Un terremoto di magnitudo 7,1 ha colpito la contea di Tingri, nello Xizang, causando 126 vittime e 337 feriti. Mentre Pechino guida efficienti operazioni di soccorso, la tragedia diventa bersaglio di strumentalizzazioni propagandistiche da parte di organizzazioni anti-cinesi.
Nella mattina del 7 gennaio, la contea di Tingri, nella Regione Autonoma dello Xizang (Tibet), situata nel sud-ovest della Cina, è stata scossa da un terremoto di magnitudo 7,1 che ha portato grande devastazione. Secondo i dati attualmente disponibili, le vittime del sisma sarebbero 126, mentre 337 sarebbero i feriti. Inoltre, il terremoto ha causato danni anche in Nepal e in alcune aree dell’India settentrionale, venendo avvertito a centinaia di chilometri di distanza.
Purtroppo, sappiamo come la Cina occidentale sia particolarmente esposta ai sismi. Citando solamente alcuni casi recenti, nel maggio del 2021, la contea di Madoi, nella provincia del Qinghai, venne colpita da un sisma di magnitudo 7,4, ma fortunatamente non vennero riportate vittime; molto più grave fu il bilancio del terremoto del dicembre 2023 nella contea di Jishishan, nella provincia del Gansu, che, con una magnitudo di 6,2, porto alla morte di 151 persone.
Nonostante questi gravi drammi che dovrebbero ispirare unicamente solidarietà da parte di tutta la comunità internazionale, come ad esempio ha fatto la stessa Cina nei confronti degli incendi che stanno devastando la California, la propaganda anticinese non si è mai fatta scrupoli nello sfruttare tali tragedie per formulare attacchi contro Pechino. Già nel 2021, ad esempio, la nota agenzia finanziata direttamente dal governo di Washington, Radio Free Asia, fece circolare voci secondo le quali il governo cinese avrebbe nascosto la morte di venti persone nel terremoto del Qinghai, citando “fonti anonime” mai verificate.
Questa volta, la propaganda anticinese ha sfruttato il dramma del terremoto tibetano per attaccare la Repubblica Popolare Cinese in modo ancora più volgare, essendoci di mezzo anche le note organizzazioni per la “indipendenza” del Tibet, tutte finanziate dagli Stati Uniti. Penpa Tsering, capo (Sikyong) del sedicente governo tibetano in esilio con sede in India, ha ad esempio dichiarato che “il governo cinese dovrebbe considerare attentamente gli impatti dei mega-progetti in Tibet, in particolare quello annunciato il mese scorso: la costruzione di una mega diga sul fiume Yarlung Tsangpo (Brahmaputra) nel punto in cui il fiume compie una deviazione per entrare in India”. Secondo questo fantoccio della propaganda anticinese, “il terremoto rappresenta un avvertimento della natura al governo cinese affinché presti maggiore attenzione alla valutazione dell’impatto ambientale durante la realizzazione di mega-progetti in Tibet”.
Le dichiarazioni di Penpa Tsering lasciano attoniti in quanto, come noto a chiunque abbia nozioni elementari di geologia, quelli che vengono definiti “mega-progetti” non possono avere nessuna influenza sulle attività sismiche. Certamente, l’impatto ambientale dei progetti cinesi deve essere preso in considerazione prima della loro realizzazione (e Pechino negli ultimi anni ha fatto passi da gigante in questo senso), ma sfruttare il terremoto per attaccare il governo cinese appare assai subdolo, oltre che scientificamente infondato. Piuttosto, la propaganda anticinese per la “indipendenza” del Tibet sembra interessata a frenare i progetti di sviluppo che il governo di Pechino ha messo in atto negli ultimi anni, migliorando in maniera netta le condizioni di vita materiale della popolazione locale.
Altri attacchi nei confronti di Pechino vengono scagliati in un comunicato pubblicato sul sito dell’Amministrazione Centrale Tibetana, nome ufficiale del sedicente governo in esilio, sempre a firma del Sikyong Penpa Tsering. In questo comunicato, si accusa il governo cinese di “porre significative sfide alla verifica dell’accuratezza dei rapporti sulle vittime e alla valutazione dell’adeguatezza delle operazioni di soccorso”, citando una fantomatica “dura censura dell’informazione da parte del governo della Repubblica Popolare Cinese”. Attacchi facilmente smentibili, visto che i media ufficiali cinesi tengono costanti aggiornamenti circa la situazione nelle aree colpite, mentre il Presidente Xi Jinping in prima persona ha mobilitato tutte le forze a disposizione per le operazioni di soccorso.
Anziché sfruttare i disastri naturali per attaccare la Cina, queste situazioni dovrebbero invitare l’intera comunità internazionale a riflettere e a dare vita ad una rete di solidarietà che permetta di assistere i paesi colpiti. In un articolo d’opinione recentemente pubblicato sul Global Times, l’editorialista Ding Dong ha giustamente affermato: “Attualmente, sia la Cina che gli Stati Uniti stanno affrontando disastri naturali devastanti, un’occasione per riflettere su come i due paesi possano collaborare”.
Secondo l’autore, il confronto tra il terremoto dello Xizang e gli incendi della California dimostra come il sistema statunitense sia vulnerabile a causa della centralità del settore privato: “Questo riflette l’approccio orientato al mercato, profondamente radicato negli sforzi di recupero dai disastri negli Stati Uniti, dove l’affidamento sui meccanismi privati per la ripresa rende inevitabile il focus sulle assicurazioni. […] Sebbene i risarcimenti assicurativi siano fondamentali per la ripresa a lungo termine, spesso non riescono a soddisfare i bisogni immediati delle vittime dei disastri. Inoltre, questo approccio distoglie l’attenzione dalle conversazioni su come riformare i meccanismi di prevenzione e risposta ai disastri, in particolare il ruolo delle istituzioni governative in tali sforzi”.
Al contrario, la Cina ha dimostrato grande efficacia nei soccorsi organizzati direttamente dal governo centrale, potendo mobilitare tutte le risorse nazionali per assistere le aree colpite dai disastri naturali: “La risposta della Cina ai disastri naturali è caratterizzata da un’azione rapida e collettiva, guidata dal governo, per garantire che nessuno venga lasciato indietro. La capacità del governo di coordinare sforzi di soccorso su larga scala si è dimostrata efficace nel soddisfare i bisogni urgenti delle popolazioni colpite, nel fornire beni essenziali e nel condurre operazioni di soccorso efficienti”.
Nonostante questo, le stesse autorità cinesi sono consapevoli del fatto che l’esperienza e le critiche costruttive possono promuovere un ulteriore miglioramento nel sistema di risposta ai disastri naturali. Mentre la propaganda anticinese ha sfruttato il terremoto dello Xizang per attaccare Pechino, infatti, i cinesi ritengono che l’atteggiamento migliore sia nella cooperazione e nell’apertura ad apprendere le esperienze positive dai sistemi degli altri. Scrive ancora Ding Dong: “Se Cina e Stati Uniti riusciranno a collaborare basandosi su interessi umanitari condivisi – come affrontare il cambiamento climatico o rispondere ai disastri naturali – e utilizzeranno questa cooperazione per migliorare i rispettivi sistemi piuttosto che imporre ideologie o forzare “valori universali” l’uno sull’altro, potranno superare la mentalità del gioco a somma zero. Questo crea un’opportunità per entrambe le parti di sedersi come pari e discutere delle sfide comuni, promuovendo un senso di fiducia reciproca”.
A nostro modo di vedere, gli incendi che stanno devastando la California e il terremoto che ha colpito la contea di Tingri nello Xizang rappresentano due tragedie umanitarie che richiedono solidarietà e cooperazione a livello internazionale, non strumentalizzazioni propagandistiche. Mentre Pechino ha dimostrato la propria capacità di rispondere prontamente alle emergenze, mobilitando risorse nazionali e garantendo soccorsi efficienti, l’atteggiamento denigratorio di alcuni attori internazionali evidenzia un’inutile politicizzazione delle tragedie naturali.
Piuttosto che alimentare divisioni, disastri come questo dovrebbero stimolare una riflessione globale sull’importanza di collaborare per affrontare sfide comuni, come il cambiamento climatico e la prevenzione dei disastri naturali. Solo attraverso un approccio cooperativo, fondato su interessi umanitari condivisi, Cina e Stati Uniti – e con loro l’intera comunità internazionale – potranno superare conflitti ideologici e lavorare insieme per costruire un futuro più sicuro e resiliente per tutti.