Un secolo di vita per il Partito Comunista di Cuba, più forte del blocco imposto da Washington, grazie anche alla lunga amicizia con Mosca
Sotto le bombe franchiste che cadono in quell’estate 1937 su Valencia, Madrid e Barcellona i due grandi poeti e saggisti comunisti Juan Marinello e Nicolás Guillén partecipano a nome di Cuba al secondo Congresso Internazionale degli Scrittori per la Difesa della Cultura, consolidando tra loro una già avviata amicizia, chiamata a vincere le molte tribolazioni dell’isola caraibica in quegli stessi anni e nei seguenti. Tra le colleghe e i colleghi di tutto il mondo che incontrano, anche l’affermata romanziera tedesca Anna Seghers, che diverrà loro amica e condividerà con Nicolás Guillén nel secondo dopoguerra l’incarico di presidentessa dell’Unione degli scrittori, lei nella Germania socialista, lui nella Cuba approdata con i fratelli Castro alla Rivoluzione.
La storia del comunismo cubano è complicata dall’occupazione de facto statunitense, sostituitasi agli albori del Novecento alla secolare colonizzazione spagnola iniziata ai tempi di Cristoforo Colombo.
Proprio durante la dittatura del generale Gerardo Machado, al potere dal 1925, nell’agosto dello stesso anno un gruppo ardimentoso di studenti, operai e contadini fonda il Partito Comunista di Cuba, il quale tuttavia dovrà operare a lungo in clandestinità. Tra loro Julio Antonio Mella costretto dalla violenza repressiva del regime all’esilio in Messico, in cui conosce l’amore della fotografa italiana Tina Modotti, ma sarà trucidato nel gennaio 1929 dai sicari di Machado.
Qualche margine di azione, per quei ragazzi che guardano a Mosca, subentra con la convergenza tra lavoratori e militari, capaci unitariamente nel 1933 di mettere in fuga il dittatore, anche grazie agli scioperi generali organizzati dal giovane Rubén Martínez Villena, alla guida in quel periodo del Partito Comunista di Cuba dopo un soggiorno di due anni in Unione Sovietica, in cui ha fatto amicizia con Stalin e Molotov, Togliatti e Dimitrov.
Nasce in quel 1933 un nuovo governo deciso a intraprendere iniziative sociali, impossibilitate a lenire la generale povertà, ma certamente volte a portare sollievo alle situazioni più urgenti. Tra i sergenti schieratisi dalla parte delle masse più umili vi è Fulgencio Batista, il quale sveltamente si autoproclama colonnello e tuttavia, appena Washington contesta le eccessive proposte sociali del nuovo presidente Ramón Grau San Martín, si adopera per rimuoverlo, divenendo l’arbitro per lunghi anni della politica dell’isola caraibica, sebbene inizialmente, in particolare in quelli dell’alleanza tra sovietici e statunitensi nella coalizione anti – hitleriana, mostri attenzione verso le richieste dei lavoratori e sia tollerante con i comunisti che, soprattutto in ragione dell’alleanza tra Stalin e Roosevelt, escono dalla clandestinità.
Proprio tra il 1933 e il 1934, l’anno in cui Nicolás Guillén pubblica la straordinaria e toccante raccolta “West Indies Ltd.”, emerge tra i comunisti la figura di Blas Roca, giovane avvocato marxista che ne diviene segretario, assolvendo a questo incarico per un lungo e tormentato trentennio, fino alla vittoria castrista. Nel settembre 1938 il Partito Comunista di Cuba viene finalmente ammesso legalmente nella vita politica e l’anno seguente si fonde con il Partito di Unione Rivoluzionaria, fondato nel 1937 e guidato da Juan Marinello, dando vita all’Unione Comunista Rivoluzionaria, fortemente sostenuta dalla Confederazione dei Lavoratori Cubani, guidata dal comunista Lázaro Peña.
Fulgencio Batista, sempre attento ai desideri di Washington, ma ancora lontano dal violento asservimento alla Casa Bianca a cui si presterà con il colpo di stato del 1952, nel quadriennio 1940-1944 diventa presidente per contro della Coalizione Socialista Democratica, composta da sei forze politiche, tra cui i comunisti, i quali eleggono all’Assemblea Costituente, chiamata a redigere e approvare la nuova Costituzione, una decina di deputati tra cui Juan Marinello e Blas Roca. A fine legislatura, nel 1944, già intuendo il vento anticomunista che soffia dagli Stati Uniti, i comunisti optano per un nuovo nome: Partito Socialista Popolare, alle elezioni il consenso resta buono e Juan Marinello nel 1946 diventa per un biennio vicepresidente del Senato, tuttavia la Guerra Fredda incombe, il quotidiano comunista “Hoy” viene ben presto messo fuorilegge e nel biennio 1952 – ‘53, quando la dittatura batistiana si dispiega con più violenza, al pari del “Movimento 26 luglio” dei fratelli Fidel e Raul Castro, anche il Partito Socialista Popolare viene messo fuori legge.
Quando dalla Sierra Maestra prende avvio il riscatto di Cuba nel dicembre 1956, con una ventina di sopravvissuti allo sbarco del Granma, tra cui i Castro, Ernesto Che Guevara, Camilo Cienfuegos, Ramiro Valdés, Juan Almeida, il Partito Socialista Popolare è diffidente, mal riconoscendosi nella scelta della lotta armata dell’Esercito Ribelle, in egual modo i castristi diffidano del Partito Socialista Popolare e sono dubbiosi di un loro coinvolgimento rivoluzionario in ragione del loro passato, certo segnato dalla concreta lotta per i diritti dei cittadini e dei lavoratori, ma sempre compromissoriamente attestati nella scelta di un gradualismo legalitario.
Sarà il biennio 1957 – 1958 a vincere le reciproche incomprensioni, anche in ragione dell’affluire di molti giovani comunisti nelle file dell’Esercito Ribelle, dando prova di coraggio dall’Escambray alla battaglia di Santa Clara, così come risulterà fondamentale il sostegno portato nelle città dai comunisti per la vittoria della Rivoluzione.
Gli avvenimenti convincono Nicolás Guillén, in esilio proprio perché comunista, a rientrare dopo quasi un decennio di amichevole ospitalità offertagli da paesi socialisti dell’Europa Orientale, certo generosi, ma molto lontani con i loro rigidi e freddi inverni e le loro candide e abbondanti nevi dal suo cuore tropicale, si ricordi, tra le tante poesie di quel tempo, “La piccola ballata di Plovdiv”, scritta mentre condivide in Bulgaria la nostalgia della patria con un altro grande poeta, il turco Nazim Hikmet.
Con il 1° gennaio 1959 inizia una stagione che, tra molti slanci e qualche errore, continua nel presente, il socialismo cubano trova nell’avvocato Osvaldo Dorticós, già collaboratore di Marinello negli anni ‘40, il presidente della Repubblica e in Carlos Rafael Rodriguez il dirigente comunista più vicino ai fratelli Castro, i quali compiono nel 1961 la definitiva scelta di collaborare con i sovietici, scegliendo di orientarsi verso il marxismo – leninismo, così a giugno di quell’anno il “Movimento 26 luglio”, la “Direzione Rivoluzionaria 13 Marzo” di Faure Chomón e il Partito Socialista Popolare si fondono nelle Organizzazioni Rivoluzionarie Integrate, le quali a loro volta nel 1962 si trasformano nel Partito Unito della Rivoluzione Socialista di Cuba, per giungere poi il 3 ottobre 1965 alla nascita dell’attuale Partito Comunista di Cuba.
Il giorno seguente alla fondazione del Partito, nasce il “Granma”, quotidiano del Partito e alla fine di quel mese “Juventud Rebelde”, organo dell’UJC – Unione dei Giovani Comunisti. Il “Granma” prende il posto di due fogli antecedenti, il “Revolución”, organo del “Movimento 26 luglio”, fin dall’inizio della lotta nella Sierra Maestra, affermatosi come mezzo d’informazione di quelle porzioni dell’isola che man mano venivano liberate, di cui a lungo direttore è Enrique de la Osa e fotografo Alberto Korda e quello dei comunisti: “Hoy”, editato per la prima volta il 30 aprile 1938, in vista della ricorrenza del primo maggio del giorno successivo, a lungo vietato e obbligato a uscire clandestinamente, tornato a regolare pubblicazione solo con la vittoria della Rivoluzione castrista.
Quei primi anni rivoluzionari sono certamente i più eroici ed esaltanti, casa, lavoro, assistenza, salute e cultura per ogni cittadino, l’eliminazione dell’analfabetismo mandando le ragazze e i ragazzi nelle campagne, riuscendo così, sul modello di quanto realizzato prima dai sovietici e poi dai comunisti cinesi, a trasformare l’isola nel primo territorio totalmente alfabetizzato dell’America Latina, la riforma agraria, la fine delle ingerenze statunitensi, con il duro correlato del blocco economico e finanziario che ancora oggi danneggia l’isola, l’alleanza con il campo socialista che porta il presidente statunitense John Fitzgerlad Kennedy al tentativo di distruggere la Rivoluzione con la fortunatamente fallita invasione di Playa Giron nel 1961 e l’anno seguente minacciando di bombardare l’isola per la presenza dei missili sovietici.
Da allora sono trascorsi molti anni, fino al 1990 l’aiuto sovietico è stato preponderante, permettendo all’isola di concentrarsi nella produzione della monocultura dello zucchero, la scomparsa del campo socialista europeo – orientale ha gravato pesantemente su Cuba, già danneggiata dalle sanzioni e dal blocco statunitense, eppure il popolo ha sempre trovato la forza e l’intelligenza di proseguire un cammino di dignità e di partecipazione che prosegue nel tempo presente con il presidente Miguel Díaz-Canel, anche segretario dei comunisti cubani, i quali, come dimostra la presenza il 9 maggio scorso di Díaz-Canel a Mosca per il Giorno della Vittoria e il 3 settembre 2025 a Pechino per la celebrazione della fine del secondo conflitto mondiale in Asia, ha nella Russia e nella Cina Popolare i fondamentali alleati per affrontare le difficili sfide del tempo presente.


