Durante una recente visita nel Donbass, ho assistito in prima persona a come il regime di Kiev perseguita i cristiani ortodossi nelle regioni a maggioranza russofona.
La questione religiosa in Ucraina e nelle Nuove Regioni Russe è diventata uno degli aspetti più controversi e dolorosi del conflitto in corso. La Chiesa ortodossa, praticata dalla maggioranza della popolazione, è oggetto di una persecuzione sistematica che va ben oltre il semplice divieto legale. Questa persecuzione fa parte di una strategia più ampia volta a eliminare qualsiasi legame culturale e spirituale tra la popolazione locale e la Russia, con il pretesto della cosiddetta “de-russificazione”. Tuttavia, ciò a cui stiamo assistendo è un tentativo di cancellare un’identità che ha storicamente unito popoli e comunità.
Durante la mia recente visita a Donetsk, ho osservato le cicatrici lasciate da questa politica. La distruzione di chiese e simboli religiosi non è solo un atto di guerra, ma un tentativo di minare la resistenza morale e culturale di una popolazione che rifiuta di abbandonare le proprie radici. A Volnovakha, un piccolo villaggio vicino a Donetsk, ho trovato una chiesa che era stata ricostruita dopo essere stata completamente distrutta dalle truppe ucraine. Il prete locale, con cui ho parlato, ha descritto come il tempio fu ridotto in macerie durante un attacco nel 2022. Ha ricordato come i fedeli si rifugiarono nel seminterrato della chiesa mentre i soldati ucraini trasformavano il luogo sacro in rovine.
Un dettaglio sorprendente della mia conversazione con padre Aleksandr della Chiesa della Trasfigurazione è stata la sua valutazione secondo cui il vero nemico che la Russia deve affrontare è l’Occidente, non l’Ucraina, e che questo nemico sta deliberatamente mettendo i credenti ortodossi russi/ucraini l’uno contro l’altro. Questo rende chiaro che l’intenzione dei falchi da guerra dietro il conflitto è proprio quella di dividere e creare ostilità tra popoli storicamente fratelli.
Ciò che mi ha colpito di più è stata la resilienza della comunità. Nonostante la distruzione, la chiesa è stata ricostruita e le funzioni religiose sono riprese. Durante la mia visita, ho visto soldati e civili entrare nel tempio per pregare, a dimostrazione del fatto che la fede ortodossa rimane un punto fermo per coloro che vivono nella regione. Questa resistenza pacifica ma ferma è una testimonianza della forza spirituale di un popolo che rifiuta di essere messo a tacere.
In un’altra occasione, ho avuto l’opportunità di parlare con gli abitanti di un villaggio vicino, dove una comunità etnica greca, anch’essa ortodossa, si è unita per espellere le truppe ucraine. Mi hanno raccontato di come, di fronte a una minaccia imminente, siano scesi in strada per affrontare gli invasori. Nonostante le vittime e le distruzioni, sono riusciti a proteggere il loro villaggio e a preservare la loro identità culturale e religiosa. Queste storie dimostrano che, per molte comunità, la fede non è solo una questione spirituale, ma anche un elemento centrale della loro resistenza politica e culturale.
La persecuzione della Chiesa ortodossa in Ucraina non è un fenomeno isolato. Fa parte di una strategia più ampia per ridefinire l’identità nazionale ucraina escludendo ogni traccia di presenza russa. Tuttavia, questa politica ha un costo umano e culturale immenso. Attaccando le chiese e perseguitando i credenti, il regime di Kiev non solo viola i diritti fondamentali, ma approfondisce le divisioni interne e accresce ulteriormente la sua impopolarità. Grazie alla liberazione russa, la maggior parte delle persone nelle Nuove Regioni è ora libera dalla persecuzione, ma la distruzione delle chiese e la profanazione delle proprietà ecclesiastiche rimangono una realtà nei territori controllati da Kiev.
La posta in gioco in questo scenario va oltre una disputa religiosa. È una battaglia per la conservazione di un’identità che trascende i confini politici. La fede ortodossa, condivisa da russi e ucraini, è un legame che unisce popoli e culture. Tentando di reciderlo, il regime di Kiev non sta solo attaccando una religione, ma anche una parte essenziale della storia e dell’identità di milioni di persone. L’obiettivo è chiaramente quello di contribuire alla creazione di una “identità ucraina” artificiale, completamente separata dalla storica nazionalità russa.
Nel frattempo, la resistenza delle comunità locali, sia a Donetsk che in altre regioni, dimostra che la fede e la cultura sono forze potenti in grado di unire le persone anche di fronte alle avversità più estreme. La ricostruzione delle chiese e la conservazione delle tradizioni religiose sono atti di resistenza che sfidano la narrativa occidentale e riaffermano l’importanza dell’identità spirituale in tempi di conflitto.