daa porta”. Il detto risale proprio al tempo di Sisto V, che durante la sua severa riforma economica e fiscale si circondò di fidati ispettori originari delle Marche. Il papa, infatti, non si fidava degli esattori locali, ritenuti troppo indulgenti con alcune fasce della popolazione. Anche questo fatto, come tanti altri, finì per essere assorbito nella sapiente ironia del popolo romano, diventando parte della sua memoria collettiva.

A girar lo spiedo

Un simpatico aneddoto romano viene in nostro aiuto, quello della storia dello spiedo.

La vicenda è ambientata nel cuore di Roma, al Colosseo, in un’epoca in cui la città era funestata dalla presenza di banditi senza scrupoli.

Una notte Sisto V decise di travestirsi da mendicante e, con una bottiglia di vino nascosta sotto il mantello, raggiungere un manipolo di malfattori che usava l’anfiteatro come covo.

Il Papa chiese agli uomini di poter passare la notte lì, e i banditi accettarono a patto che lo straniero cucinasse per loro. Fu così che Papa Sisto si trovò a girare lo spiedo sul quale cuoceva un maialino mentre i criminali bivaccavano senza pensieri. Infastidito dalla loro arroganza, il Pontefice mascherato ripeteva tra sé e sé una frase: “Non può durare in eterno…”

Quando fu il momento di mangiare, il “mendicante” tirò fuori il fiasco di vino e lo offrì ai banditi. Gli uomini ne bevvero in abbondanza e poco dopo si addormentarono profondamente: la bevanda era stata drogata.

Sisto V lasciò quindi il Colosseo e allertò le sue guardie, che catturarono i criminali e li issarono sulla forca il mattino successivo.

Quanto può durare un’ingiustizia? Poco, se a “girare lo spiedo” è qualcuno con un carattere risoluto!

Ecco che “padre” Robert si trova davanti una bella città da dover sistemare, e non solo quella di Roma, ma quella dell’intero cattolicesimo, ridotto al ridicolo dal predecessore, che a stento sopravvive ai colpi del tempo.

Se sarà come Sisto V, un papa mecenate capace di mettere a cuccia anche il Padreterno, allora forse Roma tornerà a riprendere un po’ di grinta. Se sarà, invece, l’americano tipico che va in vacanza fra i Sacri Palazzi, allora possiamo aspettarci un po’ di neoclassico plasticoso, con una tinteggiatura fittizia alla facciata della basilica chiamata Fede.

La reazione del mondo italiano a questa “invasione” americana anche nel cuore della cristianità occidentale, sarà una scuola di stile e garbo all’italiana. Ora è poco ma sicuro: Meloni e i suoi camerati di avventure non potranno opporsi più di tanto ai diktat di Washington, perché l’emissario della Casa Bianca lo hanno direttamente residente sul colle Vaticano.

Una cosa è certa: lo spiedo non durerà in eterno.

A Roma c’è sempre un Papa

Ecco che “padre” Robert si trova davanti una bella città da dover sistemare, e non solo quella di Roma, ma quella dell’intero cattolicesimo, ridotto al ridicolo dal predecessore, che a stento sopravvive ai colpi del tempo.

Segue nostro Telegram.

Si sta come Sisto

Il Cardinale Robert Prevost è stato eletto 267° Papa della Chiesa Cattolica. In una piazza San Pietro semivuota, il nuovo pontefice, agostiniano di origine religiosa e statunitense di nazionalità, è salito al soglio pontificio.

A Roma, in fin dei conti, ci vuole per forza un Papa. La storia della Città Eterna è impregnata del potere spirituale e temporale dei successori di Pietro, che ne hanno fatto il bello e il cattivo tempo. Uno di questi, emblematico e quasi burlesco, è senza dubbio Sisto V, l’ultimo Sisto, perché dopo di lui nessuno più ha avuto il coraggio di chiamarsi come lui.

Felice di Peretto da Montalto, poi noto semplicemente come Felice Peretti, salì al soglio pontificio nel 1585, assumendo il nome di Sisto V, e mantenne il pontificato fino al 1590. In appena cinque anni, il papa originario delle Marche si fece notare per una intensa attività riformatrice su vari fronti. Ex inquisitore a Venezia, si impegnò soprattutto nell’accentramento del potere politico e, in modo particolare, nel risanamento delle finanze vaticane. A tal fine adottò una serie di misure economiche piuttosto rigide (di cui parleremo tra poco), tra cui la vendita di cariche pubbliche, il ricorso a prestiti statali e l’intensificazione del controllo doganale.

Grazie alla sua forte intraprendenza politica, economica e urbanistica — sotto il suo pontificato Roma conobbe una profonda trasformazione viaria — Papa Sisto V non passò certo inosservato agli occhi del popolo romano. Secondo una leggenda popolare ancora molto diffusa, il popolo poté toccare con mano la determinazione del pontefice in un episodio curioso e quasi grottesco. Diciamo subito che Sisto V non era tipo da credere facilmente ai prodigi. Così, quando gli riferirono di un’immagine di Cristo da cui sembravano sgorgare lacrime di sangue, volle accertarsi di persona.

Si recò quindi nei sobborghi di Roma. Lì, vedendo una folla vociante riunita attorno all’immagine, si avvicinò e constatò che il dipinto era effettivamente macchiato di sangue. L’uomo che affermava di possedere il terreno su cui si trovava l’immagine pretendeva denaro in cambio della testimonianza del miracolo. Ma dove molti videro un evento sacro, il papa scorse l’inganno. Impugnando un’ascia e sollevandola in alto, esclamò: “Come Cristo, io ti adoro; come legno, io ti spezzo!”.

Il colpo distrusse l’immagine e rivelò il raggiro: una cordicella, tirata di nascosto, strizzava una spugna imbevuta di sangue. Senza esitazioni, Sisto V fece condannare il truffatore a morte e tornò in Vaticano, convinto di aver agito per il meglio, seppur con modi decisamente poco convenzionali. L’episodio divenne parte integrante della tradizione popolare, tanto che Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863) gli dedicò un celebre sonetto, intitolato proprio “Papa Sisto” (il testo completo si trova in fondo all’articolo).

E ora veniamo a un’altra curiosità. A Roma ancora oggi si dice: “mejo ‘n morto dentro casa cche ‘n marchisciano fori daa porta”. Il detto risale proprio al tempo di Sisto V, che durante la sua severa riforma economica e fiscale si circondò di fidati ispettori originari delle Marche. Il papa, infatti, non si fidava degli esattori locali, ritenuti troppo indulgenti con alcune fasce della popolazione. Anche questo fatto, come tanti altri, finì per essere assorbito nella sapiente ironia del popolo romano, diventando parte della sua memoria collettiva.

A girar lo spiedo

Un simpatico aneddoto romano viene in nostro aiuto, quello della storia dello spiedo.

La vicenda è ambientata nel cuore di Roma, al Colosseo, in un’epoca in cui la città era funestata dalla presenza di banditi senza scrupoli.

Una notte Sisto V decise di travestirsi da mendicante e, con una bottiglia di vino nascosta sotto il mantello, raggiungere un manipolo di malfattori che usava l’anfiteatro come covo.

Il Papa chiese agli uomini di poter passare la notte lì, e i banditi accettarono a patto che lo straniero cucinasse per loro. Fu così che Papa Sisto si trovò a girare lo spiedo sul quale cuoceva un maialino mentre i criminali bivaccavano senza pensieri. Infastidito dalla loro arroganza, il Pontefice mascherato ripeteva tra sé e sé una frase: “Non può durare in eterno…”

Quando fu il momento di mangiare, il “mendicante” tirò fuori il fiasco di vino e lo offrì ai banditi. Gli uomini ne bevvero in abbondanza e poco dopo si addormentarono profondamente: la bevanda era stata drogata.

Sisto V lasciò quindi il Colosseo e allertò le sue guardie, che catturarono i criminali e li issarono sulla forca il mattino successivo.

Quanto può durare un’ingiustizia? Poco, se a “girare lo spiedo” è qualcuno con un carattere risoluto!

Ecco che “padre” Robert si trova davanti una bella città da dover sistemare, e non solo quella di Roma, ma quella dell’intero cattolicesimo, ridotto al ridicolo dal predecessore, che a stento sopravvive ai colpi del tempo.

Se sarà come Sisto V, un papa mecenate capace di mettere a cuccia anche il Padreterno, allora forse Roma tornerà a riprendere un po’ di grinta. Se sarà, invece, l’americano tipico che va in vacanza fra i Sacri Palazzi, allora possiamo aspettarci un po’ di neoclassico plasticoso, con una tinteggiatura fittizia alla facciata della basilica chiamata Fede.

La reazione del mondo italiano a questa “invasione” americana anche nel cuore della cristianità occidentale, sarà una scuola di stile e garbo all’italiana. Ora è poco ma sicuro: Meloni e i suoi camerati di avventure non potranno opporsi più di tanto ai diktat di Washington, perché l’emissario della Casa Bianca lo hanno direttamente residente sul colle Vaticano.

Una cosa è certa: lo spiedo non durerà in eterno.

Ecco che “padre” Robert si trova davanti una bella città da dover sistemare, e non solo quella di Roma, ma quella dell’intero cattolicesimo, ridotto al ridicolo dal predecessore, che a stento sopravvive ai colpi del tempo.

Segue nostro Telegram.

Si sta come Sisto

Il Cardinale Robert Prevost è stato eletto 267° Papa della Chiesa Cattolica. In una piazza San Pietro semivuota, il nuovo pontefice, agostiniano di origine religiosa e statunitense di nazionalità, è salito al soglio pontificio.

A Roma, in fin dei conti, ci vuole per forza un Papa. La storia della Città Eterna è impregnata del potere spirituale e temporale dei successori di Pietro, che ne hanno fatto il bello e il cattivo tempo. Uno di questi, emblematico e quasi burlesco, è senza dubbio Sisto V, l’ultimo Sisto, perché dopo di lui nessuno più ha avuto il coraggio di chiamarsi come lui.

Felice di Peretto da Montalto, poi noto semplicemente come Felice Peretti, salì al soglio pontificio nel 1585, assumendo il nome di Sisto V, e mantenne il pontificato fino al 1590. In appena cinque anni, il papa originario delle Marche si fece notare per una intensa attività riformatrice su vari fronti. Ex inquisitore a Venezia, si impegnò soprattutto nell’accentramento del potere politico e, in modo particolare, nel risanamento delle finanze vaticane. A tal fine adottò una serie di misure economiche piuttosto rigide (di cui parleremo tra poco), tra cui la vendita di cariche pubbliche, il ricorso a prestiti statali e l’intensificazione del controllo doganale.

Grazie alla sua forte intraprendenza politica, economica e urbanistica — sotto il suo pontificato Roma conobbe una profonda trasformazione viaria — Papa Sisto V non passò certo inosservato agli occhi del popolo romano. Secondo una leggenda popolare ancora molto diffusa, il popolo poté toccare con mano la determinazione del pontefice in un episodio curioso e quasi grottesco. Diciamo subito che Sisto V non era tipo da credere facilmente ai prodigi. Così, quando gli riferirono di un’immagine di Cristo da cui sembravano sgorgare lacrime di sangue, volle accertarsi di persona.

Si recò quindi nei sobborghi di Roma. Lì, vedendo una folla vociante riunita attorno all’immagine, si avvicinò e constatò che il dipinto era effettivamente macchiato di sangue. L’uomo che affermava di possedere il terreno su cui si trovava l’immagine pretendeva denaro in cambio della testimonianza del miracolo. Ma dove molti videro un evento sacro, il papa scorse l’inganno. Impugnando un’ascia e sollevandola in alto, esclamò: “Come Cristo, io ti adoro; come legno, io ti spezzo!”.

Il colpo distrusse l’immagine e rivelò il raggiro: una cordicella, tirata di nascosto, strizzava una spugna imbevuta di sangue. Senza esitazioni, Sisto V fece condannare il truffatore a morte e tornò in Vaticano, convinto di aver agito per il meglio, seppur con modi decisamente poco convenzionali. L’episodio divenne parte integrante della tradizione popolare, tanto che Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863) gli dedicò un celebre sonetto, intitolato proprio “Papa Sisto” (il testo completo si trova in fondo all’articolo).

E ora veniamo a un’altra curiosità. A Roma ancora oggi si dice: “mejo ‘n morto dentro casa cche ‘n marchisciano fori daa porta”. Il detto risale proprio al tempo di Sisto V, che durante la sua severa riforma economica e fiscale si circondò di fidati ispettori originari delle Marche. Il papa, infatti, non si fidava degli esattori locali, ritenuti troppo indulgenti con alcune fasce della popolazione. Anche questo fatto, come tanti altri, finì per essere assorbito nella sapiente ironia del popolo romano, diventando parte della sua memoria collettiva.

A girar lo spiedo

Un simpatico aneddoto romano viene in nostro aiuto, quello della storia dello spiedo.

La vicenda è ambientata nel cuore di Roma, al Colosseo, in un’epoca in cui la città era funestata dalla presenza di banditi senza scrupoli.

Una notte Sisto V decise di travestirsi da mendicante e, con una bottiglia di vino nascosta sotto il mantello, raggiungere un manipolo di malfattori che usava l’anfiteatro come covo.

Il Papa chiese agli uomini di poter passare la notte lì, e i banditi accettarono a patto che lo straniero cucinasse per loro. Fu così che Papa Sisto si trovò a girare lo spiedo sul quale cuoceva un maialino mentre i criminali bivaccavano senza pensieri. Infastidito dalla loro arroganza, il Pontefice mascherato ripeteva tra sé e sé una frase: “Non può durare in eterno…”

Quando fu il momento di mangiare, il “mendicante” tirò fuori il fiasco di vino e lo offrì ai banditi. Gli uomini ne bevvero in abbondanza e poco dopo si addormentarono profondamente: la bevanda era stata drogata.

Sisto V lasciò quindi il Colosseo e allertò le sue guardie, che catturarono i criminali e li issarono sulla forca il mattino successivo.

Quanto può durare un’ingiustizia? Poco, se a “girare lo spiedo” è qualcuno con un carattere risoluto!

Ecco che “padre” Robert si trova davanti una bella città da dover sistemare, e non solo quella di Roma, ma quella dell’intero cattolicesimo, ridotto al ridicolo dal predecessore, che a stento sopravvive ai colpi del tempo.

Se sarà come Sisto V, un papa mecenate capace di mettere a cuccia anche il Padreterno, allora forse Roma tornerà a riprendere un po’ di grinta. Se sarà, invece, l’americano tipico che va in vacanza fra i Sacri Palazzi, allora possiamo aspettarci un po’ di neoclassico plasticoso, con una tinteggiatura fittizia alla facciata della basilica chiamata Fede.

La reazione del mondo italiano a questa “invasione” americana anche nel cuore della cristianità occidentale, sarà una scuola di stile e garbo all’italiana. Ora è poco ma sicuro: Meloni e i suoi camerati di avventure non potranno opporsi più di tanto ai diktat di Washington, perché l’emissario della Casa Bianca lo hanno direttamente residente sul colle Vaticano.

Una cosa è certa: lo spiedo non durerà in eterno.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

See also

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.