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Lorenzo Maria Pacini
February 5, 2025
© Photo: Public domain

Donald Trump imbocca la via della guerra commerciale attaccando la moneta BRICS, ma le regole del gioco internazionale non sono più quelle dettate dagli Stati Uniti.

Segue nostro Telegram.

Le regole del gioco sono cambiate

Non c’è dubbio: un inizio coi fiocchi. Di quanto aveva promesso in campagna elettorale, il Potus finora ha mantenuto solo quanto aveva predisposto per accomodarsi comodamente alla Casa Bianca: pulizia fra i dirigenti dell’intelligence, riposizionamento delle figure strategiche per la gestione del Congresso e della Corte Suprema, così da non aver troppi ostacoli a governare, un po’ dei suoi fidatissimi a gestire la politica estera in ostilità a Iran e Cina, qualche ex compagno di affari ad amministrare i fallimenti dell’industria e del settore immobiliare. Tutto il resto, invece, viene disatteso giorno dopo giorno.

C’era da aspettarselo – ed anzi è curioso che in molti si siano lasciati prendere dai furori psichedelici quando già vi erano sufficienti informazioni conclamate per capire come sarebbe andata – perché Trump è un uomo d’affari, sa bene come si costruisce il successo, ovvero eliminando dal proprio percorso tutti gli avversari e i nemici, uno ad uno. Un vero cow boy americano.

È così che ha subito ripreso a fare la voce grossa con la Russia, intimando strane soluzioni unilaterali per l’Ucraina – e dimostrando ancora una volta che si tratta di un conflitto voluto e gestito dagli Stati Uniti – per poi rendersi conto che il treno dei vincitori non scorre più solle rotaie del Mississipi, bensì sulla Via della Seta e sulla Transiberiana.

Ha ben pensato che fosse anche il caso di provocare la Cina su Taiwan – come promesso da inizio campagna elettorale – ritrovandosi con la figuraccia della nuova IA popolare cinese, DeepSeek, tirata fuori come un coniglio dal cappello proprio alla fine dello show di Washington, cosa che ha stupito tutti, soprattutto l’entourage del presidente Musk, ehm, no, Trump, che ha investito per anni nel fidato collaboratore di Pretoria sperando di vincere la battaglia tecnologica, e invece si è trovato, ancora una volta, con una mossa a sorpresa da parte degli altri giocatori.

Ma vedi, caro Donald, è solo un gioco! Sii un po’ più sportivo.

Invece no. Trump ha deciso in un colpo solo di attaccare tutti i BRICS. Non solo la Cina, solo l’Iran, solo la Russia, no, tutti i BRICS. Pacchetto convenienza. La guerra totale, d’altronde, è sempre in saldo. Lo ha fatto con un post su X, impiegando una retorica che risulta quasi ridicola: «L’idea che i Paesi BRICS stiano cercando di allontanarsi dal dollaro, mentre noi restiamo a guardare, è sopravvissuta. Chiederemo a questi Paesi apparentemente ostili di impegnarsi a non creare una nuova valuta BRICS e a non sostenere nessun’altra valuta che sostituisca il potente dollaro USA, altrimenti dovranno affrontare tariffe al 100% e dovranno dire addio alle vendite nella meravigliosa economia statunitense Potranno andare a cercare un’altra nazione fetente. Non c’è alcuna possibilità che i BRICS sostituiscano il dollaro americano nel commercio internazionale, o altrove, e qualsiasi Pars che ci provi dovrebbe dire addio all’America!».

Lo stile passivo-aggressivo della deterrenza trumpiana lascia trapelare la consapevolezza che le cose non sono più come nel 2017. L’America non è più l’Egemone che può decidere le sorti dell’umanità. Questo Trump lo sta capendo. La sollecitazione buonista nei confronti degli avversari e dei nemici è soltanto l’ennesima conferma di un dato di fatto ormai conclamato.

La guerra commerciale non può attendere

È chiaro che la mossa di Trump non è affatto casuale. Al principio di questo suo secondo mandato, con l’ambizione di fare di nuovo l’America grande come un tempo, deve fronteggiare il grande gap commerciale che si è creato. Ha ribadito le minacce a Canada e Messico, con le tariffe al 25% come deterrenza per l’immigrazione incontrollata, le droghe, i farmaci e i sussidi forniti.

I BRICS potrebbero percepire la mossa di Trump come una pressione diretta e una minaccia alla loro sovranità economica: ciò non può che accelerare il processo di de-dollarizzazione, introducendo tariffe di ritorsione nei confronti dei prodotti statunitensi così da colpire agricoltori e industriali. A quel punto, Trump risponderebbe con un aumenti dei dazi. Tutto questo danneggerebbe l’economia americana. Il resto del mondo ha già dimostrato di potercela fare, di saper aggirare le sanzioni e di riuscire persino a superare tecnologicamente il primato del dollaro.

Una situazione del genere non è affatto auspicabile per Wall Street, che soffre della fluttuazione dei mercati. L’instabilità derivata dalla riduzione della capitalizzazione delle grandi aziende, in particolare quelle legate alla Cina, e la difficoltà oggettiva a sopperire alle esigenze dei consumatori per la domanda interna, porterebbero gli USA ad un peggioramento della guerra civile a basso profilo che prosegue da anni.

Anche davanti ad un rallentamento della moneta BRICS, comunque la riformattazione del mercato globale non si fermerà.

Non bisogna però fare l’errore di guardare il dito quando dietro c’è la luna. Quello che i BRICS hanno già fatto è molto più di una singola moneta: hanno cambiato il mercato globale.

Washington fa i capricci perché è rimasta indietro, ma non servirà a molto. In un certo senso, la deterrenza esercitata prepotentemente per anni sta tornando indietro. Questo processo era prevedibile – perlomeno dal punto di vista geopolitico ed economico – perché le strutture su cui si basa il liberalismo americano sono come delle bombe con un timer, pronto ad esplodere nella fase di declino del sistema.

Destano un certo sospetto le parole rilasciate dal Portavoce del Cremlino, Dmitry Peshkov, a riguardo delle dichiarazioni di Trump: «A questo punto dovremmo ricordare le parole del nostro Presidente, che sono molto più importanti e significative per noi. Il fatto è che il BRICS non sta parlando di creare una moneta comune e non l’ha mai fatto. Il BRICS sta parlando di creare nuove piattaforme di investimento congiunte che consentiranno investimenti comuni in Paesi terzi», posizione che si sposa anche con la linea assunta dall’India.

Se effettivamente il progetto di BRICS Pay è stato superato o messo in pausa, lo scopriremo a breve. Sappiamo con certezza che la presidenza brasiliana non seguirà il medesimo ritmo di quella russa, ponendo non pochi ostacoli al proseguimento dei lavori avviati nel 2024. Sarà fondamentale l’equilibrio con il soft power americano in Sudamerica.

Dai, Donald, è solo un gioco! Un commento sull’attacco di Trump ai BRICS

Donald Trump imbocca la via della guerra commerciale attaccando la moneta BRICS, ma le regole del gioco internazionale non sono più quelle dettate dagli Stati Uniti.

Segue nostro Telegram.

Le regole del gioco sono cambiate

Non c’è dubbio: un inizio coi fiocchi. Di quanto aveva promesso in campagna elettorale, il Potus finora ha mantenuto solo quanto aveva predisposto per accomodarsi comodamente alla Casa Bianca: pulizia fra i dirigenti dell’intelligence, riposizionamento delle figure strategiche per la gestione del Congresso e della Corte Suprema, così da non aver troppi ostacoli a governare, un po’ dei suoi fidatissimi a gestire la politica estera in ostilità a Iran e Cina, qualche ex compagno di affari ad amministrare i fallimenti dell’industria e del settore immobiliare. Tutto il resto, invece, viene disatteso giorno dopo giorno.

C’era da aspettarselo – ed anzi è curioso che in molti si siano lasciati prendere dai furori psichedelici quando già vi erano sufficienti informazioni conclamate per capire come sarebbe andata – perché Trump è un uomo d’affari, sa bene come si costruisce il successo, ovvero eliminando dal proprio percorso tutti gli avversari e i nemici, uno ad uno. Un vero cow boy americano.

È così che ha subito ripreso a fare la voce grossa con la Russia, intimando strane soluzioni unilaterali per l’Ucraina – e dimostrando ancora una volta che si tratta di un conflitto voluto e gestito dagli Stati Uniti – per poi rendersi conto che il treno dei vincitori non scorre più solle rotaie del Mississipi, bensì sulla Via della Seta e sulla Transiberiana.

Ha ben pensato che fosse anche il caso di provocare la Cina su Taiwan – come promesso da inizio campagna elettorale – ritrovandosi con la figuraccia della nuova IA popolare cinese, DeepSeek, tirata fuori come un coniglio dal cappello proprio alla fine dello show di Washington, cosa che ha stupito tutti, soprattutto l’entourage del presidente Musk, ehm, no, Trump, che ha investito per anni nel fidato collaboratore di Pretoria sperando di vincere la battaglia tecnologica, e invece si è trovato, ancora una volta, con una mossa a sorpresa da parte degli altri giocatori.

Ma vedi, caro Donald, è solo un gioco! Sii un po’ più sportivo.

Invece no. Trump ha deciso in un colpo solo di attaccare tutti i BRICS. Non solo la Cina, solo l’Iran, solo la Russia, no, tutti i BRICS. Pacchetto convenienza. La guerra totale, d’altronde, è sempre in saldo. Lo ha fatto con un post su X, impiegando una retorica che risulta quasi ridicola: «L’idea che i Paesi BRICS stiano cercando di allontanarsi dal dollaro, mentre noi restiamo a guardare, è sopravvissuta. Chiederemo a questi Paesi apparentemente ostili di impegnarsi a non creare una nuova valuta BRICS e a non sostenere nessun’altra valuta che sostituisca il potente dollaro USA, altrimenti dovranno affrontare tariffe al 100% e dovranno dire addio alle vendite nella meravigliosa economia statunitense Potranno andare a cercare un’altra nazione fetente. Non c’è alcuna possibilità che i BRICS sostituiscano il dollaro americano nel commercio internazionale, o altrove, e qualsiasi Pars che ci provi dovrebbe dire addio all’America!».

Lo stile passivo-aggressivo della deterrenza trumpiana lascia trapelare la consapevolezza che le cose non sono più come nel 2017. L’America non è più l’Egemone che può decidere le sorti dell’umanità. Questo Trump lo sta capendo. La sollecitazione buonista nei confronti degli avversari e dei nemici è soltanto l’ennesima conferma di un dato di fatto ormai conclamato.

La guerra commerciale non può attendere

È chiaro che la mossa di Trump non è affatto casuale. Al principio di questo suo secondo mandato, con l’ambizione di fare di nuovo l’America grande come un tempo, deve fronteggiare il grande gap commerciale che si è creato. Ha ribadito le minacce a Canada e Messico, con le tariffe al 25% come deterrenza per l’immigrazione incontrollata, le droghe, i farmaci e i sussidi forniti.

I BRICS potrebbero percepire la mossa di Trump come una pressione diretta e una minaccia alla loro sovranità economica: ciò non può che accelerare il processo di de-dollarizzazione, introducendo tariffe di ritorsione nei confronti dei prodotti statunitensi così da colpire agricoltori e industriali. A quel punto, Trump risponderebbe con un aumenti dei dazi. Tutto questo danneggerebbe l’economia americana. Il resto del mondo ha già dimostrato di potercela fare, di saper aggirare le sanzioni e di riuscire persino a superare tecnologicamente il primato del dollaro.

Una situazione del genere non è affatto auspicabile per Wall Street, che soffre della fluttuazione dei mercati. L’instabilità derivata dalla riduzione della capitalizzazione delle grandi aziende, in particolare quelle legate alla Cina, e la difficoltà oggettiva a sopperire alle esigenze dei consumatori per la domanda interna, porterebbero gli USA ad un peggioramento della guerra civile a basso profilo che prosegue da anni.

Anche davanti ad un rallentamento della moneta BRICS, comunque la riformattazione del mercato globale non si fermerà.

Non bisogna però fare l’errore di guardare il dito quando dietro c’è la luna. Quello che i BRICS hanno già fatto è molto più di una singola moneta: hanno cambiato il mercato globale.

Washington fa i capricci perché è rimasta indietro, ma non servirà a molto. In un certo senso, la deterrenza esercitata prepotentemente per anni sta tornando indietro. Questo processo era prevedibile – perlomeno dal punto di vista geopolitico ed economico – perché le strutture su cui si basa il liberalismo americano sono come delle bombe con un timer, pronto ad esplodere nella fase di declino del sistema.

Destano un certo sospetto le parole rilasciate dal Portavoce del Cremlino, Dmitry Peshkov, a riguardo delle dichiarazioni di Trump: «A questo punto dovremmo ricordare le parole del nostro Presidente, che sono molto più importanti e significative per noi. Il fatto è che il BRICS non sta parlando di creare una moneta comune e non l’ha mai fatto. Il BRICS sta parlando di creare nuove piattaforme di investimento congiunte che consentiranno investimenti comuni in Paesi terzi», posizione che si sposa anche con la linea assunta dall’India.

Se effettivamente il progetto di BRICS Pay è stato superato o messo in pausa, lo scopriremo a breve. Sappiamo con certezza che la presidenza brasiliana non seguirà il medesimo ritmo di quella russa, ponendo non pochi ostacoli al proseguimento dei lavori avviati nel 2024. Sarà fondamentale l’equilibrio con il soft power americano in Sudamerica.

Donald Trump imbocca la via della guerra commerciale attaccando la moneta BRICS, ma le regole del gioco internazionale non sono più quelle dettate dagli Stati Uniti.

Segue nostro Telegram.

Le regole del gioco sono cambiate

Non c’è dubbio: un inizio coi fiocchi. Di quanto aveva promesso in campagna elettorale, il Potus finora ha mantenuto solo quanto aveva predisposto per accomodarsi comodamente alla Casa Bianca: pulizia fra i dirigenti dell’intelligence, riposizionamento delle figure strategiche per la gestione del Congresso e della Corte Suprema, così da non aver troppi ostacoli a governare, un po’ dei suoi fidatissimi a gestire la politica estera in ostilità a Iran e Cina, qualche ex compagno di affari ad amministrare i fallimenti dell’industria e del settore immobiliare. Tutto il resto, invece, viene disatteso giorno dopo giorno.

C’era da aspettarselo – ed anzi è curioso che in molti si siano lasciati prendere dai furori psichedelici quando già vi erano sufficienti informazioni conclamate per capire come sarebbe andata – perché Trump è un uomo d’affari, sa bene come si costruisce il successo, ovvero eliminando dal proprio percorso tutti gli avversari e i nemici, uno ad uno. Un vero cow boy americano.

È così che ha subito ripreso a fare la voce grossa con la Russia, intimando strane soluzioni unilaterali per l’Ucraina – e dimostrando ancora una volta che si tratta di un conflitto voluto e gestito dagli Stati Uniti – per poi rendersi conto che il treno dei vincitori non scorre più solle rotaie del Mississipi, bensì sulla Via della Seta e sulla Transiberiana.

Ha ben pensato che fosse anche il caso di provocare la Cina su Taiwan – come promesso da inizio campagna elettorale – ritrovandosi con la figuraccia della nuova IA popolare cinese, DeepSeek, tirata fuori come un coniglio dal cappello proprio alla fine dello show di Washington, cosa che ha stupito tutti, soprattutto l’entourage del presidente Musk, ehm, no, Trump, che ha investito per anni nel fidato collaboratore di Pretoria sperando di vincere la battaglia tecnologica, e invece si è trovato, ancora una volta, con una mossa a sorpresa da parte degli altri giocatori.

Ma vedi, caro Donald, è solo un gioco! Sii un po’ più sportivo.

Invece no. Trump ha deciso in un colpo solo di attaccare tutti i BRICS. Non solo la Cina, solo l’Iran, solo la Russia, no, tutti i BRICS. Pacchetto convenienza. La guerra totale, d’altronde, è sempre in saldo. Lo ha fatto con un post su X, impiegando una retorica che risulta quasi ridicola: «L’idea che i Paesi BRICS stiano cercando di allontanarsi dal dollaro, mentre noi restiamo a guardare, è sopravvissuta. Chiederemo a questi Paesi apparentemente ostili di impegnarsi a non creare una nuova valuta BRICS e a non sostenere nessun’altra valuta che sostituisca il potente dollaro USA, altrimenti dovranno affrontare tariffe al 100% e dovranno dire addio alle vendite nella meravigliosa economia statunitense Potranno andare a cercare un’altra nazione fetente. Non c’è alcuna possibilità che i BRICS sostituiscano il dollaro americano nel commercio internazionale, o altrove, e qualsiasi Pars che ci provi dovrebbe dire addio all’America!».

Lo stile passivo-aggressivo della deterrenza trumpiana lascia trapelare la consapevolezza che le cose non sono più come nel 2017. L’America non è più l’Egemone che può decidere le sorti dell’umanità. Questo Trump lo sta capendo. La sollecitazione buonista nei confronti degli avversari e dei nemici è soltanto l’ennesima conferma di un dato di fatto ormai conclamato.

La guerra commerciale non può attendere

È chiaro che la mossa di Trump non è affatto casuale. Al principio di questo suo secondo mandato, con l’ambizione di fare di nuovo l’America grande come un tempo, deve fronteggiare il grande gap commerciale che si è creato. Ha ribadito le minacce a Canada e Messico, con le tariffe al 25% come deterrenza per l’immigrazione incontrollata, le droghe, i farmaci e i sussidi forniti.

I BRICS potrebbero percepire la mossa di Trump come una pressione diretta e una minaccia alla loro sovranità economica: ciò non può che accelerare il processo di de-dollarizzazione, introducendo tariffe di ritorsione nei confronti dei prodotti statunitensi così da colpire agricoltori e industriali. A quel punto, Trump risponderebbe con un aumenti dei dazi. Tutto questo danneggerebbe l’economia americana. Il resto del mondo ha già dimostrato di potercela fare, di saper aggirare le sanzioni e di riuscire persino a superare tecnologicamente il primato del dollaro.

Una situazione del genere non è affatto auspicabile per Wall Street, che soffre della fluttuazione dei mercati. L’instabilità derivata dalla riduzione della capitalizzazione delle grandi aziende, in particolare quelle legate alla Cina, e la difficoltà oggettiva a sopperire alle esigenze dei consumatori per la domanda interna, porterebbero gli USA ad un peggioramento della guerra civile a basso profilo che prosegue da anni.

Anche davanti ad un rallentamento della moneta BRICS, comunque la riformattazione del mercato globale non si fermerà.

Non bisogna però fare l’errore di guardare il dito quando dietro c’è la luna. Quello che i BRICS hanno già fatto è molto più di una singola moneta: hanno cambiato il mercato globale.

Washington fa i capricci perché è rimasta indietro, ma non servirà a molto. In un certo senso, la deterrenza esercitata prepotentemente per anni sta tornando indietro. Questo processo era prevedibile – perlomeno dal punto di vista geopolitico ed economico – perché le strutture su cui si basa il liberalismo americano sono come delle bombe con un timer, pronto ad esplodere nella fase di declino del sistema.

Destano un certo sospetto le parole rilasciate dal Portavoce del Cremlino, Dmitry Peshkov, a riguardo delle dichiarazioni di Trump: «A questo punto dovremmo ricordare le parole del nostro Presidente, che sono molto più importanti e significative per noi. Il fatto è che il BRICS non sta parlando di creare una moneta comune e non l’ha mai fatto. Il BRICS sta parlando di creare nuove piattaforme di investimento congiunte che consentiranno investimenti comuni in Paesi terzi», posizione che si sposa anche con la linea assunta dall’India.

Se effettivamente il progetto di BRICS Pay è stato superato o messo in pausa, lo scopriremo a breve. Sappiamo con certezza che la presidenza brasiliana non seguirà il medesimo ritmo di quella russa, ponendo non pochi ostacoli al proseguimento dei lavori avviati nel 2024. Sarà fondamentale l’equilibrio con il soft power americano in Sudamerica.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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