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Lorenzo Maria Pacini
January 5, 2025
© Photo: Public domain

Il progetto del Corridoio settentrionale promosso da Russia e Cina ha riaperto l’interesse per l’Artico e i Poli, spingendo il neoeletto Presidente degli Stati Uniti Trump a occuparsi immediatamente della questione.

Segue nostro Telegram.

Nel corso del 2024, la corsa alle rotte nordiche si è intensificata. Il progetto del corridoio Nord promosso da Russia e Cina ha riaperto l’interesse per l’Artico e i Poli, spingendo il neo-eletto Presidente americano Trump a occuparsi della questione sin da subito. Proviamo a capire le ragioni di una possibile “Guerra Artica”.

Uno sguardo verso il Nord

Al famigerato Nord si pensa sempre poco. Al Polo Nord si trova il villaggio di Babbo Natale con i suoi Elfi che producono regali per i bambini buoni, ma niente di più. Siamo abituati a guardare la mappa del mondo dal lato dell’Equatore, ma se proviamo a osservare “dall’alto”, mettendo il Polo al centro, la visione spaziale della geografia terrestre ci permette di fare considerazioni molto diverse.

L’Artico come macroregione copre circa 14 milioni di chilometri quadrati, ospita riserve ancora non precisamente calcolate di idrocarburi, metalli preziosi e terre rare.

La competizione tra le potenze artiche è acuita dalla sovrapposizione di rivendicazioni territoriali sul fondo marino. L’articolo 76 della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS) consente agli Stati di estendere la propria piattaforma continentale, ma le pretese spesso si sovrappongono, come nel caso del Polo Nord, rivendicato da Russia, Danimarca e Canada. La Russia, in particolare, ha intensificato la sua presenza militare nell’Artico, riaprendo basi della Guerra Fredda e sviluppando capacità navali e missilistiche avanzate.

Gli Stati Uniti, inizialmente meno attivi, hanno recentemente incrementato il loro impegno strategico nell’area, vedendo la Russia e la Cina – quest’ultima autodefinita una “nazione quasi artica” – come sfidanti per il controllo delle risorse e delle rotte. La Cina, pur non avendo confini artici, ha investito nel “Polo della Via della Seta”, promuovendo la cooperazione infrastrutturale e scientifica con i Paesi artici.

In questa terra incognita, la Groenlandia, più grande isola al mondo, risiede nella zona settentrionale dell’Atlantico e nel Circolo Polare Artico, occupando una posizione a metà fra America settentrionale ed Europa. Circa l’80% della superficie dell’isola è coperta da una calotta glaciale, seconda per dimensioni solo all’Antartide. Questo strato di ghiaccio, che raggiunge spessori superiori ai 3.000 metri, è una delle principali riserve di acqua dolce del pianeta. Il resto del territorio è costituito da aree costiere libere dai ghiacci, che ospitano tundre e fiordi spettacolari. Presenta anche un altopiano glaciale centrale circondato da montagne costiere, con vette che superano i 3.700 metri, come il Monte Gunnbjørn, il punto più alto dell’isola. I fiordi, profondamente incisi, ospitano ghiacciai attivi che contribuiscono al flusso di iceberg verso l’oceano. Climaticamente… fa freddo!

L’ambizione americana sulla Groenlandia

Il Ciuffo Biondo della Casa Bianca ha subito parlato di Groenlandia e di “conquista” delle terre emerse. Per quale ragione?

La Groenlandia è l’isola più grande del mondo e corrisponde al 22% del territorio degli Stati Uniti, vale a dire la somma di Italia, Francia, Spagna, Germania, Polonia e Regno Unito messi insieme, con soli 60.000 abitanti. È parte del regno di Danimarca ma dotata di ampi poteri autonomi.

Secondo un rapporto dell’US Geological Survey nel sottosuolo (tra terra emersa e pertinenza sui fondali marini) si troverebbero il 13% delle risorse mondiali di petrolio e il 30% di quelle di gas, più oro, rubini, diamanti, zinco, ferro, rame, terre rare e molto uranio, per uno stimato valore complessivo di circa 400 mld di US$, il Pil di un anno per la Danimarca.

Trump già nella estate del 2019 aveva accennato ad una corsa all’oro nella regione, ma c’è molto di più: enormi riserve di petrolio, gas, palladio, nichel, fosfato, bauxite, uranio terre rare e chi più ne ha più ne metta.

Sono presenti già diverse basi militari americane non pubblicizzate, tranne quella nota di Pituffik che è centro di tutta la rete di protezione spaziale NORAD. Non v’è dubbio che il peso strategico principale dell’isola ghiacciata è geo-strategico essendo parte del Polo Nord e controllando l’accesso al Polo per tutto il sud-ovest. D’altronde gli Stati Uniti sono considerati una nazione polare solo per una parte (nord) dell’Alaska, a suo tempo terra russa comprata dagli americani.

Per il Polo Nord, bordeggiando la Siberia, i cinesi pianificano lo sviluppo della loro Via della seta polare, una alternativa strategica per evitare gli stretti del sud-est asiatico (poi Bab el-Mandeb, Mar Rosso, Suez) ed accorciare anche i tempi di traversata per giungere in Europa.

I danesi, molto ecologisti e pacifisti, dovranno affrontare un serio problema di immagine: se arriveranno le autorizzazioni per cominciare a sfruttare le risorse del territorio e chiaramente la situazione cambierà in modo radicale, ove la Danimarca assumerà un ruolo da protagonista sul mercato del nucleare. Per la Groenlandia, invece, l’obiettivo è molto più grande: oltre all’uranio, lo scioglimento dei ghiacciai sta rivelando la presenza di altri tesori nel suo sottosuolo che fanno gola ai giganti delle terre rare e alle industrie strategiche. Il tutto a discapito delle comunità locali e del loro stile di vita, ma ai potenti del mercato questo non importante granché.

Per l’America di Trump ci sono dei vantaggi diplomatici non di poco conto: il Consiglio dell’Artico istituito nel 1991 oggi conta tutti Paesi membri (Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia, Stati Uniti) della NATO, eccetto la Russia che è membro eminentissimo ma è oggetto di conflitto bellico e viene tenuta in disparte a livello decisionale.

L’adesione di Svezia e Finlandia nella NATO è stato un passaggio fondamentale per mettere al sicuro la Guerra Artica. In particolare, con la Finlandia ed in seconda linea Svezia, si minacciano direttamente tra le più importanti basi russe nell’Artico ovvero la penisola di Kola. Con circa 40 vascelli, i russi possono vantare a più grande flotta al mondo di rompighiaccio e la loro presenza rivolta al Polo è ben organizzata e continuamente potenziata.

Pochi giorni fa, Trump ha rilanciato l’idea di acquistare l’isola, idea che gli americani portano avanti sin dal 1867 e che lo stesso Trump aveva messo sul tavolo durante la sua prima presidenza. A seguire ha spostato lì Ken Howery, l’ambasciatore che era in Svezia, colui che ha pilotato evidentemente con argomenti interessanti e convincenti la rinuncia di Stoccolma alla storia neutralità che di più o di meno, durava da due secoli.

Curioso che Howery, giovane leader globale del World Economic Forum, sia stato uno dei fondatori di PayPal e faccia parte della Pay Pal Mafia che annovera assieme Thiel, Musk, Nosek, Levchin. Musk e Howery si ritrovano magicamente insieme. Che curiosa coincidenza.

All’entourage presidenziale interessa la parte Nord della “Terra Verde” in mezzo ai ghiacci – mentre la popolazione è quasi tutta a Sud. Gli inuit sono la popolazione col più alto tasso di suicidi al mondo: annegarli di dollari non fa la felicità, ma magari aiuta. Che si tratti di un acquisto settoriale, di un affitto a lungo termine, di permessi per edificare e di concessioni per estrarre – o magari di una operazione di sovversione politica all’interno degli equilibri di governo danesi -, gli USA sono pronti a giocare la loro mossa.

Ciò è coerente con l’intento americano di “riunificare l’America” per farla grande di nuovo e lo si comprende ancora meglio se consideriamo la coincidenza della questione Panama, per la quale Trump ha ribadito la volontà di annessione. Una strategia che ha senso se consideriamo che Trump prende sul serio l’evoluzione in chiave multipolare del mondo: serve quindi di compattare il proprio polo, mettendo insieme tutti i pezzi, stando pronto a fare la guerra con i nuovi numerosi avversari.

Nuovi passi verso la Guerra Artica

Il progetto del Corridoio settentrionale promosso da Russia e Cina ha riaperto l’interesse per l’Artico e i Poli, spingendo il neoeletto Presidente degli Stati Uniti Trump a occuparsi immediatamente della questione.

Segue nostro Telegram.

Nel corso del 2024, la corsa alle rotte nordiche si è intensificata. Il progetto del corridoio Nord promosso da Russia e Cina ha riaperto l’interesse per l’Artico e i Poli, spingendo il neo-eletto Presidente americano Trump a occuparsi della questione sin da subito. Proviamo a capire le ragioni di una possibile “Guerra Artica”.

Uno sguardo verso il Nord

Al famigerato Nord si pensa sempre poco. Al Polo Nord si trova il villaggio di Babbo Natale con i suoi Elfi che producono regali per i bambini buoni, ma niente di più. Siamo abituati a guardare la mappa del mondo dal lato dell’Equatore, ma se proviamo a osservare “dall’alto”, mettendo il Polo al centro, la visione spaziale della geografia terrestre ci permette di fare considerazioni molto diverse.

L’Artico come macroregione copre circa 14 milioni di chilometri quadrati, ospita riserve ancora non precisamente calcolate di idrocarburi, metalli preziosi e terre rare.

La competizione tra le potenze artiche è acuita dalla sovrapposizione di rivendicazioni territoriali sul fondo marino. L’articolo 76 della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS) consente agli Stati di estendere la propria piattaforma continentale, ma le pretese spesso si sovrappongono, come nel caso del Polo Nord, rivendicato da Russia, Danimarca e Canada. La Russia, in particolare, ha intensificato la sua presenza militare nell’Artico, riaprendo basi della Guerra Fredda e sviluppando capacità navali e missilistiche avanzate.

Gli Stati Uniti, inizialmente meno attivi, hanno recentemente incrementato il loro impegno strategico nell’area, vedendo la Russia e la Cina – quest’ultima autodefinita una “nazione quasi artica” – come sfidanti per il controllo delle risorse e delle rotte. La Cina, pur non avendo confini artici, ha investito nel “Polo della Via della Seta”, promuovendo la cooperazione infrastrutturale e scientifica con i Paesi artici.

In questa terra incognita, la Groenlandia, più grande isola al mondo, risiede nella zona settentrionale dell’Atlantico e nel Circolo Polare Artico, occupando una posizione a metà fra America settentrionale ed Europa. Circa l’80% della superficie dell’isola è coperta da una calotta glaciale, seconda per dimensioni solo all’Antartide. Questo strato di ghiaccio, che raggiunge spessori superiori ai 3.000 metri, è una delle principali riserve di acqua dolce del pianeta. Il resto del territorio è costituito da aree costiere libere dai ghiacci, che ospitano tundre e fiordi spettacolari. Presenta anche un altopiano glaciale centrale circondato da montagne costiere, con vette che superano i 3.700 metri, come il Monte Gunnbjørn, il punto più alto dell’isola. I fiordi, profondamente incisi, ospitano ghiacciai attivi che contribuiscono al flusso di iceberg verso l’oceano. Climaticamente… fa freddo!

L’ambizione americana sulla Groenlandia

Il Ciuffo Biondo della Casa Bianca ha subito parlato di Groenlandia e di “conquista” delle terre emerse. Per quale ragione?

La Groenlandia è l’isola più grande del mondo e corrisponde al 22% del territorio degli Stati Uniti, vale a dire la somma di Italia, Francia, Spagna, Germania, Polonia e Regno Unito messi insieme, con soli 60.000 abitanti. È parte del regno di Danimarca ma dotata di ampi poteri autonomi.

Secondo un rapporto dell’US Geological Survey nel sottosuolo (tra terra emersa e pertinenza sui fondali marini) si troverebbero il 13% delle risorse mondiali di petrolio e il 30% di quelle di gas, più oro, rubini, diamanti, zinco, ferro, rame, terre rare e molto uranio, per uno stimato valore complessivo di circa 400 mld di US$, il Pil di un anno per la Danimarca.

Trump già nella estate del 2019 aveva accennato ad una corsa all’oro nella regione, ma c’è molto di più: enormi riserve di petrolio, gas, palladio, nichel, fosfato, bauxite, uranio terre rare e chi più ne ha più ne metta.

Sono presenti già diverse basi militari americane non pubblicizzate, tranne quella nota di Pituffik che è centro di tutta la rete di protezione spaziale NORAD. Non v’è dubbio che il peso strategico principale dell’isola ghiacciata è geo-strategico essendo parte del Polo Nord e controllando l’accesso al Polo per tutto il sud-ovest. D’altronde gli Stati Uniti sono considerati una nazione polare solo per una parte (nord) dell’Alaska, a suo tempo terra russa comprata dagli americani.

Per il Polo Nord, bordeggiando la Siberia, i cinesi pianificano lo sviluppo della loro Via della seta polare, una alternativa strategica per evitare gli stretti del sud-est asiatico (poi Bab el-Mandeb, Mar Rosso, Suez) ed accorciare anche i tempi di traversata per giungere in Europa.

I danesi, molto ecologisti e pacifisti, dovranno affrontare un serio problema di immagine: se arriveranno le autorizzazioni per cominciare a sfruttare le risorse del territorio e chiaramente la situazione cambierà in modo radicale, ove la Danimarca assumerà un ruolo da protagonista sul mercato del nucleare. Per la Groenlandia, invece, l’obiettivo è molto più grande: oltre all’uranio, lo scioglimento dei ghiacciai sta rivelando la presenza di altri tesori nel suo sottosuolo che fanno gola ai giganti delle terre rare e alle industrie strategiche. Il tutto a discapito delle comunità locali e del loro stile di vita, ma ai potenti del mercato questo non importante granché.

Per l’America di Trump ci sono dei vantaggi diplomatici non di poco conto: il Consiglio dell’Artico istituito nel 1991 oggi conta tutti Paesi membri (Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia, Stati Uniti) della NATO, eccetto la Russia che è membro eminentissimo ma è oggetto di conflitto bellico e viene tenuta in disparte a livello decisionale.

L’adesione di Svezia e Finlandia nella NATO è stato un passaggio fondamentale per mettere al sicuro la Guerra Artica. In particolare, con la Finlandia ed in seconda linea Svezia, si minacciano direttamente tra le più importanti basi russe nell’Artico ovvero la penisola di Kola. Con circa 40 vascelli, i russi possono vantare a più grande flotta al mondo di rompighiaccio e la loro presenza rivolta al Polo è ben organizzata e continuamente potenziata.

Pochi giorni fa, Trump ha rilanciato l’idea di acquistare l’isola, idea che gli americani portano avanti sin dal 1867 e che lo stesso Trump aveva messo sul tavolo durante la sua prima presidenza. A seguire ha spostato lì Ken Howery, l’ambasciatore che era in Svezia, colui che ha pilotato evidentemente con argomenti interessanti e convincenti la rinuncia di Stoccolma alla storia neutralità che di più o di meno, durava da due secoli.

Curioso che Howery, giovane leader globale del World Economic Forum, sia stato uno dei fondatori di PayPal e faccia parte della Pay Pal Mafia che annovera assieme Thiel, Musk, Nosek, Levchin. Musk e Howery si ritrovano magicamente insieme. Che curiosa coincidenza.

All’entourage presidenziale interessa la parte Nord della “Terra Verde” in mezzo ai ghiacci – mentre la popolazione è quasi tutta a Sud. Gli inuit sono la popolazione col più alto tasso di suicidi al mondo: annegarli di dollari non fa la felicità, ma magari aiuta. Che si tratti di un acquisto settoriale, di un affitto a lungo termine, di permessi per edificare e di concessioni per estrarre – o magari di una operazione di sovversione politica all’interno degli equilibri di governo danesi -, gli USA sono pronti a giocare la loro mossa.

Ciò è coerente con l’intento americano di “riunificare l’America” per farla grande di nuovo e lo si comprende ancora meglio se consideriamo la coincidenza della questione Panama, per la quale Trump ha ribadito la volontà di annessione. Una strategia che ha senso se consideriamo che Trump prende sul serio l’evoluzione in chiave multipolare del mondo: serve quindi di compattare il proprio polo, mettendo insieme tutti i pezzi, stando pronto a fare la guerra con i nuovi numerosi avversari.

Il progetto del Corridoio settentrionale promosso da Russia e Cina ha riaperto l’interesse per l’Artico e i Poli, spingendo il neoeletto Presidente degli Stati Uniti Trump a occuparsi immediatamente della questione.

Segue nostro Telegram.

Nel corso del 2024, la corsa alle rotte nordiche si è intensificata. Il progetto del corridoio Nord promosso da Russia e Cina ha riaperto l’interesse per l’Artico e i Poli, spingendo il neo-eletto Presidente americano Trump a occuparsi della questione sin da subito. Proviamo a capire le ragioni di una possibile “Guerra Artica”.

Uno sguardo verso il Nord

Al famigerato Nord si pensa sempre poco. Al Polo Nord si trova il villaggio di Babbo Natale con i suoi Elfi che producono regali per i bambini buoni, ma niente di più. Siamo abituati a guardare la mappa del mondo dal lato dell’Equatore, ma se proviamo a osservare “dall’alto”, mettendo il Polo al centro, la visione spaziale della geografia terrestre ci permette di fare considerazioni molto diverse.

L’Artico come macroregione copre circa 14 milioni di chilometri quadrati, ospita riserve ancora non precisamente calcolate di idrocarburi, metalli preziosi e terre rare.

La competizione tra le potenze artiche è acuita dalla sovrapposizione di rivendicazioni territoriali sul fondo marino. L’articolo 76 della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS) consente agli Stati di estendere la propria piattaforma continentale, ma le pretese spesso si sovrappongono, come nel caso del Polo Nord, rivendicato da Russia, Danimarca e Canada. La Russia, in particolare, ha intensificato la sua presenza militare nell’Artico, riaprendo basi della Guerra Fredda e sviluppando capacità navali e missilistiche avanzate.

Gli Stati Uniti, inizialmente meno attivi, hanno recentemente incrementato il loro impegno strategico nell’area, vedendo la Russia e la Cina – quest’ultima autodefinita una “nazione quasi artica” – come sfidanti per il controllo delle risorse e delle rotte. La Cina, pur non avendo confini artici, ha investito nel “Polo della Via della Seta”, promuovendo la cooperazione infrastrutturale e scientifica con i Paesi artici.

In questa terra incognita, la Groenlandia, più grande isola al mondo, risiede nella zona settentrionale dell’Atlantico e nel Circolo Polare Artico, occupando una posizione a metà fra America settentrionale ed Europa. Circa l’80% della superficie dell’isola è coperta da una calotta glaciale, seconda per dimensioni solo all’Antartide. Questo strato di ghiaccio, che raggiunge spessori superiori ai 3.000 metri, è una delle principali riserve di acqua dolce del pianeta. Il resto del territorio è costituito da aree costiere libere dai ghiacci, che ospitano tundre e fiordi spettacolari. Presenta anche un altopiano glaciale centrale circondato da montagne costiere, con vette che superano i 3.700 metri, come il Monte Gunnbjørn, il punto più alto dell’isola. I fiordi, profondamente incisi, ospitano ghiacciai attivi che contribuiscono al flusso di iceberg verso l’oceano. Climaticamente… fa freddo!

L’ambizione americana sulla Groenlandia

Il Ciuffo Biondo della Casa Bianca ha subito parlato di Groenlandia e di “conquista” delle terre emerse. Per quale ragione?

La Groenlandia è l’isola più grande del mondo e corrisponde al 22% del territorio degli Stati Uniti, vale a dire la somma di Italia, Francia, Spagna, Germania, Polonia e Regno Unito messi insieme, con soli 60.000 abitanti. È parte del regno di Danimarca ma dotata di ampi poteri autonomi.

Secondo un rapporto dell’US Geological Survey nel sottosuolo (tra terra emersa e pertinenza sui fondali marini) si troverebbero il 13% delle risorse mondiali di petrolio e il 30% di quelle di gas, più oro, rubini, diamanti, zinco, ferro, rame, terre rare e molto uranio, per uno stimato valore complessivo di circa 400 mld di US$, il Pil di un anno per la Danimarca.

Trump già nella estate del 2019 aveva accennato ad una corsa all’oro nella regione, ma c’è molto di più: enormi riserve di petrolio, gas, palladio, nichel, fosfato, bauxite, uranio terre rare e chi più ne ha più ne metta.

Sono presenti già diverse basi militari americane non pubblicizzate, tranne quella nota di Pituffik che è centro di tutta la rete di protezione spaziale NORAD. Non v’è dubbio che il peso strategico principale dell’isola ghiacciata è geo-strategico essendo parte del Polo Nord e controllando l’accesso al Polo per tutto il sud-ovest. D’altronde gli Stati Uniti sono considerati una nazione polare solo per una parte (nord) dell’Alaska, a suo tempo terra russa comprata dagli americani.

Per il Polo Nord, bordeggiando la Siberia, i cinesi pianificano lo sviluppo della loro Via della seta polare, una alternativa strategica per evitare gli stretti del sud-est asiatico (poi Bab el-Mandeb, Mar Rosso, Suez) ed accorciare anche i tempi di traversata per giungere in Europa.

I danesi, molto ecologisti e pacifisti, dovranno affrontare un serio problema di immagine: se arriveranno le autorizzazioni per cominciare a sfruttare le risorse del territorio e chiaramente la situazione cambierà in modo radicale, ove la Danimarca assumerà un ruolo da protagonista sul mercato del nucleare. Per la Groenlandia, invece, l’obiettivo è molto più grande: oltre all’uranio, lo scioglimento dei ghiacciai sta rivelando la presenza di altri tesori nel suo sottosuolo che fanno gola ai giganti delle terre rare e alle industrie strategiche. Il tutto a discapito delle comunità locali e del loro stile di vita, ma ai potenti del mercato questo non importante granché.

Per l’America di Trump ci sono dei vantaggi diplomatici non di poco conto: il Consiglio dell’Artico istituito nel 1991 oggi conta tutti Paesi membri (Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia, Stati Uniti) della NATO, eccetto la Russia che è membro eminentissimo ma è oggetto di conflitto bellico e viene tenuta in disparte a livello decisionale.

L’adesione di Svezia e Finlandia nella NATO è stato un passaggio fondamentale per mettere al sicuro la Guerra Artica. In particolare, con la Finlandia ed in seconda linea Svezia, si minacciano direttamente tra le più importanti basi russe nell’Artico ovvero la penisola di Kola. Con circa 40 vascelli, i russi possono vantare a più grande flotta al mondo di rompighiaccio e la loro presenza rivolta al Polo è ben organizzata e continuamente potenziata.

Pochi giorni fa, Trump ha rilanciato l’idea di acquistare l’isola, idea che gli americani portano avanti sin dal 1867 e che lo stesso Trump aveva messo sul tavolo durante la sua prima presidenza. A seguire ha spostato lì Ken Howery, l’ambasciatore che era in Svezia, colui che ha pilotato evidentemente con argomenti interessanti e convincenti la rinuncia di Stoccolma alla storia neutralità che di più o di meno, durava da due secoli.

Curioso che Howery, giovane leader globale del World Economic Forum, sia stato uno dei fondatori di PayPal e faccia parte della Pay Pal Mafia che annovera assieme Thiel, Musk, Nosek, Levchin. Musk e Howery si ritrovano magicamente insieme. Che curiosa coincidenza.

All’entourage presidenziale interessa la parte Nord della “Terra Verde” in mezzo ai ghiacci – mentre la popolazione è quasi tutta a Sud. Gli inuit sono la popolazione col più alto tasso di suicidi al mondo: annegarli di dollari non fa la felicità, ma magari aiuta. Che si tratti di un acquisto settoriale, di un affitto a lungo termine, di permessi per edificare e di concessioni per estrarre – o magari di una operazione di sovversione politica all’interno degli equilibri di governo danesi -, gli USA sono pronti a giocare la loro mossa.

Ciò è coerente con l’intento americano di “riunificare l’America” per farla grande di nuovo e lo si comprende ancora meglio se consideriamo la coincidenza della questione Panama, per la quale Trump ha ribadito la volontà di annessione. Una strategia che ha senso se consideriamo che Trump prende sul serio l’evoluzione in chiave multipolare del mondo: serve quindi di compattare il proprio polo, mettendo insieme tutti i pezzi, stando pronto a fare la guerra con i nuovi numerosi avversari.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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December 17, 2024

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