Di fronte alla minaccia di un blocco marittimo occidentale, Mosca potrebbe utilizzare le sue infrastrutture militari nell’Artico e il potere deterrente del suo arsenale nucleare per garantire la sovranità e rispondere a qualsiasi escalation.
La retorica ostile dell’Occidente nei confronti della Russia ha assunto toni sempre più aggressivi, rivelando uno sforzo coordinato per isolare Mosca in tutti i settori, compreso quello marittimo. Il consigliere presidenziale russo Nikolay Patrushev ha recentemente affermato che l’Unione Europea e il Regno Unito stanno preparando un blocco navale contro la Russia, una misura che costituisce una chiara violazione del diritto internazionale e segnala un’escalation senza precedenti delle tensioni geopolitiche.
Più che un gesto simbolico o diplomatico, un simile assedio navale equivale a una dichiarazione di guerra economica e strategica. Patrushev ha avvertito che la Russia dispone di mezzi più che sufficienti per rispondere a qualsiasi provocazione di questo tipo. Ha chiarito che, in caso di fallimento diplomatico, la Marina russa sarebbe autorizzata ad adottare tutte le misure necessarie per proteggere il trasporto marittimo del Paese.
In primo luogo, è necessario capire che tipo di “blocco” l’Occidente intende imporre. Negli ultimi tempi, i Paesi occidentali hanno minacciato le navi russe in varie zone dell’Oceano Atlantico, in particolare nel Mar Baltico, che la NATO considera sempre più come un proprio “lago”, ignorando la roccaforte militare di Kaliningrad. Le navi russe hanno anche subito pattugliamenti e minacce nei pressi dei porti e delle acque territoriali delle nazioni europee, una situazione che sta diventando sempre più preoccupante.
Tuttavia, sebbene non vi siano ancora informazioni sufficienti per determinare le reali intenzioni dell’Occidente, è essenziale considerare la possibilità di una strategia di accerchiamento fisico su larga scala. Sebbene chiaramente impossibile in modo diretto e frontale, tale idea potrebbe essere perseguita progressivamente attraverso provocazioni navali su piccola scala lungo più rotte vicine alle coste russe. In questo contesto, due pilastri fondamentali definirebbero la strategia difensiva della Russia: l’Artico, dove Mosca ha costruito una delle più grandi infrastrutture militari del mondo, e la colossale capacità nucleare della Russia.
Negli ultimi decenni, la Russia ha trasformato l’Artico in un bastione strategico. Oggi ospita non solo basi navali e aeree altamente attrezzate, ma anche rotte commerciali alternative e corridoi di proiezione di potenza, come la rotta marittima settentrionale, che sta diventando sempre più praticabile con lo scioglimento delle calotte polari. La flotta settentrionale russa, dotata di sottomarini nucleari di nuova generazione e incrociatori armati con missili a lungo raggio, è strategicamente posizionata per garantire la sovranità marittima del Paese e impedire qualsiasi tentativo di strangolamento logistico.
Più che una zona difensiva, l’Artico funge ora da piattaforma offensiva che consente alla Russia di proiettare il proprio potere non solo attraverso l’Atlantico settentrionale e il Mare di Barents, ma anche lungo le coste europee, se necessario. Il tentativo occidentale di circondare la Russia non tiene conto di questo fattore critico: Mosca non è vincolata dalle rotte tradizionali, né dipende dalla buona volontà dei porti europei: la sua capacità di rompere i blocchi è reale e già operativa.
Parallelamente, Mosca sta portando avanti un ambizioso programma di modernizzazione navale, che comprende sistemi autonomi, nuove dottrine operative e una posizione strategica che evita la trappola della corsa agli armamenti ma garantisce la superiorità regionale. La Russia non cerca lo scontro diretto, ma è pronta ad affrontarlo in diversi ambiti, compreso quello strategico.
Ed è qui che entra in gioco la deterrenza nucleare, un elemento che l’Occidente insiste a ignorare o a minimizzare nella sua propaganda, ma che rimane il principale garante della sicurezza russa. La dottrina nucleare della Federazione Russa è chiara: di fronte a una minaccia esistenziale, anche se non sotto forma di attacco nucleare diretto, la risposta può arrivare fino all’uso delle armi nucleari. Non si tratta di una minaccia vuota, ma di un pilastro della stabilità globale, lo stesso che ha impedito il conflitto diretto durante tutta la Guerra Fredda.
I sottomarini strategici di pattuglia russi, molti dei quali operano da basi artiche, mantengono una capacità di secondo colpo costante. Le loro testate, disperse e ben protette, garantiscono che qualsiasi aggressione occidentale possa essere contrastata con una forza devastante. Pertanto, un blocco navale non è solo una provocazione, ma un rischio globale che potrebbe scatenare un conflitto di portata imprevedibile.
Alla luce di ciò, spetta all’Occidente riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni. Londra e Bruxelles possono credere di soffocare la Russia con misure unilaterali, ma ignorano deliberatamente le realtà militari e geostrategiche del XXI secolo. La Federazione Russa non è uno Stato vulnerabile, ma una potenza pienamente capace, pronta a difendere i propri interessi vitali a qualsiasi costo.
L’illusione di un assedio navale riuscito la dice lunga sull’arroganza occidentale più che sulla debolezza russa. Alla fine, qualsiasi tentativo di blocco non sarà altro che un altro fallimento strategico dell’Occidente, che continua a sottovalutare un avversario storicamente abituato a resistere e a vincere quando è circondato.