Elezioni terminate, squadra di governo composta, convenevoli svolti in tutto il mondo. Adesso è il momento di fare i conti, perché da qui al giuramento presidenziale di gennaio possono capitare molte cose nel mondo.
Trump o Harris, alla finanza americana non cambia molto
Larry Fink. Un nome, una garanzia. Il miliardario Ceo di BlackRock, il più grande gestore patrimoniale del mondo, aveva già le idee chiare a ottobre, durante la conferenza ospitata dalla Securities Industry and Financial Markets Association: «Sono stanco di sentire che questa è la più grande elezione della vostra vita. La realtà è che nel tempo non ha importanza». Perché il fatto importante è che sia i Dem che i Rep hanno investimenti in corso con il gigante finanziario, come ha spiegato Fink «lavoriamo con entrambe le amministrazioni e stiamo conversando con entrambi i candidati».
BlackRock ha, dunque, una porta girevole con il governo degli Stati Uniti. Veterani dell’asset manager hanno ricoperto ruoli di alto livello nel Tesoro dell’amministrazione di Joe Biden. Un dirigente di BlackRock è stato anche un importante consigliere economico di Kamala Harris. Il Tesoro di Trump, invece, è stato gestito dall’ex direttore informatico di Goldman Sachs, Steven Mnuchin, che ha fatto fortuna come gestore di hedge fund e si è ritrovato con cariche politiche.
La sfida delle elezioni USA 2024 era una corsa a chi otteneva più sostegno da Wall Street.
Trump sta molto simpatico alla finanza internazionale: da presidente ha ridotto significativamente le tasse sui ricchi, portando i miliardari a pagare meno della classe operaia. Nel 2018 le 400 famiglie statunitensi più ricche hanno pagato un’aliquota fiscale effettiva media del 23%, inferiore alla media del 24,2% pagata dal 50% inferiore delle famiglie. Calcoli alla mano, il 5% più ricco degli americani vedrebbe un taglio delle tasse di almeno l’1,2%, mentre il 95% inferiore delle persone dovrà pagare di più, compreso un aumento delle tasse del 4,8% per il 20% più povero del Paese. Uno dei principali finanziatori delle campagne presidenziali di Trump, nel 2024 e nel 2020, è il miliardario amministratore delegato di Blackstone, Stephen Schwarzman (casualmente sionista), considerato il più grande finanziatore politico di Wall Street, che nel 2022 è stato proclamato l’amministratore delegato più pagato dell’industria dei servizi finanziari statunitense. Coerentemente con la logica turbo-capitalista, Blackstone, che possiede il maggior numero di unità abitative in affitto negli USA, ha sfrattato in massa inquilini, contribuendo alla crisi dei senzatetto, cresciuta del 12% nel 2023.
Sebbene BlackRock e Blackstone siano due società diverse, hanno storie comuni e BlackRock possiede il 6,56% di Blackstone, diventando così il secondo azionista. Un caso? Il maggiore azionista di Blackstone è Vanguard, che detiene una quota del 9,05%. Il quarto azionista è State Street, che detiene il 4,12%.
BlackRock, Vanguard e State Street sono conosciuti come i “tre grandi” gestori di fondi indicizzati statunitensi. In un paper del 2017 è stato notato che i Big Three sono i maggiori azionisti di 438 società dell’S&P 500, un indice composto dalle 500 maggiori società quotate nelle borse statunitensi. Queste 438 aziende costituivano l’88% del totale delle società dell’S&P 500 e rappresentavano l’82% della capitalizzazione di mercato dell’indice all’epoca.
L’oligarchia è la forma politica fattuale degli Stati Uniti d’America.
Veniamo alle elezioni appena concluse: sono state le seconde più costose nella storia americana, dopo quelle del 2020. Forse sarà un caso, ma negli ultimi 20 anni, i candidati più finanziati da Wall Street sono quelli che hanno vinto le elezioni alla Camera e al Senato. Nessuna correlazione?
Trump è un ottimo investimento
Wall Street sembra desiderosa di capitalizzare la vittoria di Donald Trump: i Big Three – BlackRock, Vanguard e State Street – non si sono lasciati scoraggiare dalla possibilità di una sua vittoria e rimangono ottimisti dopo le elezioni, prevedendo una crescita del mercato, un’impennata di tecnologia e criptovalute e un dollaro più forte sotto Trump.
Il ciuffo biondo che tornerà a Washington è in perfetta sintonia con BlackRock riguardo le criptovalute, tanto che ha promesso di rendere l’America la capitale mondiale delle cripto ed ha suggerito ai cittadini di investire in Bitcoin come bene di rifugio.
Lo scorso 11 gennaio BlackRock ha lanciato il suo iShares Bitcoin ETF (IBIT), il cui fondo è rapidamente diventato il più grande al mondo. Quest’anno l’azienda è balzata agli onori della cronaca per il suo aggressivo accumulo di asset in criptovalute. Sarà un caso, ma subito dopo la vittoria di Trump il mercato delle cripto è impennato, con un nuovo record storico del valore di Bitcoin.
Facciamo attenzione a cosa ha dichiarato BlackRock non appena Trump è stato eletto: «Una vittoria di Trump apre le porte a tagli fiscali, deregolamentazione e politiche commerciali più severe. Il controllo della Camera è fondamentale. L’elevato deficit di bilancio è uno dei fattori che, a nostro avviso, farà salire l’inflazione e i rendimenti dei Treasury a lungo termine».
Si tenga a mente che il controllo della Camera – dove ancora non vi è una maggioranza assoluta dei Rep rispetto ai Dem – darebbe all’amministrazione Trump più ampi poteri per attuare il suo programma fiscale, energetico, commerciale e normativo. I futures dell’S&P 500 sono balzati di oltre il 2% a un livello record, mentre il dollaro americano è salito e i rendimenti obbligazionari statunitensi sono aumentati.
«Sul commercio, Trump ha proposto un’ampia gamma di tariffe, tra cui il 60% sulla Cina e tariffe universali del 10-20%» prosegue il comunicato di BlackRock. «La vittoria di Trump comporterà probabilmente una certa deregolamentazione, compresa la riduzione delle norme bancarie, anche se le big tech potrebbero rimanere un obiettivo bipartisan dell’antitrust. Con Trump, i repubblicani puntano a incrementare la produzione di energia, anche se la produzione di petrolio e gas negli Stati Uniti ha già raggiunto i massimi storici e l’aumento della produzione richiede tempo. La riduzione di alcune parti dell’Inflation Reduction Act, come i crediti per i veicoli elettrici, è all’ordine del giorno, ma la completa abrogazione sembra improbabile, a nostro avviso. Ci aspettiamo che Trump persegua la riforma dei permessi per espandere le infrastrutture energetiche».
Detto in altre parole: siamo pronti a investire, capitalizzare, arricchirci ancora di più. La questione politica è relativa. Con la vittoria di Trump, ancora una volta l’egemone del capitale si prepara a speculare e lucrare a discapito delle masse. Business is business.