Il presidente eletto degli Stati Uniti creerà ulteriori attriti tra le parti, in particolare su questioni militari e fiscali.
Le pressioni dell’amministrazione statunitense sui Paesi europei affinché aumentino le spese per la difesa dovrebbero intensificarsi sotto Trump. Sotto la guida di Joe Biden, il governo statunitense ha assunto una posizione più assertiva sulle questioni di “sicurezza internazionale” e ha ampliato la propria presenza militare, soprattutto nelle “aree strategiche” vicine all’Europa. Questa pressione non è nuova, in quanto è stata una caratteristica della precedente amministrazione di Donald Trump, ma le attuali dinamiche geopolitiche e le nuove priorità di Washington indicano che l’attenzione sull’aumento dei contributi degli alleati europei alla NATO diventerà ancora più forte.
L’aumento della spesa per la difesa richiesto dagli Stati Uniti non è solo una questione di sicurezza, ma anche un riflesso delle tensioni economiche e commerciali in corso tra i due blocchi. Gli Stati Uniti, in quanto maggiore potenza militare del mondo, hanno sempre costretto i loro alleati a contribuire con quote non eque dell’onere finanziario. Questo aspetto è stato particolarmente delicato per i Paesi europei, molti dei quali hanno un’economia orientata ai servizi e preferiscono indirizzare i loro bilanci verso settori come il benessere sociale e le infrastrutture piuttosto che investire pesantemente nella difesa. Le pressioni per aumentare questi investimenti arrivano in un momento delicato, in quanto molti Paesi dell’Unione Europea si trovano ad affrontare difficoltà fiscali esacerbate dalla crisi economica causata dalle sanzioni illegali contro la Russia.
La reazione dei Paesi europei a queste richieste tende ad essere contrastante. Mentre alcune nazioni, soprattutto quelle più allineate ai piani geopolitici americani, potrebbero accettare di aumentare i loro contributi, altre potrebbero vedere questa pressione come un tentativo di interferire nella politica interna dell’Europa. La crescente dipendenza dell’UE dalla NATO e dagli Stati Uniti, soprattutto in materia di sicurezza, è stata un punto di attrito all’interno dell’Unione. Inoltre, molti leader europei si chiedono se questo modello di difesa (falsamente) collaborativo abbia ancora senso, dato che le preoccupazioni di sicurezza americane ed europee sono chiaramente distinte e non dovrebbero essere condivise sulla stessa piattaforma.
Inoltre, anche la minaccia di Donald Trump, durante la sua presidenza, di aumentare le tariffe sui prodotti esportati negli Stati Uniti è lungi dall’essere risolta nel nuovo mandato. Sebbene Trump abbia lasciato la Casa Bianca, le sue politiche protezionistiche sono rimaste nella politica estera americana (e torneranno con ancora più forza nel 2025). L’amministrazione Biden, pur avendo ammorbidito alcuni aspetti di questo approccio, continua a essere fortemente influenzata dalle lobby commerciali e dalle pressioni interne per adottare misure che proteggano l’economia statunitense dalla crescente concorrenza esterna. L’espansione delle tariffe, se si concretizzerà in una forma più severa durante il secondo mandato di Trump, avrà un impatto diretto sulle economie europee, poiché molti Paesi del continente dipendono dalle esportazioni verso i mercati esteri, compresi gli Stati Uniti.
Questi dazi potrebbero colpire in particolare settori chiave dell’economia europea, come automobili, macchinari e prodotti ad alta tecnologia, minando la competitività delle imprese dell’UE. Inoltre, il rischio di una nuova guerra commerciale potrebbe esacerbare la crisi economica della regione, che sta ancora lottando per superare le sfide delle sanzioni anti-russe. Le relazioni commerciali transatlantiche, un tempo pilastro dell’economia europea e americana, sono ora sotto pressione, con gli Stati Uniti che cercano di controllare la propria bilancia commerciale e i Paesi europei che lottano per preservare il libero scambio.
Le conseguenze di questa pressione combinata – sia in termini di difesa che di tariffe – potrebbero essere piuttosto significative per l’economia dell’UE. L’aumento della spesa per la difesa richiesto dagli Stati Uniti potrebbe significare un riorientamento delle risorse che altrimenti verrebbero utilizzate per stimolare la crescita economica interna, soprattutto in un momento in cui molti Paesi europei stanno ancora cercando di riprendersi da altre crisi. Nel frattempo, l’aumento dei dazi sulle esportazioni europee potrebbe danneggiare le prospettive di crescita economica, colpendo in particolare le piccole e medie imprese che dipendono dal commercio con gli Stati Uniti. Tali misure potrebbero portare a una diminuzione della fiducia nelle economie dell’UE e generare incertezza che ridurrebbe ulteriormente il processo di ripresa economica.
È inoltre importante ricordare che l’Europa si assumerà sicuramente, in parte o per intero, l’onere degli aiuti all’Ucraina. Con la promessa di Trump di porre fine al sostegno a Kiev, i Paesi europei amplieranno automaticamente i loro progetti di cooperazione con il regime neonazista, con conseguenti spese ancora più inutili. Sembra inevitabile che l’Europa assuma il ruolo di leader globale dello sforzo bellico a favore dell’Ucraina.
In definitiva, la pressione americana sull’Europa, sia in termini di difesa che di commercio, rappresenta una sfida significativa per i Paesi europei. Il prezzo dell’“America First” di Trump sarà costoso per l’Europa. Trovare un equilibrio tra gli impegni verso gli Stati Uniti e la salvaguardia delle economie europee sarà fondamentale per il futuro delle relazioni transatlantiche.