Italiano
Lorenzo Maria Pacini
March 21, 2025
© Photo: Public domain

E se gli USA abbandonassero la NATO e si unissero alla SCO?

Segue nostro Telegram.

Una lunga storia non proprio fatta di amore

Nei primi anni successivi alla creazione dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) nel giugno 2001, il governo e il mondo accademico degli Stati Uniti la consideravano un’entità poco strutturata, caratterizzata da divergenze interne e obiettivi contrastanti. Di conseguenza, non nutrivano grandi aspettative sul suo sviluppo e tendevano a trascurarla. Tuttavia, grazie all’impegno costante degli Stati membri, in particolare nel contrastare l’avanzata della “marea democratica” in Asia centrale, la coesione interna della SCO si rafforzò progressivamente. Questo portò gli Stati Uniti a preoccuparsi del fatto che la crescita dell’organizzazione potesse compromettere i loro interessi nella regione. Di fronte a questa evoluzione, accademici ed esperti di politica iniziarono a sollecitare il governo americano affinché prestasse maggiore attenzione all’influenza emergente della SCO.

Fino al 2005, il Servizio di Ricerca del Congresso (CRS) menzionava raramente la SCO nei suoi rapporti annuali sulla situazione dell’Asia centrale, e anche il mondo accademico americano non le dedicava studi approfonditi. Tuttavia, il passaggio dal meccanismo dei Cinque di Shanghai alla creazione di una nuova organizzazione regionale ha richiesto solo sei anni, durante i quali la SCO ha iniziato a esercitare un’influenza significativa sugli affari dell’Asia centrale. Questo ha spinto diversi studiosi americani a sollecitare le amministrazioni statunitensi a prestare maggiore attenzione alla SCO.

L’atteggiamento degli Stati Uniti verso la SCO si è trasformato nel tempo: dall’indifferenza iniziale, è passato al dubbio e infine a una maggiore considerazione. Alcuni eventi chiave del 2005 hanno portato a un deciso aumento della vigilanza americana nei confronti dell’organizzazione. Dopo il vertice della SCO ad Astana, gli Stati Uniti hanno rivisto la loro politica nei confronti dell’organizzazione, temendo che potesse diventare uno strumento nelle mani di Russia e Cina per consolidare la loro influenza in Asia centrale.

Un momento cruciale è stato il 1° luglio 2005, quando Russia e Cina hanno pubblicato una dichiarazione congiunta sull’ordine internazionale del XXI secolo, percepita come una sfida diretta alla politica statunitense nella regione. Successivamente, la richiesta americana di ottenere lo status di osservatore nella SCO è stata respinta, mentre paesi come l’Iran sono stati accettati. Il 5 luglio, al termine del vertice della SCO, è stata rilasciata una dichiarazione che chiedeva agli Stati Uniti di stabilire un calendario per il ritiro delle loro truppe dall’Asia centrale. Pochi giorni dopo, il 29 luglio, il governo uzbeko ha formalmente richiesto agli Stati Uniti di ritirare le proprie forze dal paese entro sei mesi.

A partire dal 2005, dunque, e in particolare con le audizioni del Congresso degli Stati Uniti nel 2006, l’analisi strategica americana sulla SCO è diventata più approfondita, evidenziando il ruolo crescente dell’organizzazione nel limitare la presenza statunitense in Asia centrale.

Il 2005 è stato anche un anno caratterizzato da una serie di “rivoluzioni colorate” nella regione. A febbraio, in Kirghizistan, ha avuto luogo la cosiddetta Rivoluzione dei Tulipani, mentre a maggio i disordini di Andijan hanno scosso l’Uzbekistan. In risposta a questi eventi, la SCO ha adottato nuove strategie, inclusa l’ammissione dell’India, del Pakistan e dell’Iran come osservatori. Durante il vertice di Astana, i leader della SCO hanno chiesto il ritiro delle truppe americane dall’Asia centrale, una richiesta che è stata respinta con fermezza dagli Stati Uniti.

L’allora Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld ha visitato Tagikistan e Kirghizistan per rafforzare i legami con questi paesi. Tuttavia, gli Stati Uniti erano consapevoli che la richiesta della SCO di ritirare le basi militari dalla regione avrebbe avuto un impatto diretto sulle operazioni antiterrorismo in Afghanistan e sugli interessi strategici americani in Asia centrale, Medio Oriente e Asia meridionale. Inoltre, i media statunitensi hanno iniziato a criticare il governo americano per aver sottovalutato la SCO, con alcuni commentatori che evidenziavano il cambio di prospettiva: inizialmente l’organizzazione era stata liquidata come irrilevante, ma ora veniva riconosciuta come un attore significativo.

Con l’aumento della coesione tra i membri della SCO e la loro crescente opposizione alla presenza americana in Asia centrale, gli strateghi statunitensi hanno iniziato a ritenere che l’organizzazione potesse costituire una minaccia concreta per gli interessi degli Stati Uniti nella regione. Gli esperti hanno avvertito che ignorare la SCO avrebbe potuto compromettere lo status degli Stati Uniti come potenza globale, in quanto l’organizzazione sembrava sempre più intenzionata a ridurre l’influenza americana in Asia centrale.

L’episodio di Andijan ha avuto conseguenze profonde sulla politica uzbeka e sulla competizione tra le potenze esterne nella regione. Mentre gli Stati Uniti spingevano per un’indagine internazionale sui fatti di Andijan, il governo uzbeko ha cercato il supporto di Russia e Cina, evitando qualsiasi pressione esterna. Ciò ha portato a una maggiore assertività dell’Uzbekistan, culminata nella richiesta di ritiro delle truppe americane, che rifletteva chiaramente il desiderio di Mosca e Pechino di ridimensionare la presenza statunitense.

L’adattamento alla crescita della SCO

Una volta compreso che la SCO non era soltanto un semplice forum di discussione, il governo americano ha modificato la propria strategia. Gli studiosi statunitensi hanno suggerito che, se gli Stati Uniti volevano mantenere una presenza in Asia centrale, avrebbero dovuto prendere seriamente in considerazione l’organizzazione. Alcuni esperti hanno proposto di richiedere nuovamente lo status di osservatore nella SCO, mentre la posizione ufficiale del governo si è orientata verso un rafforzamento delle relazioni bilaterali con i paesi dell’Asia centrale.

Gli Stati Uniti hanno quindi sviluppato diverse strategie per contenere l’influenza della SCO, tra cui:

  • Piano di integrazione economica tra Asia centrale e meridionale – Questo programma mirava a rafforzare le infrastrutture e i legami economici tra le due regioni, creando una rete di collaborazione che contrastasse la crescente influenza della SCO.
  • Approfondimento delle relazioni bilaterali – Washington ha cercato di consolidare i rapporti con paesi come Kazakistan e Kirghizistan, allontanandoli dalla SCO.
  • Coinvolgimento indiretto – Il governo statunitense ha iniziato a dialogare con la SCO su questioni regionali, cercando di ridurre le tensioni e i sospetti reciproci.
  • Rafforzamento delle alleanze tradizionali – Gli Stati Uniti hanno lavorato per mantenere il loro ruolo in Asia centrale attraverso la NATO, l’OSCE e l’Unione Europea.

Nonostante queste iniziative, alcuni analisti hanno continuato a sostenere che la SCO non avesse la forza militare ed economica per competere con gli Stati Uniti. Tuttavia, la crescente collaborazione tra i suoi membri indicava che l’organizzazione rappresentava un elemento di stabilità per i regimi della regione, fornendo un’alternativa alla leadership occidentale.

Sebbene alcuni politici americani temessero che la SCO potesse evolversi in una sorta di “nuovo Patto di Varsavia”, altri esperti ritenevano che, per quanto la competizione tra Stati Uniti, Russia e Cina fosse evidente, essa non dovesse necessariamente trasformarsi in uno scontro a somma zero. Piuttosto, la cooperazione su questioni come il contrasto al terrorismo e il traffico illecito avrebbe potuto portare a un equilibrio più stabile nella regione.

 

Qualche motivo per cambiare gioco

Il principale ostacolo che impedisce agli Stati Uniti di raggiungere i propri obiettivi di sicurezza e strategia nella regione è il divario politico e culturale esistente tra gli USA e i paesi membri della SCO. I decisori politici statunitensi potrebbero superare queste difficoltà attraverso una collaborazione con l’organizzazione. Un’alleanza con la SCO permetterebbe all’ISAF e alla NATO di ottenere una maggiore legittimità culturale e concettuale, oltre a una più ampia accettazione, elementi che attualmente mancano. Questa legittimazione faciliterebbe il rafforzamento dei legami tra gli Stati Uniti, le popolazioni locali, i governi degli Stati membri e altri attori regionali, contribuendo agli sforzi di riconciliazione.

Tuttavia, entrambe le parti hanno delle preoccupazioni in merito a questa cooperazione. Gli Stati Uniti temono che un’eventuale collaborazione possa conferire maggiore legittimità alla SCO, rendendola più influente e potenzialmente trasformandola in un rivale strategico degli USA e delle organizzazioni sostenute dall’Occidente. Sebbene queste preoccupazioni siano comprensibili, se si adottasse una prospettiva più ottimista, i benefici derivanti dalla cooperazione supererebbero i costi. Inoltre, mantenere relazioni positive con gli Stati membri della SCO impedirebbe che l’organizzazione diventi un avversario strategico più forte per gli USA.

Va inoltre considerata la disponibilità dei governi dell’Asia Centrale a collaborare con gli Stati Uniti, specialmente alla luce del rifiuto della richiesta di Washington di ottenere lo status di osservatore nella SCO nel 2005. A quel tempo, gli Stati della regione temevano che l’ingresso degli USA avrebbe portato a interferenze nei loro affari interni. Dopo il rigetto della candidatura americana, il Comitato di Ricerca della Camera ha pubblicato uno studio in cui sosteneva che la partecipazione alla SCO non fosse necessaria per gli Stati Uniti.

Eppure, il crescente senso di insicurezza tra i membri della SCO riguardo alla situazione in Afghanistan e il ruolo chiave che le forze statunitensi svolgono in quel contesto potrebbero spingere questi paesi a collaborare più strettamente con gli USA nelle questioni dell’Asia Centrale. Inoltre, la disponibilità degli Stati Uniti a lavorare con i membri della SCO potrebbe rappresentare un segnale positivo per quei paesi, dimostrando la volontà americana di limitare le proprie interferenze nella regione.

Parallelamente, la SCO sembra interessata a espandere la propria influenza. Durante un discorso a Tashkent nel 2010, l’ex presidente cinese Hu Jintao ha sottolineato la necessità di aumentare il numero di paesi con lo status di osservatore per favorire una maggiore cooperazione, creare un ambiente più amichevole, promuovere la pace, la prosperità e la stabilità globali, oltre a sviluppare vantaggi reciproci (“Hu Jintao to meet with”, 2010). Se gli Stati Uniti riuscissero a comunicare in modo efficace le proprie proposte per la crescita dell’organizzazione, potrebbero contribuire al suo sviluppo e facilitarne il raggiungimento degli obiettivi dichiarati.

Gli USA potrebbero collaborare con la SCO in diversi modi, sia direttamente che indirettamente. Un approccio diretto potrebbe coinvolgere la NATO o l’ISAF. Indipendentemente dalla modalità di cooperazione scelta, questa relazione potrebbe rivelarsi vantaggiosa per tutte le parti coinvolte. Tuttavia, una relazione diretta con la SCO potrebbe essere ancora più fruttuosa, consentendo agli Stati Uniti di esercitare una maggiore influenza sulle attività e sulle decisioni dell’organizzazione. Pur non potendo agire unilateralmente tramite l’ISAF o la NATO, gli USA avrebbero comunque la possibilità di orientare la crescita e lo sviluppo della SCO.

Andando dritti ad alcuni punti chiave, gli USA potrebbero trarre vantaggio da una alleanza con la SCO per le seguenti ragioni:

  • La SCO ha un approccio più efficace in termini di costi alla sicurezza, meno dispendioso e più pulito.
  • La SCO non richiede il dispiegamento delle truppe, quindi costa molto di meno ma non per questo fa venire meno l’influenza su scala globale.
  • È un ottimo lasciapassare diplomatico.
  • Permetterebbe di coinvolgere il Global South e di promuovere una visione multipolare del mondo intero.
  • Permetterebbe agli USA di avere accesso a sorgenti e mercati dell’energia che al momento sono preclusi.
  • Significherebbe una crescita molto importante del mercato, accedendo all’intera Eurasia.

Per concludere, non dimentichiamoci di ragionare di dati: la SCO conta 10 Stati membri e 2 osservatori, copre l’80& dell’Eurasia, rappresenta il 40% della popolazione mondiale e il 30% del PIL globale, gestendo il 20% del commercio e detenendo il 20% del petrolio e il 44% delle riserve di gas.

Tutte cose che l’America non ha.

L’arte del compromesso: gli USA davanti la SCO

E se gli USA abbandonassero la NATO e si unissero alla SCO?

Segue nostro Telegram.

Una lunga storia non proprio fatta di amore

Nei primi anni successivi alla creazione dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) nel giugno 2001, il governo e il mondo accademico degli Stati Uniti la consideravano un’entità poco strutturata, caratterizzata da divergenze interne e obiettivi contrastanti. Di conseguenza, non nutrivano grandi aspettative sul suo sviluppo e tendevano a trascurarla. Tuttavia, grazie all’impegno costante degli Stati membri, in particolare nel contrastare l’avanzata della “marea democratica” in Asia centrale, la coesione interna della SCO si rafforzò progressivamente. Questo portò gli Stati Uniti a preoccuparsi del fatto che la crescita dell’organizzazione potesse compromettere i loro interessi nella regione. Di fronte a questa evoluzione, accademici ed esperti di politica iniziarono a sollecitare il governo americano affinché prestasse maggiore attenzione all’influenza emergente della SCO.

Fino al 2005, il Servizio di Ricerca del Congresso (CRS) menzionava raramente la SCO nei suoi rapporti annuali sulla situazione dell’Asia centrale, e anche il mondo accademico americano non le dedicava studi approfonditi. Tuttavia, il passaggio dal meccanismo dei Cinque di Shanghai alla creazione di una nuova organizzazione regionale ha richiesto solo sei anni, durante i quali la SCO ha iniziato a esercitare un’influenza significativa sugli affari dell’Asia centrale. Questo ha spinto diversi studiosi americani a sollecitare le amministrazioni statunitensi a prestare maggiore attenzione alla SCO.

L’atteggiamento degli Stati Uniti verso la SCO si è trasformato nel tempo: dall’indifferenza iniziale, è passato al dubbio e infine a una maggiore considerazione. Alcuni eventi chiave del 2005 hanno portato a un deciso aumento della vigilanza americana nei confronti dell’organizzazione. Dopo il vertice della SCO ad Astana, gli Stati Uniti hanno rivisto la loro politica nei confronti dell’organizzazione, temendo che potesse diventare uno strumento nelle mani di Russia e Cina per consolidare la loro influenza in Asia centrale.

Un momento cruciale è stato il 1° luglio 2005, quando Russia e Cina hanno pubblicato una dichiarazione congiunta sull’ordine internazionale del XXI secolo, percepita come una sfida diretta alla politica statunitense nella regione. Successivamente, la richiesta americana di ottenere lo status di osservatore nella SCO è stata respinta, mentre paesi come l’Iran sono stati accettati. Il 5 luglio, al termine del vertice della SCO, è stata rilasciata una dichiarazione che chiedeva agli Stati Uniti di stabilire un calendario per il ritiro delle loro truppe dall’Asia centrale. Pochi giorni dopo, il 29 luglio, il governo uzbeko ha formalmente richiesto agli Stati Uniti di ritirare le proprie forze dal paese entro sei mesi.

A partire dal 2005, dunque, e in particolare con le audizioni del Congresso degli Stati Uniti nel 2006, l’analisi strategica americana sulla SCO è diventata più approfondita, evidenziando il ruolo crescente dell’organizzazione nel limitare la presenza statunitense in Asia centrale.

Il 2005 è stato anche un anno caratterizzato da una serie di “rivoluzioni colorate” nella regione. A febbraio, in Kirghizistan, ha avuto luogo la cosiddetta Rivoluzione dei Tulipani, mentre a maggio i disordini di Andijan hanno scosso l’Uzbekistan. In risposta a questi eventi, la SCO ha adottato nuove strategie, inclusa l’ammissione dell’India, del Pakistan e dell’Iran come osservatori. Durante il vertice di Astana, i leader della SCO hanno chiesto il ritiro delle truppe americane dall’Asia centrale, una richiesta che è stata respinta con fermezza dagli Stati Uniti.

L’allora Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld ha visitato Tagikistan e Kirghizistan per rafforzare i legami con questi paesi. Tuttavia, gli Stati Uniti erano consapevoli che la richiesta della SCO di ritirare le basi militari dalla regione avrebbe avuto un impatto diretto sulle operazioni antiterrorismo in Afghanistan e sugli interessi strategici americani in Asia centrale, Medio Oriente e Asia meridionale. Inoltre, i media statunitensi hanno iniziato a criticare il governo americano per aver sottovalutato la SCO, con alcuni commentatori che evidenziavano il cambio di prospettiva: inizialmente l’organizzazione era stata liquidata come irrilevante, ma ora veniva riconosciuta come un attore significativo.

Con l’aumento della coesione tra i membri della SCO e la loro crescente opposizione alla presenza americana in Asia centrale, gli strateghi statunitensi hanno iniziato a ritenere che l’organizzazione potesse costituire una minaccia concreta per gli interessi degli Stati Uniti nella regione. Gli esperti hanno avvertito che ignorare la SCO avrebbe potuto compromettere lo status degli Stati Uniti come potenza globale, in quanto l’organizzazione sembrava sempre più intenzionata a ridurre l’influenza americana in Asia centrale.

L’episodio di Andijan ha avuto conseguenze profonde sulla politica uzbeka e sulla competizione tra le potenze esterne nella regione. Mentre gli Stati Uniti spingevano per un’indagine internazionale sui fatti di Andijan, il governo uzbeko ha cercato il supporto di Russia e Cina, evitando qualsiasi pressione esterna. Ciò ha portato a una maggiore assertività dell’Uzbekistan, culminata nella richiesta di ritiro delle truppe americane, che rifletteva chiaramente il desiderio di Mosca e Pechino di ridimensionare la presenza statunitense.

L’adattamento alla crescita della SCO

Una volta compreso che la SCO non era soltanto un semplice forum di discussione, il governo americano ha modificato la propria strategia. Gli studiosi statunitensi hanno suggerito che, se gli Stati Uniti volevano mantenere una presenza in Asia centrale, avrebbero dovuto prendere seriamente in considerazione l’organizzazione. Alcuni esperti hanno proposto di richiedere nuovamente lo status di osservatore nella SCO, mentre la posizione ufficiale del governo si è orientata verso un rafforzamento delle relazioni bilaterali con i paesi dell’Asia centrale.

Gli Stati Uniti hanno quindi sviluppato diverse strategie per contenere l’influenza della SCO, tra cui:

  • Piano di integrazione economica tra Asia centrale e meridionale – Questo programma mirava a rafforzare le infrastrutture e i legami economici tra le due regioni, creando una rete di collaborazione che contrastasse la crescente influenza della SCO.
  • Approfondimento delle relazioni bilaterali – Washington ha cercato di consolidare i rapporti con paesi come Kazakistan e Kirghizistan, allontanandoli dalla SCO.
  • Coinvolgimento indiretto – Il governo statunitense ha iniziato a dialogare con la SCO su questioni regionali, cercando di ridurre le tensioni e i sospetti reciproci.
  • Rafforzamento delle alleanze tradizionali – Gli Stati Uniti hanno lavorato per mantenere il loro ruolo in Asia centrale attraverso la NATO, l’OSCE e l’Unione Europea.

Nonostante queste iniziative, alcuni analisti hanno continuato a sostenere che la SCO non avesse la forza militare ed economica per competere con gli Stati Uniti. Tuttavia, la crescente collaborazione tra i suoi membri indicava che l’organizzazione rappresentava un elemento di stabilità per i regimi della regione, fornendo un’alternativa alla leadership occidentale.

Sebbene alcuni politici americani temessero che la SCO potesse evolversi in una sorta di “nuovo Patto di Varsavia”, altri esperti ritenevano che, per quanto la competizione tra Stati Uniti, Russia e Cina fosse evidente, essa non dovesse necessariamente trasformarsi in uno scontro a somma zero. Piuttosto, la cooperazione su questioni come il contrasto al terrorismo e il traffico illecito avrebbe potuto portare a un equilibrio più stabile nella regione.

 

Qualche motivo per cambiare gioco

Il principale ostacolo che impedisce agli Stati Uniti di raggiungere i propri obiettivi di sicurezza e strategia nella regione è il divario politico e culturale esistente tra gli USA e i paesi membri della SCO. I decisori politici statunitensi potrebbero superare queste difficoltà attraverso una collaborazione con l’organizzazione. Un’alleanza con la SCO permetterebbe all’ISAF e alla NATO di ottenere una maggiore legittimità culturale e concettuale, oltre a una più ampia accettazione, elementi che attualmente mancano. Questa legittimazione faciliterebbe il rafforzamento dei legami tra gli Stati Uniti, le popolazioni locali, i governi degli Stati membri e altri attori regionali, contribuendo agli sforzi di riconciliazione.

Tuttavia, entrambe le parti hanno delle preoccupazioni in merito a questa cooperazione. Gli Stati Uniti temono che un’eventuale collaborazione possa conferire maggiore legittimità alla SCO, rendendola più influente e potenzialmente trasformandola in un rivale strategico degli USA e delle organizzazioni sostenute dall’Occidente. Sebbene queste preoccupazioni siano comprensibili, se si adottasse una prospettiva più ottimista, i benefici derivanti dalla cooperazione supererebbero i costi. Inoltre, mantenere relazioni positive con gli Stati membri della SCO impedirebbe che l’organizzazione diventi un avversario strategico più forte per gli USA.

Va inoltre considerata la disponibilità dei governi dell’Asia Centrale a collaborare con gli Stati Uniti, specialmente alla luce del rifiuto della richiesta di Washington di ottenere lo status di osservatore nella SCO nel 2005. A quel tempo, gli Stati della regione temevano che l’ingresso degli USA avrebbe portato a interferenze nei loro affari interni. Dopo il rigetto della candidatura americana, il Comitato di Ricerca della Camera ha pubblicato uno studio in cui sosteneva che la partecipazione alla SCO non fosse necessaria per gli Stati Uniti.

Eppure, il crescente senso di insicurezza tra i membri della SCO riguardo alla situazione in Afghanistan e il ruolo chiave che le forze statunitensi svolgono in quel contesto potrebbero spingere questi paesi a collaborare più strettamente con gli USA nelle questioni dell’Asia Centrale. Inoltre, la disponibilità degli Stati Uniti a lavorare con i membri della SCO potrebbe rappresentare un segnale positivo per quei paesi, dimostrando la volontà americana di limitare le proprie interferenze nella regione.

Parallelamente, la SCO sembra interessata a espandere la propria influenza. Durante un discorso a Tashkent nel 2010, l’ex presidente cinese Hu Jintao ha sottolineato la necessità di aumentare il numero di paesi con lo status di osservatore per favorire una maggiore cooperazione, creare un ambiente più amichevole, promuovere la pace, la prosperità e la stabilità globali, oltre a sviluppare vantaggi reciproci (“Hu Jintao to meet with”, 2010). Se gli Stati Uniti riuscissero a comunicare in modo efficace le proprie proposte per la crescita dell’organizzazione, potrebbero contribuire al suo sviluppo e facilitarne il raggiungimento degli obiettivi dichiarati.

Gli USA potrebbero collaborare con la SCO in diversi modi, sia direttamente che indirettamente. Un approccio diretto potrebbe coinvolgere la NATO o l’ISAF. Indipendentemente dalla modalità di cooperazione scelta, questa relazione potrebbe rivelarsi vantaggiosa per tutte le parti coinvolte. Tuttavia, una relazione diretta con la SCO potrebbe essere ancora più fruttuosa, consentendo agli Stati Uniti di esercitare una maggiore influenza sulle attività e sulle decisioni dell’organizzazione. Pur non potendo agire unilateralmente tramite l’ISAF o la NATO, gli USA avrebbero comunque la possibilità di orientare la crescita e lo sviluppo della SCO.

Andando dritti ad alcuni punti chiave, gli USA potrebbero trarre vantaggio da una alleanza con la SCO per le seguenti ragioni:

  • La SCO ha un approccio più efficace in termini di costi alla sicurezza, meno dispendioso e più pulito.
  • La SCO non richiede il dispiegamento delle truppe, quindi costa molto di meno ma non per questo fa venire meno l’influenza su scala globale.
  • È un ottimo lasciapassare diplomatico.
  • Permetterebbe di coinvolgere il Global South e di promuovere una visione multipolare del mondo intero.
  • Permetterebbe agli USA di avere accesso a sorgenti e mercati dell’energia che al momento sono preclusi.
  • Significherebbe una crescita molto importante del mercato, accedendo all’intera Eurasia.

Per concludere, non dimentichiamoci di ragionare di dati: la SCO conta 10 Stati membri e 2 osservatori, copre l’80& dell’Eurasia, rappresenta il 40% della popolazione mondiale e il 30% del PIL globale, gestendo il 20% del commercio e detenendo il 20% del petrolio e il 44% delle riserve di gas.

Tutte cose che l’America non ha.

E se gli USA abbandonassero la NATO e si unissero alla SCO?

Segue nostro Telegram.

Una lunga storia non proprio fatta di amore

Nei primi anni successivi alla creazione dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) nel giugno 2001, il governo e il mondo accademico degli Stati Uniti la consideravano un’entità poco strutturata, caratterizzata da divergenze interne e obiettivi contrastanti. Di conseguenza, non nutrivano grandi aspettative sul suo sviluppo e tendevano a trascurarla. Tuttavia, grazie all’impegno costante degli Stati membri, in particolare nel contrastare l’avanzata della “marea democratica” in Asia centrale, la coesione interna della SCO si rafforzò progressivamente. Questo portò gli Stati Uniti a preoccuparsi del fatto che la crescita dell’organizzazione potesse compromettere i loro interessi nella regione. Di fronte a questa evoluzione, accademici ed esperti di politica iniziarono a sollecitare il governo americano affinché prestasse maggiore attenzione all’influenza emergente della SCO.

Fino al 2005, il Servizio di Ricerca del Congresso (CRS) menzionava raramente la SCO nei suoi rapporti annuali sulla situazione dell’Asia centrale, e anche il mondo accademico americano non le dedicava studi approfonditi. Tuttavia, il passaggio dal meccanismo dei Cinque di Shanghai alla creazione di una nuova organizzazione regionale ha richiesto solo sei anni, durante i quali la SCO ha iniziato a esercitare un’influenza significativa sugli affari dell’Asia centrale. Questo ha spinto diversi studiosi americani a sollecitare le amministrazioni statunitensi a prestare maggiore attenzione alla SCO.

L’atteggiamento degli Stati Uniti verso la SCO si è trasformato nel tempo: dall’indifferenza iniziale, è passato al dubbio e infine a una maggiore considerazione. Alcuni eventi chiave del 2005 hanno portato a un deciso aumento della vigilanza americana nei confronti dell’organizzazione. Dopo il vertice della SCO ad Astana, gli Stati Uniti hanno rivisto la loro politica nei confronti dell’organizzazione, temendo che potesse diventare uno strumento nelle mani di Russia e Cina per consolidare la loro influenza in Asia centrale.

Un momento cruciale è stato il 1° luglio 2005, quando Russia e Cina hanno pubblicato una dichiarazione congiunta sull’ordine internazionale del XXI secolo, percepita come una sfida diretta alla politica statunitense nella regione. Successivamente, la richiesta americana di ottenere lo status di osservatore nella SCO è stata respinta, mentre paesi come l’Iran sono stati accettati. Il 5 luglio, al termine del vertice della SCO, è stata rilasciata una dichiarazione che chiedeva agli Stati Uniti di stabilire un calendario per il ritiro delle loro truppe dall’Asia centrale. Pochi giorni dopo, il 29 luglio, il governo uzbeko ha formalmente richiesto agli Stati Uniti di ritirare le proprie forze dal paese entro sei mesi.

A partire dal 2005, dunque, e in particolare con le audizioni del Congresso degli Stati Uniti nel 2006, l’analisi strategica americana sulla SCO è diventata più approfondita, evidenziando il ruolo crescente dell’organizzazione nel limitare la presenza statunitense in Asia centrale.

Il 2005 è stato anche un anno caratterizzato da una serie di “rivoluzioni colorate” nella regione. A febbraio, in Kirghizistan, ha avuto luogo la cosiddetta Rivoluzione dei Tulipani, mentre a maggio i disordini di Andijan hanno scosso l’Uzbekistan. In risposta a questi eventi, la SCO ha adottato nuove strategie, inclusa l’ammissione dell’India, del Pakistan e dell’Iran come osservatori. Durante il vertice di Astana, i leader della SCO hanno chiesto il ritiro delle truppe americane dall’Asia centrale, una richiesta che è stata respinta con fermezza dagli Stati Uniti.

L’allora Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld ha visitato Tagikistan e Kirghizistan per rafforzare i legami con questi paesi. Tuttavia, gli Stati Uniti erano consapevoli che la richiesta della SCO di ritirare le basi militari dalla regione avrebbe avuto un impatto diretto sulle operazioni antiterrorismo in Afghanistan e sugli interessi strategici americani in Asia centrale, Medio Oriente e Asia meridionale. Inoltre, i media statunitensi hanno iniziato a criticare il governo americano per aver sottovalutato la SCO, con alcuni commentatori che evidenziavano il cambio di prospettiva: inizialmente l’organizzazione era stata liquidata come irrilevante, ma ora veniva riconosciuta come un attore significativo.

Con l’aumento della coesione tra i membri della SCO e la loro crescente opposizione alla presenza americana in Asia centrale, gli strateghi statunitensi hanno iniziato a ritenere che l’organizzazione potesse costituire una minaccia concreta per gli interessi degli Stati Uniti nella regione. Gli esperti hanno avvertito che ignorare la SCO avrebbe potuto compromettere lo status degli Stati Uniti come potenza globale, in quanto l’organizzazione sembrava sempre più intenzionata a ridurre l’influenza americana in Asia centrale.

L’episodio di Andijan ha avuto conseguenze profonde sulla politica uzbeka e sulla competizione tra le potenze esterne nella regione. Mentre gli Stati Uniti spingevano per un’indagine internazionale sui fatti di Andijan, il governo uzbeko ha cercato il supporto di Russia e Cina, evitando qualsiasi pressione esterna. Ciò ha portato a una maggiore assertività dell’Uzbekistan, culminata nella richiesta di ritiro delle truppe americane, che rifletteva chiaramente il desiderio di Mosca e Pechino di ridimensionare la presenza statunitense.

L’adattamento alla crescita della SCO

Una volta compreso che la SCO non era soltanto un semplice forum di discussione, il governo americano ha modificato la propria strategia. Gli studiosi statunitensi hanno suggerito che, se gli Stati Uniti volevano mantenere una presenza in Asia centrale, avrebbero dovuto prendere seriamente in considerazione l’organizzazione. Alcuni esperti hanno proposto di richiedere nuovamente lo status di osservatore nella SCO, mentre la posizione ufficiale del governo si è orientata verso un rafforzamento delle relazioni bilaterali con i paesi dell’Asia centrale.

Gli Stati Uniti hanno quindi sviluppato diverse strategie per contenere l’influenza della SCO, tra cui:

  • Piano di integrazione economica tra Asia centrale e meridionale – Questo programma mirava a rafforzare le infrastrutture e i legami economici tra le due regioni, creando una rete di collaborazione che contrastasse la crescente influenza della SCO.
  • Approfondimento delle relazioni bilaterali – Washington ha cercato di consolidare i rapporti con paesi come Kazakistan e Kirghizistan, allontanandoli dalla SCO.
  • Coinvolgimento indiretto – Il governo statunitense ha iniziato a dialogare con la SCO su questioni regionali, cercando di ridurre le tensioni e i sospetti reciproci.
  • Rafforzamento delle alleanze tradizionali – Gli Stati Uniti hanno lavorato per mantenere il loro ruolo in Asia centrale attraverso la NATO, l’OSCE e l’Unione Europea.

Nonostante queste iniziative, alcuni analisti hanno continuato a sostenere che la SCO non avesse la forza militare ed economica per competere con gli Stati Uniti. Tuttavia, la crescente collaborazione tra i suoi membri indicava che l’organizzazione rappresentava un elemento di stabilità per i regimi della regione, fornendo un’alternativa alla leadership occidentale.

Sebbene alcuni politici americani temessero che la SCO potesse evolversi in una sorta di “nuovo Patto di Varsavia”, altri esperti ritenevano che, per quanto la competizione tra Stati Uniti, Russia e Cina fosse evidente, essa non dovesse necessariamente trasformarsi in uno scontro a somma zero. Piuttosto, la cooperazione su questioni come il contrasto al terrorismo e il traffico illecito avrebbe potuto portare a un equilibrio più stabile nella regione.

 

Qualche motivo per cambiare gioco

Il principale ostacolo che impedisce agli Stati Uniti di raggiungere i propri obiettivi di sicurezza e strategia nella regione è il divario politico e culturale esistente tra gli USA e i paesi membri della SCO. I decisori politici statunitensi potrebbero superare queste difficoltà attraverso una collaborazione con l’organizzazione. Un’alleanza con la SCO permetterebbe all’ISAF e alla NATO di ottenere una maggiore legittimità culturale e concettuale, oltre a una più ampia accettazione, elementi che attualmente mancano. Questa legittimazione faciliterebbe il rafforzamento dei legami tra gli Stati Uniti, le popolazioni locali, i governi degli Stati membri e altri attori regionali, contribuendo agli sforzi di riconciliazione.

Tuttavia, entrambe le parti hanno delle preoccupazioni in merito a questa cooperazione. Gli Stati Uniti temono che un’eventuale collaborazione possa conferire maggiore legittimità alla SCO, rendendola più influente e potenzialmente trasformandola in un rivale strategico degli USA e delle organizzazioni sostenute dall’Occidente. Sebbene queste preoccupazioni siano comprensibili, se si adottasse una prospettiva più ottimista, i benefici derivanti dalla cooperazione supererebbero i costi. Inoltre, mantenere relazioni positive con gli Stati membri della SCO impedirebbe che l’organizzazione diventi un avversario strategico più forte per gli USA.

Va inoltre considerata la disponibilità dei governi dell’Asia Centrale a collaborare con gli Stati Uniti, specialmente alla luce del rifiuto della richiesta di Washington di ottenere lo status di osservatore nella SCO nel 2005. A quel tempo, gli Stati della regione temevano che l’ingresso degli USA avrebbe portato a interferenze nei loro affari interni. Dopo il rigetto della candidatura americana, il Comitato di Ricerca della Camera ha pubblicato uno studio in cui sosteneva che la partecipazione alla SCO non fosse necessaria per gli Stati Uniti.

Eppure, il crescente senso di insicurezza tra i membri della SCO riguardo alla situazione in Afghanistan e il ruolo chiave che le forze statunitensi svolgono in quel contesto potrebbero spingere questi paesi a collaborare più strettamente con gli USA nelle questioni dell’Asia Centrale. Inoltre, la disponibilità degli Stati Uniti a lavorare con i membri della SCO potrebbe rappresentare un segnale positivo per quei paesi, dimostrando la volontà americana di limitare le proprie interferenze nella regione.

Parallelamente, la SCO sembra interessata a espandere la propria influenza. Durante un discorso a Tashkent nel 2010, l’ex presidente cinese Hu Jintao ha sottolineato la necessità di aumentare il numero di paesi con lo status di osservatore per favorire una maggiore cooperazione, creare un ambiente più amichevole, promuovere la pace, la prosperità e la stabilità globali, oltre a sviluppare vantaggi reciproci (“Hu Jintao to meet with”, 2010). Se gli Stati Uniti riuscissero a comunicare in modo efficace le proprie proposte per la crescita dell’organizzazione, potrebbero contribuire al suo sviluppo e facilitarne il raggiungimento degli obiettivi dichiarati.

Gli USA potrebbero collaborare con la SCO in diversi modi, sia direttamente che indirettamente. Un approccio diretto potrebbe coinvolgere la NATO o l’ISAF. Indipendentemente dalla modalità di cooperazione scelta, questa relazione potrebbe rivelarsi vantaggiosa per tutte le parti coinvolte. Tuttavia, una relazione diretta con la SCO potrebbe essere ancora più fruttuosa, consentendo agli Stati Uniti di esercitare una maggiore influenza sulle attività e sulle decisioni dell’organizzazione. Pur non potendo agire unilateralmente tramite l’ISAF o la NATO, gli USA avrebbero comunque la possibilità di orientare la crescita e lo sviluppo della SCO.

Andando dritti ad alcuni punti chiave, gli USA potrebbero trarre vantaggio da una alleanza con la SCO per le seguenti ragioni:

  • La SCO ha un approccio più efficace in termini di costi alla sicurezza, meno dispendioso e più pulito.
  • La SCO non richiede il dispiegamento delle truppe, quindi costa molto di meno ma non per questo fa venire meno l’influenza su scala globale.
  • È un ottimo lasciapassare diplomatico.
  • Permetterebbe di coinvolgere il Global South e di promuovere una visione multipolare del mondo intero.
  • Permetterebbe agli USA di avere accesso a sorgenti e mercati dell’energia che al momento sono preclusi.
  • Significherebbe una crescita molto importante del mercato, accedendo all’intera Eurasia.

Per concludere, non dimentichiamoci di ragionare di dati: la SCO conta 10 Stati membri e 2 osservatori, copre l’80& dell’Eurasia, rappresenta il 40% della popolazione mondiale e il 30% del PIL globale, gestendo il 20% del commercio e detenendo il 20% del petrolio e il 44% delle riserve di gas.

Tutte cose che l’America non ha.

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.

See also

See also

The views of individual contributors do not necessarily represent those of the Strategic Culture Foundation.