Niente di più inopportuno e fuori luogo. Meloni attacca la Russia frontalmente, dimostrando per l’ennesima volta una serie di difetti politici rilevanti.
Se mia nonna avesse le ruote
Un vecchio detto popolare toscano recita, con fare scherzosa, “se mia nonna avesse le ruote sarebbe un carretto”. Possiamo tranquillamente riadattarlo, senza timore di errare, alle capacità di politica estera di Giorgia Meloni, dicendo “se la Meloni avesse capacità, governerebbe bene”, o qualcosa di simile.
La Primo Ministro italiana ha infatti speso esternazioni a casaccio, come si addice ai politici italiani, riguardo le relazioni fra Russia e Ucraina. A pochi giorni dal termine dei negoziati in Turchia, Meloni, evidentemente non informata che l’argomento dei negoziati era ormai già vecchio per la stampa internazionale, ha dichiarato: «Si sta lavorando a un nuovo turno di negoziati e la prima cosa che dobbiamo fare è ringraziare il presidente Zelensky e il governo ucraino, che hanno dimostrato in queste settimane la sincera volontà di cercare la pace, accettando i negoziati. Dall’altra parte non abbiamo visto alcun passo concreto da parte russa al momento. Vale la pena ricordarlo per smontare una certa narrativa per cui i russi sarebbero stati disponibili alla pace». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in dichiarazioni alla stampa con Mette Frederiksen, primo ministro di Danimarca, dopo l’incontro a Palazzo Chigi, «Al di là di date e luoghi, la priorità a cui arrivare è che ci siano negoziati seri, in cui gli interlocutori vogliano tutti manifestare la disponibilità e la voglia di fare passi avanti. Questo è il centro del lavoro che dobbiamo fare adesso, per arrivare a un cessate il fuoco e un accordo di pace complessivo, che non può prescindere da garanzie sicurezza per l’Ucraina».
Niente di più inopportuno e fuori luogo. Meloni attacca la Russia frontalmente, dimostrando per l’ennesima volta una serie di difetti politici rilevanti. Per prima cosa, l’Italia non è nella posizione internazionale di criticare la Russia, né per valore politico, né per potenza militare, né economico-finanziaria, né come eventuale riferimento diplomatico di chissà che cosa. La disparità è talmente palese da risultare imbarazzante. L’Italia è talmente ipocrita da aver sparato a zero sulla Russia sin dal primo giorno della Operazione Militare Speciale (e anche da prima), sottoscrivendo tutti i pacchetti di sanzioni, e poi, ad esempio, ricompra il gas russo semplicemente sotto stato di materia diverso, pagandolo una cifra spropositatamente più alto.
Una mossa geniale. Imbarazzante. Occorrerebbe una petizione per l’acquisto di un corso base di diplomazia, perché continuando così l’Italia rischia di essere vista nel “resto del mondo” come lo stivale degli spavaldi che si atteggiano ad una misura che non quella vera.
In secondo luogo, non ci si intromette nelle vicende diplomatiche altrui, specie in stato di conflitto armato, se non si è chiamati in causa. Ammettendo che l’appello sia giunto da Londra o Washington, o dallo stesso Zelensky che piange miseria e bussa alla porta dei leader europei per mendicare armi, si tratta di una mancanza di rispetto e di un errore di politica estera da vari principianti. Commentare a sproposito è sempre fallimentare. Se qualcuno le ha consigliato di farlo, invece, allora sarà meglio provvedere ad una sostituzione del posto di lavoro.
I negoziati, infatti, sono seri sin dall’inizio, quando Mosca ha proposto, già dal marzo 2022, le trattative con l’Ucraina, la quale si faceva forte del sostegno della NATO, delle parole altisonanti dei leader occidentali pronti a imporre sanzioni, blocchi, esclusioni e inviare armi a non finire, ma l’entusiasmo è durato poco e ora quegli stessi “paladini” della bandiera giallo-blu si sono dileguati come topi e lasciano Zelensky andare verso il disastro finale da solo.
Probabilmente la Meloni non ricorda che le trattative ci sono già state, si chiamano Accordi di Minsk 1 e Minsk 2, trattati che l’Ucraina ha continuato impunemente a violare, fino ai fatti di febbraio 2022. Forse Meloni dimentica anche che il suo partito, ai tempi, si professava filorusso e ambiva a far muovere denaro da oltre la “cortina di ferro” degli stereotipi degli italiani.
Meloni si è fatta megafono delle stesse parole di Zelensky, niente di più, niente di meno. D’altronde ha firmato un accordo decennale di forniture di armi all’Ucraina, quindi il conflitto di interesse per il governo italiano c’è e ci sarà sempre.
La stessa ha affermato di aver chiamato Papa Leone XIV chiedendogli la disponibilità per tenere nuovi incontri in Vaticano, che pare sia stata confermata, e subito dopo ha chiamato i suoi amici Macron, Merz e Stubb per dirgli che aveva fatto bene i compiti a casa. Ovviamente Trump è informato di tutto, come si addice fare alle donne della servitù domestica.
Giorgia Meloni è una delle prime responsabili della situazione in cui ci troviamo oggi, anche se prova a vendersi come promotrice di pace. Ha predicato per anni che bisognava scommettere sulla vittoria dell’Ucraina, votando tutti i pacchetti di Mario Draghi e proponendone di nuovi, così come ha fatto anche con le sanzioni, di cui ha già confermato dieci pacchetti, più quelli prima di essere eletta.
Il tentativo di tenere rapporti cordiali con Trump è una sorta di salvagente disperato lanciato verso l’Atlantico, con la speranza che il Potus non confermi la sua distanza dall’Europa. Nei giorni scorsi aveva comunicato che la UE se la sarebbe dovuta vedere da sola, lasciano la porta aperta a pochi selezionati, i suoi più fedeli seguaci del Vecchio Continente, una fatto che ha destabilizzato l’opinione pubblica, ma che ad osservarlo bene sembra più il ricatto morale del prepotente bullo che a scuola non ottiene quello che voleva. Intanto sta già pensando a ottenere quello che vuole per il dopoguerra, imbastendo i grandi affari immobiliari per ricostruire su più fronti un impero finanziario, seppur non americano, perlomeno personale.