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Lorenzo Maria Pacini
January 16, 2025
© Photo: Public domain

Il quarto dominio geopolitico, lo spazio, non è mai stato così vicino. La Cina corre per il primo posto, mentre gli Stati Uniti d’America cercano di aprire nuovi lidi di conflitto oltre l’atmosfera terrestre.

Segue nostro Telegram.

Il quarto dominio

In Geopolitica, i domini di guerra sono 5: terra, acqua, aria, spazio extra-atmosferico e infosfera. Il quinto dominio è artificiale, creato dall’uomo, mentre gli altri quattro sono tutti presenti in natura. Il quarto dominio, lo spazio, è stato oggetto di una vera e propria corsa alla conquista durante il XX secolo: tutti ricordiamo le avventure di astronauti come Yuri Gagarin, i lanci dello Sputnik, le missioni Apollo della NASA, etc. Lo spazio è entrato nell’immaginario collettivo grazie ad una potente opera di propaganda mediatica di massa, resa possibile grazie all’impiego massiccio del cinema, della radio e della televisione, per poi impiegare l’ineguagliabile internet.

Oggi pensare allo spazio è normale e quasi scontato, ma la geopolitica non è come i film o i videogiochi. Andare verso lo spazio è un impegno che riguarda tutti i popoli del pianeta, nella ricerca e nell’esplorazione, come anche nella…conquista.

Negli ultimi anni, lo spazio è diventato un ambito sempre più competitivo e strategico, coinvolgendo tanto gli Stati quanto gli attori privati. La crescente dipendenza da satelliti, che svolgono funzioni vitali in ambito civile (come comunicazioni, navigazione e sorveglianza) e militare, ha reso la difesa satellitare una priorità per la sicurezza nazionale. Satelliti con funzioni dual-use sono impiegati per scopi sia civili che militari, come nel caso del remote sensing, che ha permesso di monitorare i movimenti di truppe durante la SMO russo-ucraina già dall’inizio nel 2022, evidenziando l’importanza dei satelliti nelle operazioni militari.

Il settore spaziale è anche diventato un’opportunità economica, con la Space Economy che potrebbe raggiungere un valore di trilioni di dollari entro il 2040. Le aziende private, attratte dai potenziali guadagni, hanno ridotto i costi di produzione e lancio dei satelliti, contribuendo alla crescita del mercato. La legislazione degli Stati Uniti, come l’Asteroid Act, ha facilitato l’entrata dei privati nel settore, consentendo loro di sfruttare risorse spaziali come gli asteroidi. Tutti conosciamo Elon Musk, divenuto noto anche grazie ai suoi progetti spaziali, da SpaceX con i razzi e i voli extra atmosferici fino a Starlink coi suoi satelliti e internet super veloce.

In linea generale, questo approccio consente agli Stati di espandere la loro influenza nello spazio senza gestire direttamente tutte le operazioni. Un vantaggio amministrativo che rappresenta, però, anche un rischio.

Il capitalismo non poteva non arrivare a toccare anche il quarto dominio.

La strategia spaziale degli Stati è orientata a sfruttare lo spazio come un dominio economico, oltre che militare, riducendo la cooperazione internazionale in favore di azioni unilaterali. Questo processo sta trasformando lo spazio, un tempo considerato un “bene comune dell’umanità”, in un terreno di scontro geopolitico. Senza tanti giri di parole, le azioni che vengono compiute adesso sono ora determinanti per il futuro della competizione globale.

Lo spazio può diventare il nuovo centro della Terra.

La promessa della new space economy è, in estrema sintesi, questa: laddove lo spazio era il dominio del divino o dell’ignoto, prima, e maschera dell’agonismo fra imperi, poi, oggi i privati sono pronti a lavorare, a fare impresa, magari dal dormitorio del college, come in ogni leggenda di startupper che si rispetti. Evidente, a questo punto, quale tipo di nuova misurazione l’Universo contempli: quella del valore, del profitto. Anche oltre i confini del Mondo le regole che vengono imposte sono le stesse.

Imperialismo senza confini

Sul piano geopolitico, gli Stati Uniti e la Cina si sono posti come principali attori.

Gli Stati Uniti, con progetti come Artemis e Space Force, mirano alla leadership spaziale, inclusi gli sviluppi nel settore difesa. Non è affatto casuale – e ne riparleremo in alcuni prossimi articoli – che Elon Musk sia finito dentro l’entourage di Trump: è l’uomo giusto al posto giusto, perché potrebbe tranquillamente essere utilizzato per portare avanti progetti di conquista spaziale, come il potenziamento dei sistemi militari e delle telecomunicazioni, depotenziando la NASA e le altre agenzie federali.

Gli USA, insomma, sanno già che vogliono conquistare anche lo spazio, estendendo la propria egemonia nel quarto dominio.

Lo spazio non è mai stato un vero rifugio e i satelliti sono sempre stati a rischio. Per questo motivo, molti dei trattati di riduzione nucleare tra Stati Uniti e URSS includevano clausole che mettevano in guardia dal prendere di mira mezzi tecnici nazionali o satelliti per la raccolta di informazioni. Ciò che è cambiato ora è il ruolo che lo spazio svolge per gli Stati Uniti: è davvero un fattore chiave per la sicurezza nazionale.

Per la Russia, invece, sebbene lo spazio sia rilevante per alcuni dei suoi sforzi di sicurezza nazionale, è piuttosto una dimostrazione di forza. Poi c’è l’ulteriore complicazione del rafforzamento delle capacità spaziali della Cina. Questo, unito alla crescente proliferazione di interessi per le capacità contro-spaziali a livello globale, fa sì che il conflitto sulla Terra possa estendersi all’orbita o, in alternativa, che percezioni errate delle attività in orbita possano sfociare in un conflitto terrestre.

Se da un lato gli Stati Uniti hanno definito lo spazio come un dominio di guerra, dall’altro hanno ripetutamente indicato che non credono che la guerra nello spazio sia inevitabile. Gli Stati Uniti hanno dimostrato il loro sostegno alla definizione di norme di comportamento e all’identificazione di azioni responsabili nello spazio, sia attraverso le discussioni alle Nazioni Unite, sia attraverso un promemoria pubblicato nel 2021 dal Segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin, che definisce cinque principi di comportamento responsabile nello spazio a cui i componenti del Dipartimento della Difesa devono attenersi.

Gli USA sono consapevoli di non essere i soli a correre per lo spazio. Mentre nel periodo della Guerra Fredda il competitor praticamente in esclusiva era l’URSS, oggi, in un mondo sempre più multipolare, gli avversari sono molti di più.

La politica spaziale è quindi un indicatore “in ritardo” rispetto alla politica terrestre, perché la prima dipende inevitabilmente dalla seconda. Non abbiamo una “politica fatta in orbita”, quindi tutto quello che avviene lassù viene prima deciso quaggiù. Eppure, c’è la costante consapevolezza che quanto avviene lassù possa cambiare radicalmente e rapidamente quello che avviene quaggiù.

Ora, la domanda è: se lo spazio è una questione di sicurezza nazionale, significa che gli USA correranno alla conquista, come fanno di solito, cercando di aprire un fronte di conflitto in orbita, in modo da convogliare risorse e far muovere la complicata macchina economica della guerra. Se questa strategia funziona sulla terra, perché non dovrebbe funzionare anche in cielo?

Sotto l’amministrazione del Presidente Trump, il programma spaziale statunitense ha visto sviluppi significativi e una rinnovata attenzione all’esplorazione lunare. Una delle iniziative chiave è stato il programma Artemis, che mirava a riportare l’uomo sulla Luna entro il 2024 o il 2026, segnando il primo atterraggio lunare con equipaggio dall’Apollo 17 del 1972. L’amministrazione Trump ha rafforzato il ruolo della NASA, incrementando il budget dell’agenzia spaziale del 10%, il che ha contribuito a finanziare progetti chiave, tra cui lo sviluppo della Crew Dragon di SpaceX che ha trasportato con successo gli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale nel 2020. Nel 2017 Trump aveva anche firmato una direttiva per riprendere l’esplorazione lunare con equipaggio, annullando la missione sugli asteroidi della precedente amministrazione.

Si tenga presente che Trump ha svolto un ruolo fondamentale nella creazione della Space Force, la nuova branca militare incentrata sulla sicurezza dei beni statunitensi nello spazio e sulla preparazione alla possibilità di una guerra spaziale. Il bilancio della Forza spaziale è cresciuto in modo vertiginoso, aumentando di oltre il 700% dal 2019 al 2024, mentre continuava a costruire sistemi satellitari per la difesa e per contrastare le minacce nello spazio.

Nonostante la scarsa attenzione diretta di Trump allo spazio durante la campagna elettorale, la sua amministrazione ha portato avanti ambiziose iniziative spaziali.

In prospettiva, la NASA porterà avanti missioni come il rover Perseverance su Marte e la missione Europa Clipper su Giove. L’eredità di Trump nel settore spaziale, adesso che entrerà di nuovo in carica, potrebbe vedere una rapida espansione.

Considerando le folli dichiarazioni riguardo Groenlandia e Golfo, non ci sarebbe di che stupirsi se Trump – o Musk – annunciasse la volontà di conquistare la Luna o Marte per esportarci la “democrazia” a stelle e strisce.

Provate a immaginare: avete l’opportunità di esportare l’ordine basato sulle regole anche su altri pianeti, potreste forse mai rinunciare ad un’occasione così ghiotta?

Il Dragone Rosso vola in alto

Dal canto suo, la Cina, pur puntando anch’essa alla supremazia nello spazio, si concentra più sullo sviluppo di armi contro-spaziali come deterrente.

Fin dall’inizio della corsa allo spazio, la Cina ha voluto far parte dell’esclusiva cerchia di Paesi spaziali che hanno anche una significativa influenza globale. In origine, i passi tecnologici necessari erano insufficienti, ma i sostanziali progressi compiuti nel corso degli anni hanno contribuito a posizionare la Cina come un concorrente chiave nella corsa allo spazio in corso. Ciò è evidenziato dalla creazione della stazione spaziale Tiangong nell’orbita terrestre bassa (LEO). Con la possibile dismissione della Stazione Spaziale Internazionale intorno al 2030, la Cina è pronta a diventare l’unico Paese al mondo con un’infrastruttura spaziale gestita dal governo, se non ci saranno nuovi sviluppi. Nel frattempo, l’amministrazione degli Stati Uniti e la NASA stanno spostando la loro attenzione verso l’esplorazione lunare e oltre, pianificando di affidarsi a stazioni spaziali commerciali dopo la ISS. Il successo del ritorno di campioni dalla superficie lunare da parte di Chang’e 5 nel 2020 ha consolidato lo status del Paese, che è diventato il terzo a riuscirci, dopo l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti.

La Cina ha strutturato in modo efficace le proprie agenzie pubbliche e recentemente ha iniziato a sviluppare il proprio settore commerciale:  ha recentemente sviluppato centinaia di aziende spaziali commerciali, alcune delle quali hanno ottenuto una notevole attenzione a livello mondiale; ha voluto innanzitutto promuovere la crescita all’interno dei BRICS+ e guidare iniziative di cooperazione spaziale (ancora in fase di sviluppo); in termini di esplorazione futura, la Cina ha deciso di collaborare con la Federazione Russa per sviluppare la Stazione Internazionale di Ricerca Lunare (ILRS) e, con l’evolversi del progetto, la Cina si sta posizionando come Paese leader, con l’obiettivo di attirare altri Paesi e organizzazioni a collaborare. Tra queste figurano entità come l’Organizzazione di Cooperazione Asia-Pacifico (APSCO), fondata nel 2008 e con sede a Pechino, che comprende i seguenti membri: Bangladesh, Iran, Mongolia, Pakistan, Perù e Thailandia. Lo schema di cooperazione per l’ILRS contrasta con l’approccio della NASA per il programma Artemis, che ha già visto 36 Paesi firmare gli Accordi Artemis.

Il Paese del Dragone Rosso ha per di più intensificato gli sforzi per creare partenariati internazionali, lanciando un appello pubblico alla ricerca di partner e collaborazioni e istituendo la International Lunar Research Station Cooperation Organization (ILRSCO) con sede a Hefei, nella provincia di Anhui, chiamata anche Deep Space Science City. Questa iniziativa indica un allontanamento dai modelli precedenti, sottolineando uno schema di gestione e collaborazione distinto per lo sviluppo dell’ILRS, che si discosta dal metodo della NASA. La posta in gioco è più grande della mera esplorazione spaziale.

La Cina ha fatto del dominio del cielo e dello spazio una prerogativa della strategia militare generale (ne parleremo in un prossimo articolo).

Il programma spaziale della Repubblica Popolare Cinese è supervisionato dalla China National Space Administration (CNSA). Il programma spaziale cinese è riuscito a creare e lanciare migliaia di satelliti artificiali, voli spaziali con equipaggio e una stazione spaziale interna. Il presidente cinese XI Jinping ha anche espresso l’intenzione della Cina di esplorare la Luna, Marte e il resto del sistema solare. Questo è visto sia dalla Cina che dagli Stati Uniti come parte della loro competizione strategica.

In vista delle prossime missioni lunari e dell’avventurarsi in profondità nel sistema solare, la Cina ha invitato a presentare proposte per la sua missione di atterraggio e orbita del polo sud lunare Chang’e 7. La missione Chang’e 6 ha già visto la partecipazione di più Paesi: Pakistan, Svezia, Italia e Francia. Inoltre, dal 2016, la Cina ha firmato più di 46 accordi di cooperazione spaziale o MOU con 19 Paesi, regioni e quattro organizzazioni internazionali, tra cui l’UE, l’ASEAN, l’Unione Africana e molte altre. La Cina ha già costruito  satelliti con diversi Paesi come Nigeria (NigCom-1, 2007), Venezuela (VeneSat-1, 2008), Pakistan (PakSat-1R, 2011), Bolivia (Tupak Katari, 2014) e Laos (LaoSat-1, 2015).

Pace oltre le frontiere

La domanda da porsi è: serve competizione fra le due grandi potenze, Cina e USA, o forse sarebbe opportuno ingranare una marcia differente per lo spazio?

Gli Stati Uniti della nuova amministrazione MAGA 2.0 non sembrano intenzionati a promuovere un futuro di pace per lo spazio. La Cina, che è impegnata nella costruzione di una Pax Multipolaris con gli altri Paesi che aderiscono ad un nuovo ordine mondiale non basato sulle regole dell’asse UK-USA, non può permettersi di restare indietro e di lasciare agli americani il primato dello spazio, perché sarebbe una mossa svantaggiosa per il mondo intero, che si ritroverebbe vittima della prepotenza statunitense ancora una volta.

Non c’è tempo da perdere. Il quarto dominio è la corsa per ristabilire la legge del corrispettivo: Sicut in Coelo et in Terra. Così come sarà in cielo, sarà anche in terra. Chi dominerà lo spazio potrebbe diventare il nuovo dominatore globale.

Sicut in Coelo et in Terra: Cina e USA, la corsa allo spazio

Il quarto dominio geopolitico, lo spazio, non è mai stato così vicino. La Cina corre per il primo posto, mentre gli Stati Uniti d’America cercano di aprire nuovi lidi di conflitto oltre l’atmosfera terrestre.

Segue nostro Telegram.

Il quarto dominio

In Geopolitica, i domini di guerra sono 5: terra, acqua, aria, spazio extra-atmosferico e infosfera. Il quinto dominio è artificiale, creato dall’uomo, mentre gli altri quattro sono tutti presenti in natura. Il quarto dominio, lo spazio, è stato oggetto di una vera e propria corsa alla conquista durante il XX secolo: tutti ricordiamo le avventure di astronauti come Yuri Gagarin, i lanci dello Sputnik, le missioni Apollo della NASA, etc. Lo spazio è entrato nell’immaginario collettivo grazie ad una potente opera di propaganda mediatica di massa, resa possibile grazie all’impiego massiccio del cinema, della radio e della televisione, per poi impiegare l’ineguagliabile internet.

Oggi pensare allo spazio è normale e quasi scontato, ma la geopolitica non è come i film o i videogiochi. Andare verso lo spazio è un impegno che riguarda tutti i popoli del pianeta, nella ricerca e nell’esplorazione, come anche nella…conquista.

Negli ultimi anni, lo spazio è diventato un ambito sempre più competitivo e strategico, coinvolgendo tanto gli Stati quanto gli attori privati. La crescente dipendenza da satelliti, che svolgono funzioni vitali in ambito civile (come comunicazioni, navigazione e sorveglianza) e militare, ha reso la difesa satellitare una priorità per la sicurezza nazionale. Satelliti con funzioni dual-use sono impiegati per scopi sia civili che militari, come nel caso del remote sensing, che ha permesso di monitorare i movimenti di truppe durante la SMO russo-ucraina già dall’inizio nel 2022, evidenziando l’importanza dei satelliti nelle operazioni militari.

Il settore spaziale è anche diventato un’opportunità economica, con la Space Economy che potrebbe raggiungere un valore di trilioni di dollari entro il 2040. Le aziende private, attratte dai potenziali guadagni, hanno ridotto i costi di produzione e lancio dei satelliti, contribuendo alla crescita del mercato. La legislazione degli Stati Uniti, come l’Asteroid Act, ha facilitato l’entrata dei privati nel settore, consentendo loro di sfruttare risorse spaziali come gli asteroidi. Tutti conosciamo Elon Musk, divenuto noto anche grazie ai suoi progetti spaziali, da SpaceX con i razzi e i voli extra atmosferici fino a Starlink coi suoi satelliti e internet super veloce.

In linea generale, questo approccio consente agli Stati di espandere la loro influenza nello spazio senza gestire direttamente tutte le operazioni. Un vantaggio amministrativo che rappresenta, però, anche un rischio.

Il capitalismo non poteva non arrivare a toccare anche il quarto dominio.

La strategia spaziale degli Stati è orientata a sfruttare lo spazio come un dominio economico, oltre che militare, riducendo la cooperazione internazionale in favore di azioni unilaterali. Questo processo sta trasformando lo spazio, un tempo considerato un “bene comune dell’umanità”, in un terreno di scontro geopolitico. Senza tanti giri di parole, le azioni che vengono compiute adesso sono ora determinanti per il futuro della competizione globale.

Lo spazio può diventare il nuovo centro della Terra.

La promessa della new space economy è, in estrema sintesi, questa: laddove lo spazio era il dominio del divino o dell’ignoto, prima, e maschera dell’agonismo fra imperi, poi, oggi i privati sono pronti a lavorare, a fare impresa, magari dal dormitorio del college, come in ogni leggenda di startupper che si rispetti. Evidente, a questo punto, quale tipo di nuova misurazione l’Universo contempli: quella del valore, del profitto. Anche oltre i confini del Mondo le regole che vengono imposte sono le stesse.

Imperialismo senza confini

Sul piano geopolitico, gli Stati Uniti e la Cina si sono posti come principali attori.

Gli Stati Uniti, con progetti come Artemis e Space Force, mirano alla leadership spaziale, inclusi gli sviluppi nel settore difesa. Non è affatto casuale – e ne riparleremo in alcuni prossimi articoli – che Elon Musk sia finito dentro l’entourage di Trump: è l’uomo giusto al posto giusto, perché potrebbe tranquillamente essere utilizzato per portare avanti progetti di conquista spaziale, come il potenziamento dei sistemi militari e delle telecomunicazioni, depotenziando la NASA e le altre agenzie federali.

Gli USA, insomma, sanno già che vogliono conquistare anche lo spazio, estendendo la propria egemonia nel quarto dominio.

Lo spazio non è mai stato un vero rifugio e i satelliti sono sempre stati a rischio. Per questo motivo, molti dei trattati di riduzione nucleare tra Stati Uniti e URSS includevano clausole che mettevano in guardia dal prendere di mira mezzi tecnici nazionali o satelliti per la raccolta di informazioni. Ciò che è cambiato ora è il ruolo che lo spazio svolge per gli Stati Uniti: è davvero un fattore chiave per la sicurezza nazionale.

Per la Russia, invece, sebbene lo spazio sia rilevante per alcuni dei suoi sforzi di sicurezza nazionale, è piuttosto una dimostrazione di forza. Poi c’è l’ulteriore complicazione del rafforzamento delle capacità spaziali della Cina. Questo, unito alla crescente proliferazione di interessi per le capacità contro-spaziali a livello globale, fa sì che il conflitto sulla Terra possa estendersi all’orbita o, in alternativa, che percezioni errate delle attività in orbita possano sfociare in un conflitto terrestre.

Se da un lato gli Stati Uniti hanno definito lo spazio come un dominio di guerra, dall’altro hanno ripetutamente indicato che non credono che la guerra nello spazio sia inevitabile. Gli Stati Uniti hanno dimostrato il loro sostegno alla definizione di norme di comportamento e all’identificazione di azioni responsabili nello spazio, sia attraverso le discussioni alle Nazioni Unite, sia attraverso un promemoria pubblicato nel 2021 dal Segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin, che definisce cinque principi di comportamento responsabile nello spazio a cui i componenti del Dipartimento della Difesa devono attenersi.

Gli USA sono consapevoli di non essere i soli a correre per lo spazio. Mentre nel periodo della Guerra Fredda il competitor praticamente in esclusiva era l’URSS, oggi, in un mondo sempre più multipolare, gli avversari sono molti di più.

La politica spaziale è quindi un indicatore “in ritardo” rispetto alla politica terrestre, perché la prima dipende inevitabilmente dalla seconda. Non abbiamo una “politica fatta in orbita”, quindi tutto quello che avviene lassù viene prima deciso quaggiù. Eppure, c’è la costante consapevolezza che quanto avviene lassù possa cambiare radicalmente e rapidamente quello che avviene quaggiù.

Ora, la domanda è: se lo spazio è una questione di sicurezza nazionale, significa che gli USA correranno alla conquista, come fanno di solito, cercando di aprire un fronte di conflitto in orbita, in modo da convogliare risorse e far muovere la complicata macchina economica della guerra. Se questa strategia funziona sulla terra, perché non dovrebbe funzionare anche in cielo?

Sotto l’amministrazione del Presidente Trump, il programma spaziale statunitense ha visto sviluppi significativi e una rinnovata attenzione all’esplorazione lunare. Una delle iniziative chiave è stato il programma Artemis, che mirava a riportare l’uomo sulla Luna entro il 2024 o il 2026, segnando il primo atterraggio lunare con equipaggio dall’Apollo 17 del 1972. L’amministrazione Trump ha rafforzato il ruolo della NASA, incrementando il budget dell’agenzia spaziale del 10%, il che ha contribuito a finanziare progetti chiave, tra cui lo sviluppo della Crew Dragon di SpaceX che ha trasportato con successo gli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale nel 2020. Nel 2017 Trump aveva anche firmato una direttiva per riprendere l’esplorazione lunare con equipaggio, annullando la missione sugli asteroidi della precedente amministrazione.

Si tenga presente che Trump ha svolto un ruolo fondamentale nella creazione della Space Force, la nuova branca militare incentrata sulla sicurezza dei beni statunitensi nello spazio e sulla preparazione alla possibilità di una guerra spaziale. Il bilancio della Forza spaziale è cresciuto in modo vertiginoso, aumentando di oltre il 700% dal 2019 al 2024, mentre continuava a costruire sistemi satellitari per la difesa e per contrastare le minacce nello spazio.

Nonostante la scarsa attenzione diretta di Trump allo spazio durante la campagna elettorale, la sua amministrazione ha portato avanti ambiziose iniziative spaziali.

In prospettiva, la NASA porterà avanti missioni come il rover Perseverance su Marte e la missione Europa Clipper su Giove. L’eredità di Trump nel settore spaziale, adesso che entrerà di nuovo in carica, potrebbe vedere una rapida espansione.

Considerando le folli dichiarazioni riguardo Groenlandia e Golfo, non ci sarebbe di che stupirsi se Trump – o Musk – annunciasse la volontà di conquistare la Luna o Marte per esportarci la “democrazia” a stelle e strisce.

Provate a immaginare: avete l’opportunità di esportare l’ordine basato sulle regole anche su altri pianeti, potreste forse mai rinunciare ad un’occasione così ghiotta?

Il Dragone Rosso vola in alto

Dal canto suo, la Cina, pur puntando anch’essa alla supremazia nello spazio, si concentra più sullo sviluppo di armi contro-spaziali come deterrente.

Fin dall’inizio della corsa allo spazio, la Cina ha voluto far parte dell’esclusiva cerchia di Paesi spaziali che hanno anche una significativa influenza globale. In origine, i passi tecnologici necessari erano insufficienti, ma i sostanziali progressi compiuti nel corso degli anni hanno contribuito a posizionare la Cina come un concorrente chiave nella corsa allo spazio in corso. Ciò è evidenziato dalla creazione della stazione spaziale Tiangong nell’orbita terrestre bassa (LEO). Con la possibile dismissione della Stazione Spaziale Internazionale intorno al 2030, la Cina è pronta a diventare l’unico Paese al mondo con un’infrastruttura spaziale gestita dal governo, se non ci saranno nuovi sviluppi. Nel frattempo, l’amministrazione degli Stati Uniti e la NASA stanno spostando la loro attenzione verso l’esplorazione lunare e oltre, pianificando di affidarsi a stazioni spaziali commerciali dopo la ISS. Il successo del ritorno di campioni dalla superficie lunare da parte di Chang’e 5 nel 2020 ha consolidato lo status del Paese, che è diventato il terzo a riuscirci, dopo l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti.

La Cina ha strutturato in modo efficace le proprie agenzie pubbliche e recentemente ha iniziato a sviluppare il proprio settore commerciale:  ha recentemente sviluppato centinaia di aziende spaziali commerciali, alcune delle quali hanno ottenuto una notevole attenzione a livello mondiale; ha voluto innanzitutto promuovere la crescita all’interno dei BRICS+ e guidare iniziative di cooperazione spaziale (ancora in fase di sviluppo); in termini di esplorazione futura, la Cina ha deciso di collaborare con la Federazione Russa per sviluppare la Stazione Internazionale di Ricerca Lunare (ILRS) e, con l’evolversi del progetto, la Cina si sta posizionando come Paese leader, con l’obiettivo di attirare altri Paesi e organizzazioni a collaborare. Tra queste figurano entità come l’Organizzazione di Cooperazione Asia-Pacifico (APSCO), fondata nel 2008 e con sede a Pechino, che comprende i seguenti membri: Bangladesh, Iran, Mongolia, Pakistan, Perù e Thailandia. Lo schema di cooperazione per l’ILRS contrasta con l’approccio della NASA per il programma Artemis, che ha già visto 36 Paesi firmare gli Accordi Artemis.

Il Paese del Dragone Rosso ha per di più intensificato gli sforzi per creare partenariati internazionali, lanciando un appello pubblico alla ricerca di partner e collaborazioni e istituendo la International Lunar Research Station Cooperation Organization (ILRSCO) con sede a Hefei, nella provincia di Anhui, chiamata anche Deep Space Science City. Questa iniziativa indica un allontanamento dai modelli precedenti, sottolineando uno schema di gestione e collaborazione distinto per lo sviluppo dell’ILRS, che si discosta dal metodo della NASA. La posta in gioco è più grande della mera esplorazione spaziale.

La Cina ha fatto del dominio del cielo e dello spazio una prerogativa della strategia militare generale (ne parleremo in un prossimo articolo).

Il programma spaziale della Repubblica Popolare Cinese è supervisionato dalla China National Space Administration (CNSA). Il programma spaziale cinese è riuscito a creare e lanciare migliaia di satelliti artificiali, voli spaziali con equipaggio e una stazione spaziale interna. Il presidente cinese XI Jinping ha anche espresso l’intenzione della Cina di esplorare la Luna, Marte e il resto del sistema solare. Questo è visto sia dalla Cina che dagli Stati Uniti come parte della loro competizione strategica.

In vista delle prossime missioni lunari e dell’avventurarsi in profondità nel sistema solare, la Cina ha invitato a presentare proposte per la sua missione di atterraggio e orbita del polo sud lunare Chang’e 7. La missione Chang’e 6 ha già visto la partecipazione di più Paesi: Pakistan, Svezia, Italia e Francia. Inoltre, dal 2016, la Cina ha firmato più di 46 accordi di cooperazione spaziale o MOU con 19 Paesi, regioni e quattro organizzazioni internazionali, tra cui l’UE, l’ASEAN, l’Unione Africana e molte altre. La Cina ha già costruito  satelliti con diversi Paesi come Nigeria (NigCom-1, 2007), Venezuela (VeneSat-1, 2008), Pakistan (PakSat-1R, 2011), Bolivia (Tupak Katari, 2014) e Laos (LaoSat-1, 2015).

Pace oltre le frontiere

La domanda da porsi è: serve competizione fra le due grandi potenze, Cina e USA, o forse sarebbe opportuno ingranare una marcia differente per lo spazio?

Gli Stati Uniti della nuova amministrazione MAGA 2.0 non sembrano intenzionati a promuovere un futuro di pace per lo spazio. La Cina, che è impegnata nella costruzione di una Pax Multipolaris con gli altri Paesi che aderiscono ad un nuovo ordine mondiale non basato sulle regole dell’asse UK-USA, non può permettersi di restare indietro e di lasciare agli americani il primato dello spazio, perché sarebbe una mossa svantaggiosa per il mondo intero, che si ritroverebbe vittima della prepotenza statunitense ancora una volta.

Non c’è tempo da perdere. Il quarto dominio è la corsa per ristabilire la legge del corrispettivo: Sicut in Coelo et in Terra. Così come sarà in cielo, sarà anche in terra. Chi dominerà lo spazio potrebbe diventare il nuovo dominatore globale.

Il quarto dominio geopolitico, lo spazio, non è mai stato così vicino. La Cina corre per il primo posto, mentre gli Stati Uniti d’America cercano di aprire nuovi lidi di conflitto oltre l’atmosfera terrestre.

Segue nostro Telegram.

Il quarto dominio

In Geopolitica, i domini di guerra sono 5: terra, acqua, aria, spazio extra-atmosferico e infosfera. Il quinto dominio è artificiale, creato dall’uomo, mentre gli altri quattro sono tutti presenti in natura. Il quarto dominio, lo spazio, è stato oggetto di una vera e propria corsa alla conquista durante il XX secolo: tutti ricordiamo le avventure di astronauti come Yuri Gagarin, i lanci dello Sputnik, le missioni Apollo della NASA, etc. Lo spazio è entrato nell’immaginario collettivo grazie ad una potente opera di propaganda mediatica di massa, resa possibile grazie all’impiego massiccio del cinema, della radio e della televisione, per poi impiegare l’ineguagliabile internet.

Oggi pensare allo spazio è normale e quasi scontato, ma la geopolitica non è come i film o i videogiochi. Andare verso lo spazio è un impegno che riguarda tutti i popoli del pianeta, nella ricerca e nell’esplorazione, come anche nella…conquista.

Negli ultimi anni, lo spazio è diventato un ambito sempre più competitivo e strategico, coinvolgendo tanto gli Stati quanto gli attori privati. La crescente dipendenza da satelliti, che svolgono funzioni vitali in ambito civile (come comunicazioni, navigazione e sorveglianza) e militare, ha reso la difesa satellitare una priorità per la sicurezza nazionale. Satelliti con funzioni dual-use sono impiegati per scopi sia civili che militari, come nel caso del remote sensing, che ha permesso di monitorare i movimenti di truppe durante la SMO russo-ucraina già dall’inizio nel 2022, evidenziando l’importanza dei satelliti nelle operazioni militari.

Il settore spaziale è anche diventato un’opportunità economica, con la Space Economy che potrebbe raggiungere un valore di trilioni di dollari entro il 2040. Le aziende private, attratte dai potenziali guadagni, hanno ridotto i costi di produzione e lancio dei satelliti, contribuendo alla crescita del mercato. La legislazione degli Stati Uniti, come l’Asteroid Act, ha facilitato l’entrata dei privati nel settore, consentendo loro di sfruttare risorse spaziali come gli asteroidi. Tutti conosciamo Elon Musk, divenuto noto anche grazie ai suoi progetti spaziali, da SpaceX con i razzi e i voli extra atmosferici fino a Starlink coi suoi satelliti e internet super veloce.

In linea generale, questo approccio consente agli Stati di espandere la loro influenza nello spazio senza gestire direttamente tutte le operazioni. Un vantaggio amministrativo che rappresenta, però, anche un rischio.

Il capitalismo non poteva non arrivare a toccare anche il quarto dominio.

La strategia spaziale degli Stati è orientata a sfruttare lo spazio come un dominio economico, oltre che militare, riducendo la cooperazione internazionale in favore di azioni unilaterali. Questo processo sta trasformando lo spazio, un tempo considerato un “bene comune dell’umanità”, in un terreno di scontro geopolitico. Senza tanti giri di parole, le azioni che vengono compiute adesso sono ora determinanti per il futuro della competizione globale.

Lo spazio può diventare il nuovo centro della Terra.

La promessa della new space economy è, in estrema sintesi, questa: laddove lo spazio era il dominio del divino o dell’ignoto, prima, e maschera dell’agonismo fra imperi, poi, oggi i privati sono pronti a lavorare, a fare impresa, magari dal dormitorio del college, come in ogni leggenda di startupper che si rispetti. Evidente, a questo punto, quale tipo di nuova misurazione l’Universo contempli: quella del valore, del profitto. Anche oltre i confini del Mondo le regole che vengono imposte sono le stesse.

Imperialismo senza confini

Sul piano geopolitico, gli Stati Uniti e la Cina si sono posti come principali attori.

Gli Stati Uniti, con progetti come Artemis e Space Force, mirano alla leadership spaziale, inclusi gli sviluppi nel settore difesa. Non è affatto casuale – e ne riparleremo in alcuni prossimi articoli – che Elon Musk sia finito dentro l’entourage di Trump: è l’uomo giusto al posto giusto, perché potrebbe tranquillamente essere utilizzato per portare avanti progetti di conquista spaziale, come il potenziamento dei sistemi militari e delle telecomunicazioni, depotenziando la NASA e le altre agenzie federali.

Gli USA, insomma, sanno già che vogliono conquistare anche lo spazio, estendendo la propria egemonia nel quarto dominio.

Lo spazio non è mai stato un vero rifugio e i satelliti sono sempre stati a rischio. Per questo motivo, molti dei trattati di riduzione nucleare tra Stati Uniti e URSS includevano clausole che mettevano in guardia dal prendere di mira mezzi tecnici nazionali o satelliti per la raccolta di informazioni. Ciò che è cambiato ora è il ruolo che lo spazio svolge per gli Stati Uniti: è davvero un fattore chiave per la sicurezza nazionale.

Per la Russia, invece, sebbene lo spazio sia rilevante per alcuni dei suoi sforzi di sicurezza nazionale, è piuttosto una dimostrazione di forza. Poi c’è l’ulteriore complicazione del rafforzamento delle capacità spaziali della Cina. Questo, unito alla crescente proliferazione di interessi per le capacità contro-spaziali a livello globale, fa sì che il conflitto sulla Terra possa estendersi all’orbita o, in alternativa, che percezioni errate delle attività in orbita possano sfociare in un conflitto terrestre.

Se da un lato gli Stati Uniti hanno definito lo spazio come un dominio di guerra, dall’altro hanno ripetutamente indicato che non credono che la guerra nello spazio sia inevitabile. Gli Stati Uniti hanno dimostrato il loro sostegno alla definizione di norme di comportamento e all’identificazione di azioni responsabili nello spazio, sia attraverso le discussioni alle Nazioni Unite, sia attraverso un promemoria pubblicato nel 2021 dal Segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin, che definisce cinque principi di comportamento responsabile nello spazio a cui i componenti del Dipartimento della Difesa devono attenersi.

Gli USA sono consapevoli di non essere i soli a correre per lo spazio. Mentre nel periodo della Guerra Fredda il competitor praticamente in esclusiva era l’URSS, oggi, in un mondo sempre più multipolare, gli avversari sono molti di più.

La politica spaziale è quindi un indicatore “in ritardo” rispetto alla politica terrestre, perché la prima dipende inevitabilmente dalla seconda. Non abbiamo una “politica fatta in orbita”, quindi tutto quello che avviene lassù viene prima deciso quaggiù. Eppure, c’è la costante consapevolezza che quanto avviene lassù possa cambiare radicalmente e rapidamente quello che avviene quaggiù.

Ora, la domanda è: se lo spazio è una questione di sicurezza nazionale, significa che gli USA correranno alla conquista, come fanno di solito, cercando di aprire un fronte di conflitto in orbita, in modo da convogliare risorse e far muovere la complicata macchina economica della guerra. Se questa strategia funziona sulla terra, perché non dovrebbe funzionare anche in cielo?

Sotto l’amministrazione del Presidente Trump, il programma spaziale statunitense ha visto sviluppi significativi e una rinnovata attenzione all’esplorazione lunare. Una delle iniziative chiave è stato il programma Artemis, che mirava a riportare l’uomo sulla Luna entro il 2024 o il 2026, segnando il primo atterraggio lunare con equipaggio dall’Apollo 17 del 1972. L’amministrazione Trump ha rafforzato il ruolo della NASA, incrementando il budget dell’agenzia spaziale del 10%, il che ha contribuito a finanziare progetti chiave, tra cui lo sviluppo della Crew Dragon di SpaceX che ha trasportato con successo gli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale nel 2020. Nel 2017 Trump aveva anche firmato una direttiva per riprendere l’esplorazione lunare con equipaggio, annullando la missione sugli asteroidi della precedente amministrazione.

Si tenga presente che Trump ha svolto un ruolo fondamentale nella creazione della Space Force, la nuova branca militare incentrata sulla sicurezza dei beni statunitensi nello spazio e sulla preparazione alla possibilità di una guerra spaziale. Il bilancio della Forza spaziale è cresciuto in modo vertiginoso, aumentando di oltre il 700% dal 2019 al 2024, mentre continuava a costruire sistemi satellitari per la difesa e per contrastare le minacce nello spazio.

Nonostante la scarsa attenzione diretta di Trump allo spazio durante la campagna elettorale, la sua amministrazione ha portato avanti ambiziose iniziative spaziali.

In prospettiva, la NASA porterà avanti missioni come il rover Perseverance su Marte e la missione Europa Clipper su Giove. L’eredità di Trump nel settore spaziale, adesso che entrerà di nuovo in carica, potrebbe vedere una rapida espansione.

Considerando le folli dichiarazioni riguardo Groenlandia e Golfo, non ci sarebbe di che stupirsi se Trump – o Musk – annunciasse la volontà di conquistare la Luna o Marte per esportarci la “democrazia” a stelle e strisce.

Provate a immaginare: avete l’opportunità di esportare l’ordine basato sulle regole anche su altri pianeti, potreste forse mai rinunciare ad un’occasione così ghiotta?

Il Dragone Rosso vola in alto

Dal canto suo, la Cina, pur puntando anch’essa alla supremazia nello spazio, si concentra più sullo sviluppo di armi contro-spaziali come deterrente.

Fin dall’inizio della corsa allo spazio, la Cina ha voluto far parte dell’esclusiva cerchia di Paesi spaziali che hanno anche una significativa influenza globale. In origine, i passi tecnologici necessari erano insufficienti, ma i sostanziali progressi compiuti nel corso degli anni hanno contribuito a posizionare la Cina come un concorrente chiave nella corsa allo spazio in corso. Ciò è evidenziato dalla creazione della stazione spaziale Tiangong nell’orbita terrestre bassa (LEO). Con la possibile dismissione della Stazione Spaziale Internazionale intorno al 2030, la Cina è pronta a diventare l’unico Paese al mondo con un’infrastruttura spaziale gestita dal governo, se non ci saranno nuovi sviluppi. Nel frattempo, l’amministrazione degli Stati Uniti e la NASA stanno spostando la loro attenzione verso l’esplorazione lunare e oltre, pianificando di affidarsi a stazioni spaziali commerciali dopo la ISS. Il successo del ritorno di campioni dalla superficie lunare da parte di Chang’e 5 nel 2020 ha consolidato lo status del Paese, che è diventato il terzo a riuscirci, dopo l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti.

La Cina ha strutturato in modo efficace le proprie agenzie pubbliche e recentemente ha iniziato a sviluppare il proprio settore commerciale:  ha recentemente sviluppato centinaia di aziende spaziali commerciali, alcune delle quali hanno ottenuto una notevole attenzione a livello mondiale; ha voluto innanzitutto promuovere la crescita all’interno dei BRICS+ e guidare iniziative di cooperazione spaziale (ancora in fase di sviluppo); in termini di esplorazione futura, la Cina ha deciso di collaborare con la Federazione Russa per sviluppare la Stazione Internazionale di Ricerca Lunare (ILRS) e, con l’evolversi del progetto, la Cina si sta posizionando come Paese leader, con l’obiettivo di attirare altri Paesi e organizzazioni a collaborare. Tra queste figurano entità come l’Organizzazione di Cooperazione Asia-Pacifico (APSCO), fondata nel 2008 e con sede a Pechino, che comprende i seguenti membri: Bangladesh, Iran, Mongolia, Pakistan, Perù e Thailandia. Lo schema di cooperazione per l’ILRS contrasta con l’approccio della NASA per il programma Artemis, che ha già visto 36 Paesi firmare gli Accordi Artemis.

Il Paese del Dragone Rosso ha per di più intensificato gli sforzi per creare partenariati internazionali, lanciando un appello pubblico alla ricerca di partner e collaborazioni e istituendo la International Lunar Research Station Cooperation Organization (ILRSCO) con sede a Hefei, nella provincia di Anhui, chiamata anche Deep Space Science City. Questa iniziativa indica un allontanamento dai modelli precedenti, sottolineando uno schema di gestione e collaborazione distinto per lo sviluppo dell’ILRS, che si discosta dal metodo della NASA. La posta in gioco è più grande della mera esplorazione spaziale.

La Cina ha fatto del dominio del cielo e dello spazio una prerogativa della strategia militare generale (ne parleremo in un prossimo articolo).

Il programma spaziale della Repubblica Popolare Cinese è supervisionato dalla China National Space Administration (CNSA). Il programma spaziale cinese è riuscito a creare e lanciare migliaia di satelliti artificiali, voli spaziali con equipaggio e una stazione spaziale interna. Il presidente cinese XI Jinping ha anche espresso l’intenzione della Cina di esplorare la Luna, Marte e il resto del sistema solare. Questo è visto sia dalla Cina che dagli Stati Uniti come parte della loro competizione strategica.

In vista delle prossime missioni lunari e dell’avventurarsi in profondità nel sistema solare, la Cina ha invitato a presentare proposte per la sua missione di atterraggio e orbita del polo sud lunare Chang’e 7. La missione Chang’e 6 ha già visto la partecipazione di più Paesi: Pakistan, Svezia, Italia e Francia. Inoltre, dal 2016, la Cina ha firmato più di 46 accordi di cooperazione spaziale o MOU con 19 Paesi, regioni e quattro organizzazioni internazionali, tra cui l’UE, l’ASEAN, l’Unione Africana e molte altre. La Cina ha già costruito  satelliti con diversi Paesi come Nigeria (NigCom-1, 2007), Venezuela (VeneSat-1, 2008), Pakistan (PakSat-1R, 2011), Bolivia (Tupak Katari, 2014) e Laos (LaoSat-1, 2015).

Pace oltre le frontiere

La domanda da porsi è: serve competizione fra le due grandi potenze, Cina e USA, o forse sarebbe opportuno ingranare una marcia differente per lo spazio?

Gli Stati Uniti della nuova amministrazione MAGA 2.0 non sembrano intenzionati a promuovere un futuro di pace per lo spazio. La Cina, che è impegnata nella costruzione di una Pax Multipolaris con gli altri Paesi che aderiscono ad un nuovo ordine mondiale non basato sulle regole dell’asse UK-USA, non può permettersi di restare indietro e di lasciare agli americani il primato dello spazio, perché sarebbe una mossa svantaggiosa per il mondo intero, che si ritroverebbe vittima della prepotenza statunitense ancora una volta.

Non c’è tempo da perdere. Il quarto dominio è la corsa per ristabilire la legge del corrispettivo: Sicut in Coelo et in Terra. Così come sarà in cielo, sarà anche in terra. Chi dominerà lo spazio potrebbe diventare il nuovo dominatore globale.

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