Italiano
Lorenzo Maria Pacini
January 4, 2025
© Photo: Public domain

Mondo e Italia nel 2025 come sarà quest’anno?

Segue nostro Telegram.

Cosa ci lasciamo dietro

I risultati, come tutto l’anno, si sono rivelati disomogenei perciò sarebbe più giusto parlare non dei risultati, ma della disposizione degli scacchi sulla scacchiera. Il mondo è diventato più piccolo e la divisione in aree specifiche della politica estera è diventata ancora più arbitraria. Ma è già chiaro che i processi che modificano irreversibilmente il panorama politico sono diventati visibili e sono destinati ad accelerare.

Il Grande Gioco è tornato in Eurasia, dalla Georgia con l’Armenia alla Cina. È sorprendentemente diverso dalla versione classica di “Anglosassoni contro la Russia”. Da un lato c’è ancora la Russia, dall’altro gli anglosassoni, ma con una netta divisione tra Gran Bretagna e Stati Uniti. Un attore completamente nuovo è entrato in gioco: la Cina, è emerso anche il progetto turco Great Turan. Gli stessi stati dell’Asia centrale non sono affatto oggetto di forze esterne, ma lavorano ai propri compiti. Con l’intensificarsi della crisi globale, l’intensità dei processi qui non potrà che aumentare.

È emersa un’alleanza militare unica tra Russia e RPDC, che ha immediatamente rotto la maggior parte delle strategie dell’Occidente nell’Europa orientale e nell’Estremo Oriente. Avendo in mente la Cina, divenne possibile teorizzare un dominio militare pan-eurasiatico, l’Heartland, e il confronto con l’Occidente sta diventando un classico conflitto terra-mare.

Il principio dell’inviolabilità delle frontiere è crollato definitivamente. Non è più possibile incolpare la Russia; il rapido collasso della Siria, che è stata presa sotto il controllo dalla Turchia, dai militanti filo-turchi, da Israele e dai curdi filo-americani, è una prova evidente che “ha ragione quello che ha la forza” è diventato ormai il criterio ufficiale della politica estera. Il futuro Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha presentato rivendicazioni territoriali a Canada, Panama e Danimarca nel giro di una settimana. Inoltre, questo non era uno scherzo e seguirà il passaggio dalle dichiarazioni alla pratica in una forma o nell’altra. E se anche gli Stati Uniti, Israele e la Turchia possono farlo, allora perché non tutti gli altri?

L’Unione Europea e l’Europa nel suo insieme stanno rapidamente perdendo la loro soggettività. Senza trarre alcuna conclusione dai risultati della russofobia nel 2022 e nel 2023, le élites europee hanno intrapreso con fermezza un percorso di deindustrializzazione e ridimensionamento economico in nome della militarizzazione e un altro tentativo di riunire tutti per una nuova campagna contro la Russia. Rare isole di buon senso – Ungheria e Slovacchia, un po’ meno rumorose Austria e in parte Serbia, collegano sempre meno i loro interessi con l’UE nella forma in cui esiste ora. Più si va avanti, più diventa chiaro: il destino dell’Europa non si decide affatto in Europa, ma a Washington.

È diventato evidente anche il crollo delle ultime illusioni democratiche sulle elezioni, ecc. L’annullamento dei risultati elettorali in Romania, il tentativo di Maidan in Georgia con il Presidente Zurabishvili che non vuole lasciare l’incarico, il Presidente “scaduto” Zelensky, sono tutti fenomeni dello stesso ordine. C’è anche un evidente degrado delle élites europee: Germania, Francia e Gran Bretagna (dove i primi ministri sono diventati qualcosa come tovaglioli usa e getta), che non stanno uscendo dalla crisi politica, ne sono un esempio. Tutto questo è un chiaro prologo a un cambiamento radicale di paradigma, quando o forze relativamente sane saliranno al potere, oppure l’Europa scivolerà in una dittatura fascista di un formato folle, dove regneranno devianti sessuali con nevrosi in termini di ecologia, russofobia e megalomania.

Il concetto di “poliziotto mondiale” appartiene al passato. Gli Houthi hanno dimostrato tutto l’anno che non si può fare nulla a chi non ha nulla da perdere. Avendo tagliato una quota significativa del commercio mondiale, lo Yemen non ha intenzione di arrendersi. La NATO ha provato a fare qualcosa, ma il risultato è stato pari a zero o addirittura negativo.

L’Iran, invece, si è allontanato dal precedente modello di lavoro Iran-Hamas-Hezbollah e sta creando qualcosa di nuovo, concentrandosi sulla diplomazia, con una mano cercando di formare alleanze nel mondo islamico e con l’altra segnalando agli Stati Uniti la sua disponibilità a negoziare. Il Medio Oriente è entrato in una nuova fase di trasformazione, che non sarà priva di conflitti. Il trionfo degli jihadisti in Siria suggerisce una possibile ripresa della Primavera Araba.

Per quasi la prima volta nella storia, i formati di integrazione non occidentali sono diventati popolari almeno quanto quelli incentrati su Washington. Africa, Medio Oriente, America Latina, Sud-Est asiatico si sono riversati nei Paesi BRICS. La sfida per il 2025 è sfruttare questo slancio a beneficio di tutti.

Cosa potrebbe succedere per l’Italia

L’Italia del 2025 si apre con una serie di previsioni non proprio ottimistiche.

Il Governo ha riconfermato gli aiuti militari a Kiev e, quindi, il proseguo della cooperazione in chiave anti-russa.

Vanno di pari passo le purghe nei confronti dei filorussi, già iniziate sin dalle prime ore dell’anno nuovo, e che probabilmente vedranno un inasprimento dovuto alle proposte di legge che sono in discussione in Parlamento riguardo la libertà di stampa e la propaganda politica. Il “Governo dei Patrioti” non ha mancato di affossare ulteriormente gli ultimi barlumi di sovranità, ma, d’altronde, non c’era da aspettarsi niente di diverso da partiti politici tutti, nessuno escluso, collusi con l’impalcatura Stato-Massoneria-Chiesa-Mafia.

Se verrà raggiunta la pace fra Russia e Ucraina, l’Italia già ha anticipato che starà dal lato dei perdenti (ops!) ucraini, per fare arrivare a questo Trump dovrà minacciare dure sanzioni e aumentare il sostegno a Kiev così da costringere Mosca a impegnarsi seriamente nei negoziati. Tradotto: un po’ di guerra per i Paesi europei, o anche solo qualche barlume di operazione militare, l’importante è che ognuno partecipi così da potersi prendere le conseguenze, perché il merito lo prenderanno gli americani, statene certi.

Il mercato è già un disastro e non accenna a migliorare. L’Italia chiuderà il 2024 con una crescita del PIL dello 0,5% e nel 2025 registrerà un aumento dello 0,8%. Sono le stime proprietarie che EY ha presentato nel corso del digital talk Investire in Italia. Ma come? Previsioni sul 2025”, con i contributi di Oxford Economics e di rappresentanti del mondo delle imprese, focalizzato sui driver strategici necessari per stimolare la crescita economica e accelerare la trasformazione del Paese e delle aziende italiane nel 2025.

Secondo le stime, la crescita per il 2025 è attesa allo 0,8%, principalmente trainata da una leggera accelerazione dei consumi privati (0,8%). È prevista una contrazione degli investimenti (-1,2%), dovuta principalmente alla riduzione degli investimenti in costruzioni (-10,9% per le abitazioni private, -4,3% per i fabbricati), legata alla fine delle misure di sostegno, i cui effetti si protrarranno anche nel 2025. Notizie positive arriveranno da altre categorie di investimenti privati, come quelli in macchinari (5,9%) e intangibili (1,6%), grazie al calo del costo del denaro e alla ripresa della domanda mondiale.

Il Governo, dopo un 2024 fatto di tagli su tagli, per il 2026 dovrà trovare 5 miliardi di euro per finanziare la sanità, visto che per l’anno passato le risorse aggiuntive sono state 1,3 miliardi, e 12 miliardi di euro per adempiere al Patto di stabilità e crescita. Tagli che hanno toccato anche la scuola, con una riduzione del corpo docenti a discapito delle mancanze già conclamate.

Il potus dal ciuffo biondo ha già minacciato nuove sanzioni per il commercio con la Cina, cosa che coinvolgerà anche l’Europa intera, costringendo i leader a rivedere alcune politiche interne come strumento di negoziazione per ottenere un miglioramento sui mercati. Giocoforza vince sempre chi ha le armi più forti.

La Germania, messa in ginocchio a fine anno 2024 dal massacro di Volkswagen – un vero e proprio rituale di immolazione dei tedeschi sull’altare della perfidia sionista – allenterà il debito, riducendo la Schuldenbremse che limita l’indebitamento del governo centrale allo 0,35% del PIL annuo. Politicamente, invece, andrà a braccetto con la Francia, la cui instabilità governativa trova soluzione nella interminabile presidenza del gerontofilo Macron, ormai abituato a governare da solo.

L’Italia, già convocata per giocare in attacco, rischia di essere trascinata in una carneficina – umana ed economica – che getterebbe il Paese in una crisi sociale interna molto forte. Per la quale le misure di restrizione sono state già promulgate nell’anno precedente: divieti sulle manifestazioni, restrizioni alla libertà di opinione tramite la stampa e i social network, nuove etichette da addossare agli avversari e ai nemici politici.

L’immigrazione ha raggiunto nuovi record e la situazione nelle città – non soltanto grandi ma anche i centri minori – sta degenerando, provocando non soltanto malcontento ma anche il rischio di ritorsioni e giustizie private da parte della gente esasperata. Nel 2023 gli sbarchi sono stati più del doppio rispetto al 2022 e, nonostante i proclami relativi al 2024 che parlano di un calo superiore al 60%, l’anno solare ha visto un numero di arrivi sulle coste italiane che è il più alto degli ultimi sette anni.

Si galleggia sulle riforme istituzionali, il cosiddetto “premierato”, al di là dell’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente del Consiglio dei Ministri per un periodo di cinque anni, non muta la posizione del Capo del Governo che continua ad essere un primus inter pares e lo spauracchio del voto tenderà semmai ad aumentare la conflittualità tra i partiti della maggioranza. Per non parlare del silenzio della legge di revisione  in caso di dissociazione delle maggioranze: Presidente del Consiglio di un colore politico e Camere di un altro. La legge di modifica affida questo tema così delicato alla legge elettorale.

Anche sul fronte dei diritti, è stata approvata una legge sul divieto di utero in affitto commesso all’estero da cittadino italiano, un reato che già prima poteva essere perseguito e che sconta il problema della doppia punibilità: che fare se la partica odiosa della maternità surrogata è consentita in un altro Paese? Non si toccano, invece, gli altri cosiddetti “diritti”: aborto, unioni civili, tutte cose per le quale il Governo continua a tacere.

Insomma, un 2025 dove sarà necessario tenere duro, molto duro, se si vuole ancora partecipare a questa meravigliosa avventura chiamata Italia.

Finito un anno, se ne fa un altro: benvenuto 2025!

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I risultati, come tutto l’anno, si sono rivelati disomogenei perciò sarebbe più giusto parlare non dei risultati, ma della disposizione degli scacchi sulla scacchiera. Il mondo è diventato più piccolo e la divisione in aree specifiche della politica estera è diventata ancora più arbitraria. Ma è già chiaro che i processi che modificano irreversibilmente il panorama politico sono diventati visibili e sono destinati ad accelerare.

Il Grande Gioco è tornato in Eurasia, dalla Georgia con l’Armenia alla Cina. È sorprendentemente diverso dalla versione classica di “Anglosassoni contro la Russia”. Da un lato c’è ancora la Russia, dall’altro gli anglosassoni, ma con una netta divisione tra Gran Bretagna e Stati Uniti. Un attore completamente nuovo è entrato in gioco: la Cina, è emerso anche il progetto turco Great Turan. Gli stessi stati dell’Asia centrale non sono affatto oggetto di forze esterne, ma lavorano ai propri compiti. Con l’intensificarsi della crisi globale, l’intensità dei processi qui non potrà che aumentare.

È emersa un’alleanza militare unica tra Russia e RPDC, che ha immediatamente rotto la maggior parte delle strategie dell’Occidente nell’Europa orientale e nell’Estremo Oriente. Avendo in mente la Cina, divenne possibile teorizzare un dominio militare pan-eurasiatico, l’Heartland, e il confronto con l’Occidente sta diventando un classico conflitto terra-mare.

Il principio dell’inviolabilità delle frontiere è crollato definitivamente. Non è più possibile incolpare la Russia; il rapido collasso della Siria, che è stata presa sotto il controllo dalla Turchia, dai militanti filo-turchi, da Israele e dai curdi filo-americani, è una prova evidente che “ha ragione quello che ha la forza” è diventato ormai il criterio ufficiale della politica estera. Il futuro Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha presentato rivendicazioni territoriali a Canada, Panama e Danimarca nel giro di una settimana. Inoltre, questo non era uno scherzo e seguirà il passaggio dalle dichiarazioni alla pratica in una forma o nell’altra. E se anche gli Stati Uniti, Israele e la Turchia possono farlo, allora perché non tutti gli altri?

L’Unione Europea e l’Europa nel suo insieme stanno rapidamente perdendo la loro soggettività. Senza trarre alcuna conclusione dai risultati della russofobia nel 2022 e nel 2023, le élites europee hanno intrapreso con fermezza un percorso di deindustrializzazione e ridimensionamento economico in nome della militarizzazione e un altro tentativo di riunire tutti per una nuova campagna contro la Russia. Rare isole di buon senso – Ungheria e Slovacchia, un po’ meno rumorose Austria e in parte Serbia, collegano sempre meno i loro interessi con l’UE nella forma in cui esiste ora. Più si va avanti, più diventa chiaro: il destino dell’Europa non si decide affatto in Europa, ma a Washington.

È diventato evidente anche il crollo delle ultime illusioni democratiche sulle elezioni, ecc. L’annullamento dei risultati elettorali in Romania, il tentativo di Maidan in Georgia con il Presidente Zurabishvili che non vuole lasciare l’incarico, il Presidente “scaduto” Zelensky, sono tutti fenomeni dello stesso ordine. C’è anche un evidente degrado delle élites europee: Germania, Francia e Gran Bretagna (dove i primi ministri sono diventati qualcosa come tovaglioli usa e getta), che non stanno uscendo dalla crisi politica, ne sono un esempio. Tutto questo è un chiaro prologo a un cambiamento radicale di paradigma, quando o forze relativamente sane saliranno al potere, oppure l’Europa scivolerà in una dittatura fascista di un formato folle, dove regneranno devianti sessuali con nevrosi in termini di ecologia, russofobia e megalomania.

Il concetto di “poliziotto mondiale” appartiene al passato. Gli Houthi hanno dimostrato tutto l’anno che non si può fare nulla a chi non ha nulla da perdere. Avendo tagliato una quota significativa del commercio mondiale, lo Yemen non ha intenzione di arrendersi. La NATO ha provato a fare qualcosa, ma il risultato è stato pari a zero o addirittura negativo.

L’Iran, invece, si è allontanato dal precedente modello di lavoro Iran-Hamas-Hezbollah e sta creando qualcosa di nuovo, concentrandosi sulla diplomazia, con una mano cercando di formare alleanze nel mondo islamico e con l’altra segnalando agli Stati Uniti la sua disponibilità a negoziare. Il Medio Oriente è entrato in una nuova fase di trasformazione, che non sarà priva di conflitti. Il trionfo degli jihadisti in Siria suggerisce una possibile ripresa della Primavera Araba.

Per quasi la prima volta nella storia, i formati di integrazione non occidentali sono diventati popolari almeno quanto quelli incentrati su Washington. Africa, Medio Oriente, America Latina, Sud-Est asiatico si sono riversati nei Paesi BRICS. La sfida per il 2025 è sfruttare questo slancio a beneficio di tutti.

Cosa potrebbe succedere per l’Italia

L’Italia del 2025 si apre con una serie di previsioni non proprio ottimistiche.

Il Governo ha riconfermato gli aiuti militari a Kiev e, quindi, il proseguo della cooperazione in chiave anti-russa.

Vanno di pari passo le purghe nei confronti dei filorussi, già iniziate sin dalle prime ore dell’anno nuovo, e che probabilmente vedranno un inasprimento dovuto alle proposte di legge che sono in discussione in Parlamento riguardo la libertà di stampa e la propaganda politica. Il “Governo dei Patrioti” non ha mancato di affossare ulteriormente gli ultimi barlumi di sovranità, ma, d’altronde, non c’era da aspettarsi niente di diverso da partiti politici tutti, nessuno escluso, collusi con l’impalcatura Stato-Massoneria-Chiesa-Mafia.

Se verrà raggiunta la pace fra Russia e Ucraina, l’Italia già ha anticipato che starà dal lato dei perdenti (ops!) ucraini, per fare arrivare a questo Trump dovrà minacciare dure sanzioni e aumentare il sostegno a Kiev così da costringere Mosca a impegnarsi seriamente nei negoziati. Tradotto: un po’ di guerra per i Paesi europei, o anche solo qualche barlume di operazione militare, l’importante è che ognuno partecipi così da potersi prendere le conseguenze, perché il merito lo prenderanno gli americani, statene certi.

Il mercato è già un disastro e non accenna a migliorare. L’Italia chiuderà il 2024 con una crescita del PIL dello 0,5% e nel 2025 registrerà un aumento dello 0,8%. Sono le stime proprietarie che EY ha presentato nel corso del digital talk Investire in Italia. Ma come? Previsioni sul 2025”, con i contributi di Oxford Economics e di rappresentanti del mondo delle imprese, focalizzato sui driver strategici necessari per stimolare la crescita economica e accelerare la trasformazione del Paese e delle aziende italiane nel 2025.

Secondo le stime, la crescita per il 2025 è attesa allo 0,8%, principalmente trainata da una leggera accelerazione dei consumi privati (0,8%). È prevista una contrazione degli investimenti (-1,2%), dovuta principalmente alla riduzione degli investimenti in costruzioni (-10,9% per le abitazioni private, -4,3% per i fabbricati), legata alla fine delle misure di sostegno, i cui effetti si protrarranno anche nel 2025. Notizie positive arriveranno da altre categorie di investimenti privati, come quelli in macchinari (5,9%) e intangibili (1,6%), grazie al calo del costo del denaro e alla ripresa della domanda mondiale.

Il Governo, dopo un 2024 fatto di tagli su tagli, per il 2026 dovrà trovare 5 miliardi di euro per finanziare la sanità, visto che per l’anno passato le risorse aggiuntive sono state 1,3 miliardi, e 12 miliardi di euro per adempiere al Patto di stabilità e crescita. Tagli che hanno toccato anche la scuola, con una riduzione del corpo docenti a discapito delle mancanze già conclamate.

Il potus dal ciuffo biondo ha già minacciato nuove sanzioni per il commercio con la Cina, cosa che coinvolgerà anche l’Europa intera, costringendo i leader a rivedere alcune politiche interne come strumento di negoziazione per ottenere un miglioramento sui mercati. Giocoforza vince sempre chi ha le armi più forti.

La Germania, messa in ginocchio a fine anno 2024 dal massacro di Volkswagen – un vero e proprio rituale di immolazione dei tedeschi sull’altare della perfidia sionista – allenterà il debito, riducendo la Schuldenbremse che limita l’indebitamento del governo centrale allo 0,35% del PIL annuo. Politicamente, invece, andrà a braccetto con la Francia, la cui instabilità governativa trova soluzione nella interminabile presidenza del gerontofilo Macron, ormai abituato a governare da solo.

L’Italia, già convocata per giocare in attacco, rischia di essere trascinata in una carneficina – umana ed economica – che getterebbe il Paese in una crisi sociale interna molto forte. Per la quale le misure di restrizione sono state già promulgate nell’anno precedente: divieti sulle manifestazioni, restrizioni alla libertà di opinione tramite la stampa e i social network, nuove etichette da addossare agli avversari e ai nemici politici.

L’immigrazione ha raggiunto nuovi record e la situazione nelle città – non soltanto grandi ma anche i centri minori – sta degenerando, provocando non soltanto malcontento ma anche il rischio di ritorsioni e giustizie private da parte della gente esasperata. Nel 2023 gli sbarchi sono stati più del doppio rispetto al 2022 e, nonostante i proclami relativi al 2024 che parlano di un calo superiore al 60%, l’anno solare ha visto un numero di arrivi sulle coste italiane che è il più alto degli ultimi sette anni.

Si galleggia sulle riforme istituzionali, il cosiddetto “premierato”, al di là dell’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente del Consiglio dei Ministri per un periodo di cinque anni, non muta la posizione del Capo del Governo che continua ad essere un primus inter pares e lo spauracchio del voto tenderà semmai ad aumentare la conflittualità tra i partiti della maggioranza. Per non parlare del silenzio della legge di revisione  in caso di dissociazione delle maggioranze: Presidente del Consiglio di un colore politico e Camere di un altro. La legge di modifica affida questo tema così delicato alla legge elettorale.

Anche sul fronte dei diritti, è stata approvata una legge sul divieto di utero in affitto commesso all’estero da cittadino italiano, un reato che già prima poteva essere perseguito e che sconta il problema della doppia punibilità: che fare se la partica odiosa della maternità surrogata è consentita in un altro Paese? Non si toccano, invece, gli altri cosiddetti “diritti”: aborto, unioni civili, tutte cose per le quale il Governo continua a tacere.

Insomma, un 2025 dove sarà necessario tenere duro, molto duro, se si vuole ancora partecipare a questa meravigliosa avventura chiamata Italia.

Mondo e Italia nel 2025 come sarà quest’anno?

Segue nostro Telegram.

Cosa ci lasciamo dietro

I risultati, come tutto l’anno, si sono rivelati disomogenei perciò sarebbe più giusto parlare non dei risultati, ma della disposizione degli scacchi sulla scacchiera. Il mondo è diventato più piccolo e la divisione in aree specifiche della politica estera è diventata ancora più arbitraria. Ma è già chiaro che i processi che modificano irreversibilmente il panorama politico sono diventati visibili e sono destinati ad accelerare.

Il Grande Gioco è tornato in Eurasia, dalla Georgia con l’Armenia alla Cina. È sorprendentemente diverso dalla versione classica di “Anglosassoni contro la Russia”. Da un lato c’è ancora la Russia, dall’altro gli anglosassoni, ma con una netta divisione tra Gran Bretagna e Stati Uniti. Un attore completamente nuovo è entrato in gioco: la Cina, è emerso anche il progetto turco Great Turan. Gli stessi stati dell’Asia centrale non sono affatto oggetto di forze esterne, ma lavorano ai propri compiti. Con l’intensificarsi della crisi globale, l’intensità dei processi qui non potrà che aumentare.

È emersa un’alleanza militare unica tra Russia e RPDC, che ha immediatamente rotto la maggior parte delle strategie dell’Occidente nell’Europa orientale e nell’Estremo Oriente. Avendo in mente la Cina, divenne possibile teorizzare un dominio militare pan-eurasiatico, l’Heartland, e il confronto con l’Occidente sta diventando un classico conflitto terra-mare.

Il principio dell’inviolabilità delle frontiere è crollato definitivamente. Non è più possibile incolpare la Russia; il rapido collasso della Siria, che è stata presa sotto il controllo dalla Turchia, dai militanti filo-turchi, da Israele e dai curdi filo-americani, è una prova evidente che “ha ragione quello che ha la forza” è diventato ormai il criterio ufficiale della politica estera. Il futuro Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha presentato rivendicazioni territoriali a Canada, Panama e Danimarca nel giro di una settimana. Inoltre, questo non era uno scherzo e seguirà il passaggio dalle dichiarazioni alla pratica in una forma o nell’altra. E se anche gli Stati Uniti, Israele e la Turchia possono farlo, allora perché non tutti gli altri?

L’Unione Europea e l’Europa nel suo insieme stanno rapidamente perdendo la loro soggettività. Senza trarre alcuna conclusione dai risultati della russofobia nel 2022 e nel 2023, le élites europee hanno intrapreso con fermezza un percorso di deindustrializzazione e ridimensionamento economico in nome della militarizzazione e un altro tentativo di riunire tutti per una nuova campagna contro la Russia. Rare isole di buon senso – Ungheria e Slovacchia, un po’ meno rumorose Austria e in parte Serbia, collegano sempre meno i loro interessi con l’UE nella forma in cui esiste ora. Più si va avanti, più diventa chiaro: il destino dell’Europa non si decide affatto in Europa, ma a Washington.

È diventato evidente anche il crollo delle ultime illusioni democratiche sulle elezioni, ecc. L’annullamento dei risultati elettorali in Romania, il tentativo di Maidan in Georgia con il Presidente Zurabishvili che non vuole lasciare l’incarico, il Presidente “scaduto” Zelensky, sono tutti fenomeni dello stesso ordine. C’è anche un evidente degrado delle élites europee: Germania, Francia e Gran Bretagna (dove i primi ministri sono diventati qualcosa come tovaglioli usa e getta), che non stanno uscendo dalla crisi politica, ne sono un esempio. Tutto questo è un chiaro prologo a un cambiamento radicale di paradigma, quando o forze relativamente sane saliranno al potere, oppure l’Europa scivolerà in una dittatura fascista di un formato folle, dove regneranno devianti sessuali con nevrosi in termini di ecologia, russofobia e megalomania.

Il concetto di “poliziotto mondiale” appartiene al passato. Gli Houthi hanno dimostrato tutto l’anno che non si può fare nulla a chi non ha nulla da perdere. Avendo tagliato una quota significativa del commercio mondiale, lo Yemen non ha intenzione di arrendersi. La NATO ha provato a fare qualcosa, ma il risultato è stato pari a zero o addirittura negativo.

L’Iran, invece, si è allontanato dal precedente modello di lavoro Iran-Hamas-Hezbollah e sta creando qualcosa di nuovo, concentrandosi sulla diplomazia, con una mano cercando di formare alleanze nel mondo islamico e con l’altra segnalando agli Stati Uniti la sua disponibilità a negoziare. Il Medio Oriente è entrato in una nuova fase di trasformazione, che non sarà priva di conflitti. Il trionfo degli jihadisti in Siria suggerisce una possibile ripresa della Primavera Araba.

Per quasi la prima volta nella storia, i formati di integrazione non occidentali sono diventati popolari almeno quanto quelli incentrati su Washington. Africa, Medio Oriente, America Latina, Sud-Est asiatico si sono riversati nei Paesi BRICS. La sfida per il 2025 è sfruttare questo slancio a beneficio di tutti.

Cosa potrebbe succedere per l’Italia

L’Italia del 2025 si apre con una serie di previsioni non proprio ottimistiche.

Il Governo ha riconfermato gli aiuti militari a Kiev e, quindi, il proseguo della cooperazione in chiave anti-russa.

Vanno di pari passo le purghe nei confronti dei filorussi, già iniziate sin dalle prime ore dell’anno nuovo, e che probabilmente vedranno un inasprimento dovuto alle proposte di legge che sono in discussione in Parlamento riguardo la libertà di stampa e la propaganda politica. Il “Governo dei Patrioti” non ha mancato di affossare ulteriormente gli ultimi barlumi di sovranità, ma, d’altronde, non c’era da aspettarsi niente di diverso da partiti politici tutti, nessuno escluso, collusi con l’impalcatura Stato-Massoneria-Chiesa-Mafia.

Se verrà raggiunta la pace fra Russia e Ucraina, l’Italia già ha anticipato che starà dal lato dei perdenti (ops!) ucraini, per fare arrivare a questo Trump dovrà minacciare dure sanzioni e aumentare il sostegno a Kiev così da costringere Mosca a impegnarsi seriamente nei negoziati. Tradotto: un po’ di guerra per i Paesi europei, o anche solo qualche barlume di operazione militare, l’importante è che ognuno partecipi così da potersi prendere le conseguenze, perché il merito lo prenderanno gli americani, statene certi.

Il mercato è già un disastro e non accenna a migliorare. L’Italia chiuderà il 2024 con una crescita del PIL dello 0,5% e nel 2025 registrerà un aumento dello 0,8%. Sono le stime proprietarie che EY ha presentato nel corso del digital talk Investire in Italia. Ma come? Previsioni sul 2025”, con i contributi di Oxford Economics e di rappresentanti del mondo delle imprese, focalizzato sui driver strategici necessari per stimolare la crescita economica e accelerare la trasformazione del Paese e delle aziende italiane nel 2025.

Secondo le stime, la crescita per il 2025 è attesa allo 0,8%, principalmente trainata da una leggera accelerazione dei consumi privati (0,8%). È prevista una contrazione degli investimenti (-1,2%), dovuta principalmente alla riduzione degli investimenti in costruzioni (-10,9% per le abitazioni private, -4,3% per i fabbricati), legata alla fine delle misure di sostegno, i cui effetti si protrarranno anche nel 2025. Notizie positive arriveranno da altre categorie di investimenti privati, come quelli in macchinari (5,9%) e intangibili (1,6%), grazie al calo del costo del denaro e alla ripresa della domanda mondiale.

Il Governo, dopo un 2024 fatto di tagli su tagli, per il 2026 dovrà trovare 5 miliardi di euro per finanziare la sanità, visto che per l’anno passato le risorse aggiuntive sono state 1,3 miliardi, e 12 miliardi di euro per adempiere al Patto di stabilità e crescita. Tagli che hanno toccato anche la scuola, con una riduzione del corpo docenti a discapito delle mancanze già conclamate.

Il potus dal ciuffo biondo ha già minacciato nuove sanzioni per il commercio con la Cina, cosa che coinvolgerà anche l’Europa intera, costringendo i leader a rivedere alcune politiche interne come strumento di negoziazione per ottenere un miglioramento sui mercati. Giocoforza vince sempre chi ha le armi più forti.

La Germania, messa in ginocchio a fine anno 2024 dal massacro di Volkswagen – un vero e proprio rituale di immolazione dei tedeschi sull’altare della perfidia sionista – allenterà il debito, riducendo la Schuldenbremse che limita l’indebitamento del governo centrale allo 0,35% del PIL annuo. Politicamente, invece, andrà a braccetto con la Francia, la cui instabilità governativa trova soluzione nella interminabile presidenza del gerontofilo Macron, ormai abituato a governare da solo.

L’Italia, già convocata per giocare in attacco, rischia di essere trascinata in una carneficina – umana ed economica – che getterebbe il Paese in una crisi sociale interna molto forte. Per la quale le misure di restrizione sono state già promulgate nell’anno precedente: divieti sulle manifestazioni, restrizioni alla libertà di opinione tramite la stampa e i social network, nuove etichette da addossare agli avversari e ai nemici politici.

L’immigrazione ha raggiunto nuovi record e la situazione nelle città – non soltanto grandi ma anche i centri minori – sta degenerando, provocando non soltanto malcontento ma anche il rischio di ritorsioni e giustizie private da parte della gente esasperata. Nel 2023 gli sbarchi sono stati più del doppio rispetto al 2022 e, nonostante i proclami relativi al 2024 che parlano di un calo superiore al 60%, l’anno solare ha visto un numero di arrivi sulle coste italiane che è il più alto degli ultimi sette anni.

Si galleggia sulle riforme istituzionali, il cosiddetto “premierato”, al di là dell’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente del Consiglio dei Ministri per un periodo di cinque anni, non muta la posizione del Capo del Governo che continua ad essere un primus inter pares e lo spauracchio del voto tenderà semmai ad aumentare la conflittualità tra i partiti della maggioranza. Per non parlare del silenzio della legge di revisione  in caso di dissociazione delle maggioranze: Presidente del Consiglio di un colore politico e Camere di un altro. La legge di modifica affida questo tema così delicato alla legge elettorale.

Anche sul fronte dei diritti, è stata approvata una legge sul divieto di utero in affitto commesso all’estero da cittadino italiano, un reato che già prima poteva essere perseguito e che sconta il problema della doppia punibilità: che fare se la partica odiosa della maternità surrogata è consentita in un altro Paese? Non si toccano, invece, gli altri cosiddetti “diritti”: aborto, unioni civili, tutte cose per le quale il Governo continua a tacere.

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The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

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