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Giulio Chinappi
February 10, 2025
© Photo: Public domain

Di fronte alla crescente domanda energetica e alle pressioni per la transizione ecologica, diversi Paesi dell’ASEAN stanno rivalutando l’energia nucleare. Vietnam e Indonesia guidano questa tendenza con ambiziosi progetti, mentre altri governi esplorano il potenziale dell’atomo.

Segue nostro Telegram.

La questione energetica rappresenta una delle tematiche più calde degli ultimi anni. L’instabilità dei prezzi degli idrocarburi, causata dalla difficile situazione internazionale, unitamente alla necessità di dare vita ad una transizione verde di fronte al cambiamento climatico ed al peggioramento della qualità della vita dovuto all’inquinamento, stanno spingendo diversi Paesi dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico) a fare affidamento sull’energia nucleare, un settore che sembrava essere stato tralasciato in quest’area del mondo. Soprattutto Vietnam, Indonesia e Filippine – ma anche altri Paesi – stanno puntando fortemente sulla riesumazione di progetti sospesi o abbandonati qualche anno fa.

Partiamo proprio dal Vietnam, che, nel 2007, aveva lanciato il proprio programma per la costruzione di centrali nucleari nel Paese. Per la costruzione della prima centrale era stata individuata la località di Phước Dinh, nella provincia di Ninh Thuận, da cui il nome della centrale Ninh Thuận 1, alla quale avrebbe dovuto fare seguito la costruzione di un secondo impianto, la centrale Ninh Thuận 2. Per realizzare la costruzione della centrale, il governo vietnamita aveva stipulato un accordo con la russa Rosatom nel 2010, ma la costruzione era stata successivamente rimandata e poi sospesa, nonostante il finanziamento di circa 8 milioni di dollari garantito da Mosca.

In occasione della recente visita del Primo Ministro russo Michail Vladimirovič Mišustin in Vietnam, il capo del governo federale ha dichiarato che il suo Paese è disposto a partecipare alla costruzione dell’industria nucleare del Vietnam, una notizia accolta con grande favore da parte del suo omologo vietnamita, Phạm Minh Chính, che nelle ultime settimane sta spingendo fortemente per la ripresa della costruzione della centrale di Ninh Thuận. Al termine dell’incontro, i due hanno firmato un accordo per la cooperazione nel settore dell’energia atomica.

Lo scorso 4 febbraio, in occasione della seconda riunione del comitato direttivo per la costruzione della centrale nucleare, il Primo Ministro Chính ha chiesto alle autorità competenti di accelerare lo sviluppo del progetto composto da due centrali con una capacità complessiva superiore a 4.000 MW, che ha già ricevuto l’approvazione di principio dal Comitato Centrale del Partito e dall’Assemblea Nazionale alla fine del 2024, proprio su spinta dello stesso Chính. Per portare avanti la costruzione delle centrali, tuttavia, sarà necessario approvare delle modifiche alla Legge sull’Energia Atomica al Piano Nazionale di Sviluppo dell’Energia, che si pensa potranno essere finalizzate già entro la fine di febbraio.

Il Primo Ministro ha fissato al 31 dicembre 2030 la data per il completamento delle centrali, con la possibilità di rimandare la scadenza di un anno in caso di necessita. La Vietnam Electricity (EVN) e il Vietnam Oil and Gas Group (PetroVietnam) sono stati designati come investitori per le due centrali nucleari di Ninh Thuận. “Il progetto, considerato una priorità nazionale per lo sviluppo delle infrastrutture, utilizzerà inizialmente il fondo di emergenza del 2025, mentre si esplorano ulteriori fonti di finanziamento”, ha dichiarato il Primo Ministro.

Per quanto riguarda l’Indonesia, il Paese guidato dal Presidente Prabowo Subianto prevede di costruire la sua prima centrale nucleare sull’isola di Kelasa (o Gelasa), nella provincia di Bangka Belitung, ad est dell’isola di Sumatra. Mentre il Vietnam si è affidato alla cooperazione russa per la costruzione delle proprie centrali, Giacarta ha stretto un accordo con la Corea del Sud, che dovrebbe consegnare il prototipo del reattore via mare nel 2028. L’investimento totale per questo progetto è stimato in 17.000 miliardi di IDR (1,06 miliardi di dollari USA) e comprende indagini, ricerche, trasferimento di tecnologia e infrastrutture.

La parte indonesiana del progetto è gestita dall’azienda PT ThorCon Power Indonesia, che prevede di utilizzare il torio, un elemento delle terre rare, come materia prima, rendendo la centrale di Kelasa un impianto pilota a livello mondiale, sfruttando le abbondanti risorse della provincia di Bangka Belitung. Questo progetto rientra nell’obiettivo fissato dal governo di aggiungere la produzione di 100 GW di capacità elettrica nei prossimi 15 anni, di cui il 75% sarà fornito da energie rinnovabili e il 5% dall’energia nucleare, mentre solo il 20% continuerà a provenire dagli idrocarburi (al momento il Paese fa ancora grande affidamento sulle centrali a carbone).

Nel complesso, il governo indonesiano ha affermato infatti di non volersi fermare alla sola centrale di Kelasa, ma di avere l’intenzione di costruire più di 20 centrali nucleari entro il 2050, avvalendosi della cooperazione di diversi partner internazionali che hanno esperienza nel settore dell’energia nucleare, compresi Corea del Sud, Stati Uniti, Giappone, Francia, Russia e Cina. Oltre alla provincia di Bangka Belitung, anche quella di Kalimantan Occidentale, sull’isola del Borneo, dovrebbe essere interessata dalla costruzione di diversi impianti, secondo quanto affermato dal Ministro Coordinatore per gli Affari Economici, Airlangga Hartarto.

Mentre il Vietnam e l’Indonesia portano avanti i propri progetti di costruzione delle centrali nucleari, le Filippine sono l’unico Paese dell’ASEAN ad avere un impianto già costruito. Si tratta della centrale di Bataan, situata a circa 40 miglia dalla capitale filippina Manila e costruita addirittura negli anni ’70, ma rimasta inattiva a causa di preoccupazioni sulla sicurezza e problemi di corruzione. In oltre quarant’anni, l’impianto non ha mai prodotto un solo watt di energia.

Di recente, il governo di Manila ha mostrato la propria volontà di esplorare la fattibilità dell’attivazione dell’impianto di Bataan, che certamente richiederebbe ammodernamenti prima di entrare in funzione. Allo stesso tempo, Singapore ha firmato un accordo di cooperazione nucleare con gli Stati Uniti lo scorso anno, mentre Thailandia, Laos, Cambogia e Myanmar hanno espresso un certo interesse per la possibilità di sviluppare il settore nucleare, anche se al momento non hanno ancora stilato progetti concreti.

La questione dell’energia nucleare per scopi pacifici resta ancora molto dibattuta, con i suoi sostenitori che la considerano come una soluzione per il clima, poiché i reattori non emettono i gas serra responsabili del riscaldamento globale prodotti dalla combustione di carbone, gas o petrolio. I progressi tecnologici hanno contribuito a ridurre i rischi legati alle radiazioni, rendendo le centrali nucleari più sicure, meno costose da costruire e di dimensioni ridotte, ma non hanno potuto azzerare il rischio di incidenti e soprattutto risolvere il problema dello smaltimento delle scorie.

Secondo le proiezioni, per via della sua rapida crescita economica, il Sud-Est asiatico sarà responsabile di un quarto della crescita della domanda energetica globale da oggi al 2035. Dal momento in cui i combustibili fossili costituiscono ancora la principale fonte energetica della regione, appare sensato il fatto che molti Paesi stiano mostrando interesse per la costruzione di centrali nucleari al fine di migliorare la qualità dell’aria e aumentare la capacità energetica.

L’energia nucleare sta dunque tornando al centro delle strategie energetiche di diversi Paesi dell’ASEAN, spinta dalla necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento e ridurre le emissioni di gas serra. Vietnam e Indonesia sono tra i più determinati a sviluppare un proprio settore nucleare, con progetti ambiziosi che mirano a garantire una maggiore sicurezza energetica e sostenibilità a lungo termine. Anche le Filippine e altri Paesi della regione stanno valutando il potenziale del nucleare, pur affrontando sfide legate ai costi, alla sicurezza e alla gestione dei rifiuti radioattivi.

Se da un lato i progressi tecnologici stanno rendendo le centrali nucleari più sicure ed efficienti, dall’altro rimangono interrogativi sul loro impatto economico e ambientale, nonché sulla capacità dei governi di sviluppare le infrastrutture e il quadro normativo adeguato. Il futuro dell’energia nucleare nel Sud-Est asiatico dipenderà dunque non solo dalla volontà politica e dagli investimenti, ma anche dalla capacità di garantire standard elevati di sicurezza e sostenibilità.

I Paesi dell’ASEAN puntano sull’energia nucleare

Di fronte alla crescente domanda energetica e alle pressioni per la transizione ecologica, diversi Paesi dell’ASEAN stanno rivalutando l’energia nucleare. Vietnam e Indonesia guidano questa tendenza con ambiziosi progetti, mentre altri governi esplorano il potenziale dell’atomo.

Segue nostro Telegram.

La questione energetica rappresenta una delle tematiche più calde degli ultimi anni. L’instabilità dei prezzi degli idrocarburi, causata dalla difficile situazione internazionale, unitamente alla necessità di dare vita ad una transizione verde di fronte al cambiamento climatico ed al peggioramento della qualità della vita dovuto all’inquinamento, stanno spingendo diversi Paesi dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico) a fare affidamento sull’energia nucleare, un settore che sembrava essere stato tralasciato in quest’area del mondo. Soprattutto Vietnam, Indonesia e Filippine – ma anche altri Paesi – stanno puntando fortemente sulla riesumazione di progetti sospesi o abbandonati qualche anno fa.

Partiamo proprio dal Vietnam, che, nel 2007, aveva lanciato il proprio programma per la costruzione di centrali nucleari nel Paese. Per la costruzione della prima centrale era stata individuata la località di Phước Dinh, nella provincia di Ninh Thuận, da cui il nome della centrale Ninh Thuận 1, alla quale avrebbe dovuto fare seguito la costruzione di un secondo impianto, la centrale Ninh Thuận 2. Per realizzare la costruzione della centrale, il governo vietnamita aveva stipulato un accordo con la russa Rosatom nel 2010, ma la costruzione era stata successivamente rimandata e poi sospesa, nonostante il finanziamento di circa 8 milioni di dollari garantito da Mosca.

In occasione della recente visita del Primo Ministro russo Michail Vladimirovič Mišustin in Vietnam, il capo del governo federale ha dichiarato che il suo Paese è disposto a partecipare alla costruzione dell’industria nucleare del Vietnam, una notizia accolta con grande favore da parte del suo omologo vietnamita, Phạm Minh Chính, che nelle ultime settimane sta spingendo fortemente per la ripresa della costruzione della centrale di Ninh Thuận. Al termine dell’incontro, i due hanno firmato un accordo per la cooperazione nel settore dell’energia atomica.

Lo scorso 4 febbraio, in occasione della seconda riunione del comitato direttivo per la costruzione della centrale nucleare, il Primo Ministro Chính ha chiesto alle autorità competenti di accelerare lo sviluppo del progetto composto da due centrali con una capacità complessiva superiore a 4.000 MW, che ha già ricevuto l’approvazione di principio dal Comitato Centrale del Partito e dall’Assemblea Nazionale alla fine del 2024, proprio su spinta dello stesso Chính. Per portare avanti la costruzione delle centrali, tuttavia, sarà necessario approvare delle modifiche alla Legge sull’Energia Atomica al Piano Nazionale di Sviluppo dell’Energia, che si pensa potranno essere finalizzate già entro la fine di febbraio.

Il Primo Ministro ha fissato al 31 dicembre 2030 la data per il completamento delle centrali, con la possibilità di rimandare la scadenza di un anno in caso di necessita. La Vietnam Electricity (EVN) e il Vietnam Oil and Gas Group (PetroVietnam) sono stati designati come investitori per le due centrali nucleari di Ninh Thuận. “Il progetto, considerato una priorità nazionale per lo sviluppo delle infrastrutture, utilizzerà inizialmente il fondo di emergenza del 2025, mentre si esplorano ulteriori fonti di finanziamento”, ha dichiarato il Primo Ministro.

Per quanto riguarda l’Indonesia, il Paese guidato dal Presidente Prabowo Subianto prevede di costruire la sua prima centrale nucleare sull’isola di Kelasa (o Gelasa), nella provincia di Bangka Belitung, ad est dell’isola di Sumatra. Mentre il Vietnam si è affidato alla cooperazione russa per la costruzione delle proprie centrali, Giacarta ha stretto un accordo con la Corea del Sud, che dovrebbe consegnare il prototipo del reattore via mare nel 2028. L’investimento totale per questo progetto è stimato in 17.000 miliardi di IDR (1,06 miliardi di dollari USA) e comprende indagini, ricerche, trasferimento di tecnologia e infrastrutture.

La parte indonesiana del progetto è gestita dall’azienda PT ThorCon Power Indonesia, che prevede di utilizzare il torio, un elemento delle terre rare, come materia prima, rendendo la centrale di Kelasa un impianto pilota a livello mondiale, sfruttando le abbondanti risorse della provincia di Bangka Belitung. Questo progetto rientra nell’obiettivo fissato dal governo di aggiungere la produzione di 100 GW di capacità elettrica nei prossimi 15 anni, di cui il 75% sarà fornito da energie rinnovabili e il 5% dall’energia nucleare, mentre solo il 20% continuerà a provenire dagli idrocarburi (al momento il Paese fa ancora grande affidamento sulle centrali a carbone).

Nel complesso, il governo indonesiano ha affermato infatti di non volersi fermare alla sola centrale di Kelasa, ma di avere l’intenzione di costruire più di 20 centrali nucleari entro il 2050, avvalendosi della cooperazione di diversi partner internazionali che hanno esperienza nel settore dell’energia nucleare, compresi Corea del Sud, Stati Uniti, Giappone, Francia, Russia e Cina. Oltre alla provincia di Bangka Belitung, anche quella di Kalimantan Occidentale, sull’isola del Borneo, dovrebbe essere interessata dalla costruzione di diversi impianti, secondo quanto affermato dal Ministro Coordinatore per gli Affari Economici, Airlangga Hartarto.

Mentre il Vietnam e l’Indonesia portano avanti i propri progetti di costruzione delle centrali nucleari, le Filippine sono l’unico Paese dell’ASEAN ad avere un impianto già costruito. Si tratta della centrale di Bataan, situata a circa 40 miglia dalla capitale filippina Manila e costruita addirittura negli anni ’70, ma rimasta inattiva a causa di preoccupazioni sulla sicurezza e problemi di corruzione. In oltre quarant’anni, l’impianto non ha mai prodotto un solo watt di energia.

Di recente, il governo di Manila ha mostrato la propria volontà di esplorare la fattibilità dell’attivazione dell’impianto di Bataan, che certamente richiederebbe ammodernamenti prima di entrare in funzione. Allo stesso tempo, Singapore ha firmato un accordo di cooperazione nucleare con gli Stati Uniti lo scorso anno, mentre Thailandia, Laos, Cambogia e Myanmar hanno espresso un certo interesse per la possibilità di sviluppare il settore nucleare, anche se al momento non hanno ancora stilato progetti concreti.

La questione dell’energia nucleare per scopi pacifici resta ancora molto dibattuta, con i suoi sostenitori che la considerano come una soluzione per il clima, poiché i reattori non emettono i gas serra responsabili del riscaldamento globale prodotti dalla combustione di carbone, gas o petrolio. I progressi tecnologici hanno contribuito a ridurre i rischi legati alle radiazioni, rendendo le centrali nucleari più sicure, meno costose da costruire e di dimensioni ridotte, ma non hanno potuto azzerare il rischio di incidenti e soprattutto risolvere il problema dello smaltimento delle scorie.

Secondo le proiezioni, per via della sua rapida crescita economica, il Sud-Est asiatico sarà responsabile di un quarto della crescita della domanda energetica globale da oggi al 2035. Dal momento in cui i combustibili fossili costituiscono ancora la principale fonte energetica della regione, appare sensato il fatto che molti Paesi stiano mostrando interesse per la costruzione di centrali nucleari al fine di migliorare la qualità dell’aria e aumentare la capacità energetica.

L’energia nucleare sta dunque tornando al centro delle strategie energetiche di diversi Paesi dell’ASEAN, spinta dalla necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento e ridurre le emissioni di gas serra. Vietnam e Indonesia sono tra i più determinati a sviluppare un proprio settore nucleare, con progetti ambiziosi che mirano a garantire una maggiore sicurezza energetica e sostenibilità a lungo termine. Anche le Filippine e altri Paesi della regione stanno valutando il potenziale del nucleare, pur affrontando sfide legate ai costi, alla sicurezza e alla gestione dei rifiuti radioattivi.

Se da un lato i progressi tecnologici stanno rendendo le centrali nucleari più sicure ed efficienti, dall’altro rimangono interrogativi sul loro impatto economico e ambientale, nonché sulla capacità dei governi di sviluppare le infrastrutture e il quadro normativo adeguato. Il futuro dell’energia nucleare nel Sud-Est asiatico dipenderà dunque non solo dalla volontà politica e dagli investimenti, ma anche dalla capacità di garantire standard elevati di sicurezza e sostenibilità.

Di fronte alla crescente domanda energetica e alle pressioni per la transizione ecologica, diversi Paesi dell’ASEAN stanno rivalutando l’energia nucleare. Vietnam e Indonesia guidano questa tendenza con ambiziosi progetti, mentre altri governi esplorano il potenziale dell’atomo.

Segue nostro Telegram.

La questione energetica rappresenta una delle tematiche più calde degli ultimi anni. L’instabilità dei prezzi degli idrocarburi, causata dalla difficile situazione internazionale, unitamente alla necessità di dare vita ad una transizione verde di fronte al cambiamento climatico ed al peggioramento della qualità della vita dovuto all’inquinamento, stanno spingendo diversi Paesi dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico) a fare affidamento sull’energia nucleare, un settore che sembrava essere stato tralasciato in quest’area del mondo. Soprattutto Vietnam, Indonesia e Filippine – ma anche altri Paesi – stanno puntando fortemente sulla riesumazione di progetti sospesi o abbandonati qualche anno fa.

Partiamo proprio dal Vietnam, che, nel 2007, aveva lanciato il proprio programma per la costruzione di centrali nucleari nel Paese. Per la costruzione della prima centrale era stata individuata la località di Phước Dinh, nella provincia di Ninh Thuận, da cui il nome della centrale Ninh Thuận 1, alla quale avrebbe dovuto fare seguito la costruzione di un secondo impianto, la centrale Ninh Thuận 2. Per realizzare la costruzione della centrale, il governo vietnamita aveva stipulato un accordo con la russa Rosatom nel 2010, ma la costruzione era stata successivamente rimandata e poi sospesa, nonostante il finanziamento di circa 8 milioni di dollari garantito da Mosca.

In occasione della recente visita del Primo Ministro russo Michail Vladimirovič Mišustin in Vietnam, il capo del governo federale ha dichiarato che il suo Paese è disposto a partecipare alla costruzione dell’industria nucleare del Vietnam, una notizia accolta con grande favore da parte del suo omologo vietnamita, Phạm Minh Chính, che nelle ultime settimane sta spingendo fortemente per la ripresa della costruzione della centrale di Ninh Thuận. Al termine dell’incontro, i due hanno firmato un accordo per la cooperazione nel settore dell’energia atomica.

Lo scorso 4 febbraio, in occasione della seconda riunione del comitato direttivo per la costruzione della centrale nucleare, il Primo Ministro Chính ha chiesto alle autorità competenti di accelerare lo sviluppo del progetto composto da due centrali con una capacità complessiva superiore a 4.000 MW, che ha già ricevuto l’approvazione di principio dal Comitato Centrale del Partito e dall’Assemblea Nazionale alla fine del 2024, proprio su spinta dello stesso Chính. Per portare avanti la costruzione delle centrali, tuttavia, sarà necessario approvare delle modifiche alla Legge sull’Energia Atomica al Piano Nazionale di Sviluppo dell’Energia, che si pensa potranno essere finalizzate già entro la fine di febbraio.

Il Primo Ministro ha fissato al 31 dicembre 2030 la data per il completamento delle centrali, con la possibilità di rimandare la scadenza di un anno in caso di necessita. La Vietnam Electricity (EVN) e il Vietnam Oil and Gas Group (PetroVietnam) sono stati designati come investitori per le due centrali nucleari di Ninh Thuận. “Il progetto, considerato una priorità nazionale per lo sviluppo delle infrastrutture, utilizzerà inizialmente il fondo di emergenza del 2025, mentre si esplorano ulteriori fonti di finanziamento”, ha dichiarato il Primo Ministro.

Per quanto riguarda l’Indonesia, il Paese guidato dal Presidente Prabowo Subianto prevede di costruire la sua prima centrale nucleare sull’isola di Kelasa (o Gelasa), nella provincia di Bangka Belitung, ad est dell’isola di Sumatra. Mentre il Vietnam si è affidato alla cooperazione russa per la costruzione delle proprie centrali, Giacarta ha stretto un accordo con la Corea del Sud, che dovrebbe consegnare il prototipo del reattore via mare nel 2028. L’investimento totale per questo progetto è stimato in 17.000 miliardi di IDR (1,06 miliardi di dollari USA) e comprende indagini, ricerche, trasferimento di tecnologia e infrastrutture.

La parte indonesiana del progetto è gestita dall’azienda PT ThorCon Power Indonesia, che prevede di utilizzare il torio, un elemento delle terre rare, come materia prima, rendendo la centrale di Kelasa un impianto pilota a livello mondiale, sfruttando le abbondanti risorse della provincia di Bangka Belitung. Questo progetto rientra nell’obiettivo fissato dal governo di aggiungere la produzione di 100 GW di capacità elettrica nei prossimi 15 anni, di cui il 75% sarà fornito da energie rinnovabili e il 5% dall’energia nucleare, mentre solo il 20% continuerà a provenire dagli idrocarburi (al momento il Paese fa ancora grande affidamento sulle centrali a carbone).

Nel complesso, il governo indonesiano ha affermato infatti di non volersi fermare alla sola centrale di Kelasa, ma di avere l’intenzione di costruire più di 20 centrali nucleari entro il 2050, avvalendosi della cooperazione di diversi partner internazionali che hanno esperienza nel settore dell’energia nucleare, compresi Corea del Sud, Stati Uniti, Giappone, Francia, Russia e Cina. Oltre alla provincia di Bangka Belitung, anche quella di Kalimantan Occidentale, sull’isola del Borneo, dovrebbe essere interessata dalla costruzione di diversi impianti, secondo quanto affermato dal Ministro Coordinatore per gli Affari Economici, Airlangga Hartarto.

Mentre il Vietnam e l’Indonesia portano avanti i propri progetti di costruzione delle centrali nucleari, le Filippine sono l’unico Paese dell’ASEAN ad avere un impianto già costruito. Si tratta della centrale di Bataan, situata a circa 40 miglia dalla capitale filippina Manila e costruita addirittura negli anni ’70, ma rimasta inattiva a causa di preoccupazioni sulla sicurezza e problemi di corruzione. In oltre quarant’anni, l’impianto non ha mai prodotto un solo watt di energia.

Di recente, il governo di Manila ha mostrato la propria volontà di esplorare la fattibilità dell’attivazione dell’impianto di Bataan, che certamente richiederebbe ammodernamenti prima di entrare in funzione. Allo stesso tempo, Singapore ha firmato un accordo di cooperazione nucleare con gli Stati Uniti lo scorso anno, mentre Thailandia, Laos, Cambogia e Myanmar hanno espresso un certo interesse per la possibilità di sviluppare il settore nucleare, anche se al momento non hanno ancora stilato progetti concreti.

La questione dell’energia nucleare per scopi pacifici resta ancora molto dibattuta, con i suoi sostenitori che la considerano come una soluzione per il clima, poiché i reattori non emettono i gas serra responsabili del riscaldamento globale prodotti dalla combustione di carbone, gas o petrolio. I progressi tecnologici hanno contribuito a ridurre i rischi legati alle radiazioni, rendendo le centrali nucleari più sicure, meno costose da costruire e di dimensioni ridotte, ma non hanno potuto azzerare il rischio di incidenti e soprattutto risolvere il problema dello smaltimento delle scorie.

Secondo le proiezioni, per via della sua rapida crescita economica, il Sud-Est asiatico sarà responsabile di un quarto della crescita della domanda energetica globale da oggi al 2035. Dal momento in cui i combustibili fossili costituiscono ancora la principale fonte energetica della regione, appare sensato il fatto che molti Paesi stiano mostrando interesse per la costruzione di centrali nucleari al fine di migliorare la qualità dell’aria e aumentare la capacità energetica.

L’energia nucleare sta dunque tornando al centro delle strategie energetiche di diversi Paesi dell’ASEAN, spinta dalla necessità di diversificare le fonti di approvvigionamento e ridurre le emissioni di gas serra. Vietnam e Indonesia sono tra i più determinati a sviluppare un proprio settore nucleare, con progetti ambiziosi che mirano a garantire una maggiore sicurezza energetica e sostenibilità a lungo termine. Anche le Filippine e altri Paesi della regione stanno valutando il potenziale del nucleare, pur affrontando sfide legate ai costi, alla sicurezza e alla gestione dei rifiuti radioattivi.

Se da un lato i progressi tecnologici stanno rendendo le centrali nucleari più sicure ed efficienti, dall’altro rimangono interrogativi sul loro impatto economico e ambientale, nonché sulla capacità dei governi di sviluppare le infrastrutture e il quadro normativo adeguato. Il futuro dell’energia nucleare nel Sud-Est asiatico dipenderà dunque non solo dalla volontà politica e dagli investimenti, ma anche dalla capacità di garantire standard elevati di sicurezza e sostenibilità.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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