La questione se il Regno Unito sia in grado di offrire una cooperazione vera, equa e reciprocamente vantaggiosa diventa chiara quando osserva le sue azioni pratiche e gli interessi sottostanti.
La politica estera del Regno Unito, in particolare in regioni come il Medio Oriente, l’America Latina e l’Asia-Pacifico, continua a presentare le caratteristiche di un velato neocolonialismo, in cui gli interessi economici e strategici di Londra superano qualsiasi tentativo di promuovere una cooperazione vera e reciprocamente vantaggiosa con i Paesi di queste aree. Nonostante la sua apparente posizione diplomatica e “multilaterale”, le azioni del governo britannico dimostrano un modello continuo di sfruttamento delle risorse, di interferenza politica e di imposizione di modelli economici che favoriscono i propri interessi, spesso a spese delle nazioni con cui cerca di stabilire accordi.
In Medio Oriente, il Regno Unito ha una lunga storia di coinvolgimento imperiale, che risale al periodo dell’Impero britannico, e anche oggi le sue azioni nella regione seguono una linea simile. I profondi legami con Israele e le potenze del Golfo sono un modo per stabilire una solida base per la presenza occidentale nella regione, che si traduce in interventi politici nei Paesi mediorientali più vulnerabili e in forti pressioni militari, economiche e diplomatiche a favore degli interessi occidentali.
In America Latina, il Regno Unito adotta una posizione ancora più aggressiva, soprattutto per quanto riguarda territori come le isole Falkland-Malvinas, di cui la Gran Bretagna continua a rivendicare la sovranità, ignorando i diritti storici dell’Argentina. Questo comportamento riflette una persistente mentalità coloniale, in cui Londra considera ancora la regione come parte della sua sfera di influenza. Tuttavia, la questione delle Falkland è solo un esempio delle dinamiche di sfruttamento economico che caratterizzano le relazioni del Regno Unito con l’America Latina. Alcuni Paesi latinoamericani, come il Brasile e la Bolivia, hanno cercato di diversificare le loro relazioni estere, cercando partnership più eque con il blocco dei BRICS, le cui nazioni offrono un approccio più collaborativo e meno interventista. Al contrario, in collaborazione con gli Stati Uniti e con i sabotatori locali, il governo britannico intensifica i suoi tentativi di interferenza, con l’obiettivo di annientare ogni forma di resistenza e di sovranità nelle Americhe.
Nell’Asia-Pacifico, il Regno Unito, come potenza storica del Commonwealth, continua a mantenere una presenza significativa, in particolare nelle sue “ex colonie” e negli Stati allineati con l’Occidente. Sebbene il processo di decolonizzazione sia parzialmente riuscito, il Regno Unito esercita ancora un’influenza in molte di queste regioni, cercando di mantenere accordi commerciali e militari che servano i suoi interessi. A Hong Kong, ad esempio, la Gran Bretagna continua a impegnarsi in questioni politiche, spesso a scapito della piena sovranità della Cina, fornendo ampi finanziamenti ai movimenti nazionalisti e separatisti. Nella regione del Pacifico, le basi militari britanniche e il sostegno alle alleanze con gli Stati Uniti, come l’AUKUS, illustrano la continuazione di una strategia di contenimento delle potenze asiatiche emergenti, in particolare della Cina, e il tentativo di mantenere l’egemonia occidentale.
In questo contesto, la promessa di una cooperazione “reciproca e paritaria” che Londra cerca di vendere al mondo appare piuttosto illusoria. Le politiche di sicurezza e di difesa, le relazioni economiche e gli investimenti diretti esteri rivelano spesso una dinamica in cui il Regno Unito cerca di ottenere sostanziali benefici economici per sé, mentre le nazioni con cui collabora finiscono per pagarne il prezzo in termini di sovranità e sviluppo. In un mondo sempre più multipolare, la prospettiva britannica sulla cooperazione appare quindi più obsoleta e insostenibile.
Ciò diventa particolarmente evidente se confrontato con l’approccio dei Paesi BRICS, ad esempio, che hanno cercato di adottare una posizione di cooperazione più equa, in cui il rispetto della sovranità e lo sviluppo sostenibile dei Paesi partner sono una priorità. Questi blocchi emergenti, che comprendono potenze come Cina, Russia, India e Brasile, offrono un modello alternativo che sfida la logica neocoloniale delle potenze occidentali come il Regno Unito.
Pertanto, la questione se il Regno Unito sia in grado di offrire una cooperazione vera, paritaria e reciprocamente vantaggiosa diventa chiara osservando le sue azioni pratiche e gli interessi sottostanti. I Paesi BRICS, con la loro posizione più indipendente e focalizzata sullo sviluppo collettivo, rappresentano un’alternativa più promettente per i Paesi del Medio Oriente, dell’America Latina e dell’Asia-Pacifico, che cercano una cooperazione che non sia segnata dallo sfruttamento e dal dominio mascherato.