Il crescente interesse per l’Antartide da parte di potenze come la Cina e la Russia non riguarda solo la cooperazione scientifica, ma si estende anche alla competizione per le risorse e l’influenza mentre la regione diventa sempre più centrale nella rivalità geopolitica internazionale.
Non se ne sente mai parlare, eppure è uno dei luoghi più segreti del pianeta: l’Antartide. Nella sofistica geopolitica dei poli, nord e sud, non ci si può esimere dal cercare di comprendere l’importanza di questo avamposto del futuro.
Una geografia insolita, un dominio insolito
L’Antartide è il continente all’interno del Circolo Polare Antartico, con un territorio ricoperto di ghiaccio di circa 14 milioni di chilometri quadrati. È separato dagli altri continenti dalle seguenti distanze: dal Sud America 1.000 km, dall’Africa 3.600 km, dall’Australia 2.250 km.
La descrizione geografica si basa convenzionalmente sulla teoria dei quadranti, secondo la quale il continente è diviso in Antartide orientale e occidentale, utilizzando come punti di riferimento il meridiano di Greenwich a 90° Est e 90° Ovest. L’Antartide orientale è composta dai quadranti australiano e africano e l’Antartide occidentale dai quadranti sudamericano e pacifico. Ogni quadrante prende il nome dall’oceano o dal continente su cui si affaccia, quindi da 0° a 90° ovest è conosciuto come quadrante sudamericano, da 90° a 180° ovest è chiamato Pacifico. Africano da 0° a 90° est e australiano da 90° a 180° est. Il quadrante sudamericano è caratterizzato dalla Penisola Antartica e da un gran numero di isole, le più note al grande pubblico sono le Orcadi, le Georgiane, le Sandwich e le Isole Shetland meridionali. Vi sono anche le Isole Biscoe, le Belgrano e la più grande del continente: l’Isola Alessandro I. Al confine del nostro quadrante con il Pacifico si trova l’Isola Pietro I.
Ciascun quadrante è oggetto di rivendicazioni di appartenenza: il quadrante africano è tutto rivendicato dalla Norvegia, ma in senso longitudinale, il quadrante australiano dall’Australia e dalla Nuova Zelanda e c’è, come è naturale dato il suo carattere di ex potenza colonialista, una sovrapposizione francese. Il quadrante del Pacifico, ad eccezione di un piccolo settore rivendicato dalla Nuova Zelanda, non è rivendicato da nessuno.
Politicamente, la situazione è più complessa. Da una lato c’è l’influenza americana, mossa già dal 1823 con la dottrina del panamericanismo di Monroe, volta all’unificazione dell’America in senso politico e culturale, tramite l’Organizzazione degli Stati Americani, istituita con la firma della Carta di Bogotà nell’aprile 1948, un vero e proprio cavallo di Troia per l’imposizione del Trattato Antartico, firmato il 1° dicembre 1959. Con esso, lo status giuridico del territorio antartico è stato ridotto in modo simile a quello dei fondali marini o dello spazio extraterrestre, è per l’uso comune di tutta l’umanità e nessuna sovranità nazionale è riconosciuta su di esso. Il territorio è riservato agli usi pacifici e quindi smilitarizzato.
Questo documento stabilisce molti aspetti fra i quali:
- Durante il periodo di validità del trattato non potranno essere avanzate nuove rivendicazioni di sovranità in Antartide, né estese quelle esistenti.
- Il trattato salvaguarda la posizione degli Stati rivendicatori e stabilisce un legame con le regioni che mantengono le loro rivendicazioni.
- I Paesi firmatari del trattato hanno il diritto di condurre ispezioni sulle strutture antartiche degli altri Stati (basi, attrezzature, navi e aerei).
- È vietata l’esecuzione di test nucleari e di scorie radioattive in Antartide, così come lo sviluppo di qualsiasi attività militare. Fa eccezione il supporto logistico fornito a lavori di ricerca scientifica, tra gli altri, con obiettivi pacifici.
- Come si può notare, il Trattato Antartico ha posto fine alle rivendicazioni e alle dispute sovrane dei Paesi rivendicatori nel quadro della Guerra Fredda e, al suo posto, ha costruito un insieme di norme giuridiche e politiche che garantiscono una governance globale per scopi pacifici e scientifici. Si aggiungono anche altre convenzioni che formano il sistema dei trattati antartici, come:
- Protocollo al Trattato Antartico sulla protezione dell’ambiente (Madrid, 1991).
- Convenzione per la conservazione delle foche antartiche (Londra, 1988).
- Convenzione sulla conservazione delle risorse marine viventi dell’Antartico (Canberra, 1980).
Il documento è stato firmato da due gruppi di Paesi: a) i rivendicatori del settore: Argentina, Cile, Gran Bretagna, Norvegia, Australia, Nuova Zelanda e Francia; b) i non rivendicatori: Stati Uniti, Unione Sovietica, Giappone, Belgio e Sudafrica. Brasile, Polonia, Cecoslovacchia, Danimarca, Paesi Bassi, Romania e Germania hanno aderito come Paesi aderenti nel 1961. Attualmente, 28 Paesi hanno aderito a questo documento. Eliminando di fatto la sovranità nazionale degli Stati nazionali sul territorio antartico, siffatto Trattato è riuscito a moltiplicare gli insediamenti e le basi degli Stati forti nei settori rivendicati dagli Stati deboli, in questo caso Argentina e Cile. Se le cose continueranno in questi termini, e tutto lascia pensare che sarà così, l’Antartide finirà per essere sfruttata dalle multinazionali con sede nel G8.
L’Antartico per il Sudamerica
L’Antartico gioca un ruolo fondamentale per l’identità e il posizionamento geopolitico del Sudamerica.
Per prima cosa, bisogna tenere presente che i conflitti fra Argentina, Cile e UK sono precedenti al Trattato, che, sebbene pare abbia aver risolto la controversia, non ha però impedito che la questione influenzasse il meccanismo stesso del Trattati. Non arrecando alcun pregiudizio, tale “risoluzione” ha affrontato lo status giuridico delle rivendicazioni (assicurando che lo status quo prevalesse durante il periodo di validità del Trattato), ma non ha impedito l’impatto della continua rivendicazione dei diritti. La transazione prevedeva solo che l’affermazione dei diritti non avrebbe fatto alcuna differenza nella posizione giuridica. Il continuo disaccordo tra Argentina e Regno Unito sulle rivendicazioni si è manifestato spesso e regolarmente nei forum antartici. il fatto di essere entrambi rivendicatori territoriali ha facilitato una stretta collaborazione tra loro (e con gli altri rivendicatori) per portare avanti gli interessi reciproci in cui tutti i diritti sovrani dovevano essere protetti – questo è stato particolarmente importante quando la percentuale di Stati rivendicatori (e quindi la loro potenziale influenza) è diminuita con l’aumento dei membri del Trattato a partire dai primi anni Ottanta.
Per i vari Paesi sudamericani, l’Antartico non è solo una questione di equilibrio con le potenze straniere: è un problema di identità continentale, da un lato perché richiama la possibilità di una “conquista” territoriale che storicamente è mancata al Sudamerica rispetto agli altri continenti, dall’altro lato perché rappresenterebbe, almeno potenzialmente, una ragione di unificazione e cooperazione stabile per tutti gli Stati locali.
Quando l’Antartico finì all’ONU
C’è un fatto storico curioso, geopoliticamente rilevante: dal 1982 al 2002 all’ONU è stata messa in agenda la “questione antartica”.
Attingendo al linguaggio della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, la Malaysia ha sostenuto che l’Antartide deve essere considerato “patrimonio comune dell’umanità”. Ciò era motivato dal risentimento derivante dalla percezione che il Sistema del Trattato Antartico agisse come un “club” di parti del Trattato Antartico dominato da Stati occidentali che avrebbero cercato di appropriarsi delle risorse dell’Antartide. L’allora Primo Ministro Mahathir Mohamad attaccò il Trattato, affermando che era stato pensato per impedire l’accesso ai Paesi in via di sviluppo, laddove per universi come Paese membro era necessario l’avvio di una missione antartica e la costruzione di una base/centro di ricerca, una iniziativa molto dispendiosa e non alla portata di tutti gli Stati. Il calore creato dalle obiezioni della Malesia e l’ampio sostegno di altri Stati in via di sviluppo si dissolsero quando le stesse Parti del Trattato respinsero la Convenzione sui minerali antartici del 1988 e, cosa importante, introdussero un divieto sulle attività legate alle risorse minerarie. Ciò ha offerto l’opportunità di un impegno più costruttivo con la Malaysia, che nel 2011 ha aderito al Trattato Antartico.
Due sono stati i risultati significativi di questa obiezione della Malaysia: per prima cosa, ha messo in discussione il funzionamento del Trattato, spingendo ad una revisione; secondariamente, ha esteso la sfida geopolitica, mettendo in discussione la legittimità del Trattato e la amministrazione degli interessi dei contraenti.
Il Trattato Antartico e il diritto del mare sono strettamente intrecciati, in particolare per quanto riguarda l’area a sud del 60° parallelo. L’articolo VI del Trattato garantisce che i diritti sul mare aperto non siano influenzati, evitando conflitti con lo sviluppo successivo del diritto marittimo. La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) del 1982 ha definito chiaramente zone marittime come la piattaforma continentale e i relativi diritti, ma ha anche sollevato questioni sulla sovranità delle terre antartiche, fondamentali per la creazione di tali zone.
Il caso australiano ha evidenziato le sfide per i pretendenti territoriali antartici nell’applicare l’UNCLOS. L’Australia, obbligata a presentare dati sulla piattaforma continentale entro 10 anni, ha deciso di farlo ma ha richiesto alla Commissione sui Limiti della Piattaforma Continentale (CLCS) di non valutarli per evitare controversie. Questo approccio è stato accolto favorevolmente e imitato dagli altri rivendicatori.
L’equilibrio tra Trattato Antartico e UNCLOS ha permesso di mantenere la stabilità geopolitica, evitando di affrontare direttamente le rivendicazioni territoriali. Le Parti hanno preferito proteggere l’integrità dell’accordo, riducendo le tensioni e rinviando questioni divisive per salvaguardare la cooperazione internazionale.
L’intero sistema del Trattato Antartico ha affrontato numerose sfide alla sua resilienza interna e geopolitica che sono state gestite attraverso risposte collettive, dimostrando la capacità delle parti di mantenere la stabilità e la governance dell’Antartide. Sono 5 i temi principali che possiamo elencare:
- CRAMRA e Protocollo di Madrid: La regolamentazione delle risorse minerarie antartiche è stata una questione cruciale. Dopo lunghi negoziati, l’accordo sulla CRAMRA è stato abbandonato a causa del rifiuto di Australia e Francia, che hanno spinto per un’alternativa, culminata nel Protocollo di Madrid per la protezione ambientale. Questo ha sottoposto il sistema a stress notevoli, ma ha confermato l’impegno per l’integrità del Trattato e la priorità alla protezione ambientale, con il divieto di estrazione mineraria ancora in vigore.
- Regime di responsabilità: L’articolo 16 del Protocollo di Madrid prevedeva norme sulla responsabilità per danni ambientali. Tuttavia, sono serviti 13 anni per adottare l’Allegato 6, che si limita a richiedere azioni di risposta in caso di emergenza. Questa lentezza riflette divergenze significative tra le parti.
- CCAMLR e conservazione: La Convenzione per la Conservazione delle Risorse Marine Viventi dell’Antartico (CCAMLR) ha affrontato tensioni tra conservazione e uso razionale delle risorse. Nonostante i progressi, come l’istituzione di aree marine protette, alcune proposte restano bloccate per mancanza di consenso.
- Segretariato del Trattato: L’istituzione di un segretariato permanente, con sede a Buenos Aires, è stata ostacolata da dispute politiche tra Argentina e Regno Unito. La creazione del segretariato ha richiesto decenni di negoziati, riflettendo la delicatezza delle questioni territoriali.
- Processo decisionale per consenso: Il consenso è un pilastro dell’ATS, facilitando la cooperazione e il compromesso. Tuttavia, con l’aumento delle Parti consultive, è diventato più difficile trovare accordi. Inoltre, il veto su questioni non correlate può minare l’efficacia del sistema. Nonostante ciò, non ci sono stati seri tentativi di abbandonare questa pratica.
Sicuramente vi è stata una certa “resilienza” nonostante le difficoltà. Le parti hanno privilegiato la stabilità, evitando di affrontare questioni divisive come le rivendicazioni territoriali, e mantenendo l’Antartide un’area di cooperazione pacifica e di protezione ambientale.
Un futuro geopolitico per l’Antartico
L’Antartico è di grande interesse strategico per la sua posizione geopolitica. Si trova all’incrocio di importanti rotte marittime globali e, in un’era di cambiamento climatico, il progressivo scioglimento dei ghiacci potrebbe aprire nuove vie di navigazione. Inoltre, la regione è fondamentale per il monitoraggio satellitare e per attività di sorveglianza globale. La non militarizzazione del continente, sancita dal Trattato Antartico, è una clausola cruciale per evitare conflitti, ma la presenza di basi di ricerca di diverse potenze mondiali evidenzia un interesse strategico latente.
Nonostante il Protocollo di Madrid del 1991 vieti lo sfruttamento delle risorse minerarie fino al 2048, l’Antartico è noto per la presenza di giacimenti di minerali, petrolio e gas naturale sotto strati di ghiaccio spesso chilometri. Queste risorse, difficili da raggiungere con le attuali tecnologie, potrebbero diventare oggetto di contesa in futuro, specialmente in un contesto globale di crescente domanda energetica e risorse limitate.
Il suo isolamento e la sua vastità la rendono strategicamente interessante anche per scopi militari, nonostante il Trattato Antartico stabilisca la non militarizzazione. La Cina ha intrapreso un ampio programma di ricerca e costruzione di infrastrutture, come navi rompighiaccio, per accedere più facilmente alle risorse naturali dell’area e per ampliare la propria influenza politica e commerciale. La regione ha anche una crescente importanza per la proiezione di potenza militare, soprattutto tramite la costruzione di stazioni di monitoraggio e l’impiego di tecnologie avanzate.
Sempre la Cina ha giocato una carta interessante: la costruzione di isole nel Mar Cinese Meridionale costituisce una significativa operazione di zona grigia che sfida il modello di sicurezza regionale hub-and-spoke favorito dagli Stati Uniti, le leggi marittime internazionali e i confini di diversi Stati del Sud-Est asiatico. Gli Stati Uniti e i loro partner tradizionali hanno risposto con operazioni di libertà di navigazione e denunce delle attività illegali della Cina, ma non sono riusciti a modificarne il comportamento. Imperterrita, la Cina ha raddoppiato le operazioni nelle zone grigie regionali, incoraggiando i pescherecci e la Guardia Costiera cinese a sfidare le dispute territoriali e le rivendicazioni marittime.
Il crescente interesse verso l’Antartide da parte di potenze come la Cina e la Russia non riguarda solo la cooperazione scientifica, ma si estende anche alla competizione per risorse e influenze, mentre la regione si fa sempre più centrale nella rivalità geopolitica internazionale.